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Dylan Dog 379 – Il tango delle anime perse | Recensione

Claudia Padalino 30/03/2018

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Un uomo d’affari si rivolge all’indagatore dell’incubo per un ultimo ballo con il fantasma della moglie.

«Sei libero di lasciarmi, ma ti chiedo di non ingannarmi. E, per favore, credimi quando ti dico che ti amo!» (El tango di Roxanne, da Moulin Rouge, 2001)

Il cuore è il principale protagonista del tango, il ballo passionale per eccellenza, che fa scorrere rapido e copioso il sangue nelle vene e nelle arterie. In punta di piedi, strisciando le scarpette sul pavimento con un movimento ampio, il tocco del petto che arde a contatto del petto del partner: la carnalità e l’essenza di questo ballo è qualcosa di perfettamente horror. Ideale da inserire all’interno della serie a fumetti horror italiana per eccellenza, ovvero Dylan Dog. “Il tango delle anime perse” è una storia che si balla, esattamente come un tango, e tiene incollato il lettore alle pagine, pregne di sanguinolenti attimi di passione. Vediamo perché.

Un imbranato Dylan è alle prese con la malvagia tecnologia e con il suo assistente Groucho poco collaborativo, quando alla porta bussa un uomo d’affari. Paul Morris espone il suo caso all’investigatore stramboide: vuole ballare, per l’ultima volta, il tango con sua moglie Sara, morta suicida poco tempo prima. Dylan e il suo porta-pistola iniziano a indagare tra i cimiteri e sulle notizie dei giornali, fin quando alla porta non bussa una nuova cliente per esporgli un caso che noi lettori conosciamo bene…

Abbiamo una doppietta di Gigi Simeoni alla sceneggiatura, con assist ben definiti dei disegnatori Giovanni Freghieri (nel numero precedente) e Bruno Brindisi. In questo numero, si gioca tantissimo con le ombre, che si manifestano dolcissime sui volti dei personaggi, creando un effetto tridimensionale che buca il foglio. Brindisi si riconferma perfetto per dare un tocco classico a una storia costruita su due livelli tangenti tra loro e dove si palesano strani fantasmi. Via Bloch e via Raina, stavolta tocca a Madame Trelkovski fare da aiutante all’indagatore dell’incubo: il cammino delle anime è troppo tortuoso e inesplorato per essere affrontato da dei semplici umani. Ritroviamo gli elementi simboli dell’infanzia (come nel numero 378) oltre a un sottile (ma non troppo) filo rosso che congiunge gli ultimi due numeri di Simeoni. Grande la sua abilità a dare una vera conclusione alla sua storia precedente, che pareva terminata con la soluzione apparente del problema, segnando e dimostrando quanto è labile il confine tra la dimensione del sogno, del sonno e dell’aldilà.

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Si sentono urlare i fantasmi che non hanno mai ottenuto riposo dalla copertina firmata dall’inossidabile Gigi Cavenago. Le anime, che volano in cerchio e cercano di creare un vortice, sono un ottimo accompagnamento per il lettore giù nei meandri oscuri di un mondo sconosciuto.

Un albo asciutto, romantico e in linea con l’Old boy che conosciamo da ben trent’anni. La storia dei coniugi Harris dimostra che anche i cuori aridi sanno battere al ritmo di tango: passione, sangue e calore che si sprigionano a ogni singolo passo, fino a quando la danza non porta al centro dell’occhio del ciclone di morte.

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