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Ping Pong 1 di Taiyo Matsumoto | Recensione

Davide Landi 28/02/2018

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Taiyo Matsumoto torna in Italia con una nuova opera dedicata al mondo del ping pong (o almeno così sembra).

La storia di Ping Pong ha come protagonisti due amici d’infanzia, Yutaka Hoshino, detto Peko, e Makoto Tsukimoto, detto Smile, entrambi giocatori molto forti nel gioco del ping pong e membri del club della propria scuola superiore. Entrambi forti, ma anche diversissimi tra loro per come affrontano questo sport e, in generale, la vista stessa. Peko, infatti, è un vero appassionato di questo sport ed è anche l’eroe che Tsukinoto idolatrava durante la loro infanzia. Peko gioca perché “ama il ping pong e odia perdere”. Smile, tecnicamente molto forte, ma con un carattere che tende all’isolamento dagli altri affinchè questi non disturbino il suo spazio nell’esistenza, gioca  invece “per ammazzare il tempo”. Tutto cambia però quando un giorno incontrano uno studente cinese in Giappone per un periodo di studio, che sfida i due ragazzi, intuendo le capacità inespresse di Smile nel ping pong.  Ma è Peko che decide con il suo convinto entusiasmo di sfidarlo, subendo una pesante sconfitta. Questo fatto cambierà per sempre l’atteggiamento dei due ragazzi nello sport, ma più in generale anche nella vita di tutti i giorni.

Taiyo Matsumoto ritorna in Italia con una opera in cinque volumi dedicata al mondo del ping pong.

Sembrerebbe dunque che Matsumoto, da sempre autore molto maturo nelle tematiche, abbia voluto cimentarsi con un genere molto prolifico ed apprezzato del manga, quello sportivo. E in un certo senso è così dato che non mancano elementi tipici del genere, come per esempio la necessità per un atleta di avere un avversario più forte cui ispirarsi e che è necessario superare per essere il numero uno. In ping pong questo ruolo sembra essere ricoperto almeno nel primo volume dal ragazzo cinese che sfida i due ragazzi; da questo scontro “amichevole” la storia prenderà una nuova direzione per entrambi i protagonisti.

Tuttavia sarebbe riduttivo ridurre questo manga ad un classico spokon, dato che il modo in cui i personaggi giocano a ping pong è soltanto la manifestazione esterna del loro carattere. Se quindi Peko, mosso dall’amore per questo sport (o dal fatto che vi riesce bene?), ha uno stile molto aggressivo, come nella vita, così Smile è remissivo, non si spreca, non cerca il colpo ad effetto; proprio come nella vita, infatti, la sua aspirazione sembra quella di passare inosservato, di non essere mai al centro dell’attenzione, così da poter vivere pacificamente con gli altri, con la pretesa che, dato che non disturba, anche gli altri sarebbero tenuti a non disturbarlo… una reciproca indifferenza, quindi, sarebbe la sua condizione ideale.

Ma gli eventi della vita cambiano presto questa condizione e lo pongono di fronte al fatto che questa reciprocità spesso non esiste; e Smile con l’aiuto del suo allenatore dovrà impararlo (e manifestarlo) attraverso il ping pong e le sue tecniche di gioco, per trovare finalmente quello spirito combattivo che il rapporto con Peko non gli ha mai permesso di trovare.

A differenza di altre opere dell’autore, come Sunny, qui il tratto è più spigoloso, con linee nette che abbandonano la compiaciuta morbidezza dell’opera citata prima. Gli ambienti sono molto ricchi di dettagli, anche se parliamo comunque di ambienti per la maggior parte scolastici. Il tratto caratteristico della costruzione della tavola è però spesso la prospettiva da cui guarda il lettore la scena, che spesso è molto ardita; ma la spettacolarità della scena riesce ad accrescere molto anche il dinamismo e questo lo si apprezza soprattutto durante lo scambio di colpi durante le partite.

L’edizione di Hikari conferma la qualità di questa etichetta editoriale per i suoi prodotti. Il volume contiene infatti una breve storia del ping pong, dalla sua nascita ad oggi, seguendone l’evoluzione anche tecnologica e nelle tecniche. Molto ricca la sezione note, con esaurienti spiegazioni sull’uso di certi termini e su alcune curiosità lessicali.

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