La città della Nebbia – Andersen Gabrych – recensione

Pubblicato il 31 Marzo 2011 alle 11:11

La città della nebbia

Autori: Andersen Gabrych (testi), Brad Rader (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics
Provenienza: USA
Prezzo: € 14,90, 14 x 20, pp. 189, b/n
Recensione


Panini Comics sta presentando regolarmente da diversi mesi vari one-shot della Vertigo Crime nella linea editoriale Panini Noir, dedicata a fumetti hard-boiled in gran parte scritti da romanzieri che alla narrativa noir devono buona parte del loro successo. Ma non tutti gli sceneggiatori provengono dalla letteratura. Alcuni, come Azzarello, sono più attivi nel campo del fumetto; altri, invece, sono professionalmente impegnati nel cinema e nella televisione.

Andersen Gabrych, writer di Fogtown, nella versione italiana La Città della Nebbia, è noto in America come uno degli interpreti del serial televisivo ‘Edge of Seventeen’. Ma è anche attivo nell’ambito del comicdom, avendo scritto storie per mensili importanti della DC Comics come Batman, Detective Comics, Catwoman, Batgirl o il meno noto Omega Men.

Per ciò che mi concerne, ritengo che, nello specifico del volume in questione, Gabrych ha svolto un buon lavoro e ha dimostrato di conoscere a menadito non solo le tecniche di sceneggiatura fumettistica ma anche gli stilemi di una storia noir degna di questo nome. Anzi, La Città della Nebbia, per quanto mi riguarda, è una delle graphic novel migliori finora uscite nella linea Panini Noir.

La vicenda si svolge a San Francisco, nel 1953. Siamo in pieno clima da guerra fredda, con il conflitto in Corea che sconvolge le coscienze statunitensi e lo spettro del maccartismo imperante. E non manca un forte elemento di repressione sessuale che psicologi alla Dr. Kinsey cercano di incrinare. E la sessualità gioca un ruolo importante nella trama, poiché il quartiere a luci rosse della città, il Tenderloin, è lo sfondo dell’azione (e se qualcuno volesse, per inciso, leggere racconti ambientati proprio nel Tenderloin dovrebbe procurarsi i libri di William T. Vollmann che a quella perversa e depravata area della metropoli ha dedicato buona parte delle sue energie creative).

Il protagonista, Frank, è il tipico detective privato freddo, duro, tutto d’un pezzo e malinconico. Ha un matrimonio fallito alle spalle, una figlia che non vede da tanti anni e ha intrecciato una relazione con la sua segretaria. Sbarca il lunario svolgendo indagini di poco conto finché un giorno una madre disperata, di origini messicane, lo incarica di trovare le bella figlia misteriosamente scomparsa.

Frank non può sospettare che l’indagine lo farà precipitare in un vortice oscuro di sesso e morte che lo costringerà a confrontarsi con le pulsioni più deviate dell’animo umano. Quando alcune prostitute, infatti, inizieranno ad essere uccise, Frank dovrà fare i conti con una realtà orribile che coinvolge sacerdoti infidi, criminali senza scrupoli, maitresse orientali, splendide psicologhe con molti segreti da nascondere.

E anche Frank ha i suoi segreti scioccanti e di fatto le tematiche del segreto, appunto, e della menzogna sono dominanti. Tutti i protagonisti mentono e nessuno di loro, a cominciare dal protagonista, è ciò che sembra. Con testi incisivi, Gabrych delinea una intricata e avvincente story-line di omosessuali, transessuali, coprofilia, pedofilia e impulsi violenti (le mutilazioni abbondano, comprese quelle genitali), resa altamente espressiva dai monologhi di stile chandleriano e dai dialoghi taglienti che rivelano la sua esperienza in campo televisivo.

La parte grafica è appannaggio di Brad Rader che si è occupato degli storyboard di vari telefilm e ha diretto anche alcuni episodi dello ‘Spawn’ della HBO. Ma ha al suo attivo pure esperienze fumettistiche per Dark Horse, Image e DC. Rader si dimostra abile nei chiaroscuri e nei giochi d’ombra, con una impostazione della tavola interessante, notevoli lay-out e belle sequenze d’azione dal forte taglio cinematografico. Ribadisco che La Stagione delle Nebbie è una delle proposte migliori della Panini Noir e piacerà agli estimatori della narrativa hard-boiled, grazie all’eversione assolutamente poco ‘politically correct’ degli argomenti trattati. Da non perdere, insomma.


Voto: 7

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