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Museum – una storia di sangue e morte – RECENSIONE

Maria Antonietta Idotta 31/10/2015

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J-POP presenta il cofanetto dell’opera horror in tre volumi di Ryousuke Tomoe

“Io ti condanno colpevole!”

Hisashi Sawamura è un giovane assistente capo al dipartimento della polizia di Tokyo. Dedito anima e corpo al lavoro, trascura di conseguenza la moglie e il piccolo figlio, che un giorno dopo l’ennesima lite per la sua assenza, fanno le valigie e vanno via di casa.

Sawamura però ha davvero poco tempo per riflettere su quanto accaduto perché proprio quel giorno viene chiamato sulla scena di un crimine tra i più efferati mai compiuti in città. Una giovane impiegata ventiseienne viene ritrovata morta, legata a un catena, il corpo straziato.

La povera vittima, infatti, che più tardi si scoprirà si chiamava Akemi Uehara, è stata legata a una catena dal suo assassino e poi lasciata in pasto a tre cani affamati che l’hanno sbranata viva. Lo sconcerto tra le forze dell’ordine e i media è profondo e la situazione si colora delle tinte del noir quando nello stomaco di uno dei cani viene trovato un bigliettino con scritto: Pena del cibo per cani.

Snobbata sulle prime, la teoria cui viene a capo il sagace Sawamura si rivelerà essere quella giusta dopo il macabro ritrovamento del cadavere sezionato da Yuichi TsuTsumi, un ventottenne, che viveva relegato in casa a spese della madre. La pena inflittagli, e firmata anche questa con un bigliettino dell’omicida, è pena della conoscenza del dolore della madre.

Sawamura ci aveva visto giusto: l’omicida agisce da giustiziere privato: condanna le persone secondo il suo personale giudizio, emette un verdetto di colpevolezza e decreta delle pene esemplari. Scavando nella vita delle due vittime, la polizia scopre quello che potrebbe essere il movente che si cela dietro gli omicidi, escludendo tuttavia un collegamento tra gli omicidi.

L’assassino agirebbe solo perché ispirato da un ideale personalissimo di giustizia, applicando una legge che noi occidentali conosciamo come legge del contrappasso. Akemi abbandona il suo cane e viene punita diventando cibo per cani, Yuichi vive legato al cordone ombelicale della madre, e viene mutilato delle parti del corpo che pesate raggiungono il peso che aveva alla nascita. Sawamura, insospettito dall’apparente incongruenza tra gli omicidi compie una ricerca approfondita e grazie all’aiuto del suo giovane assistente Nishino scopre il reale collegamento.

La catena di omicidi è inarrestabile, e nonostante la polizia sia sulle tracce delle vittime designate, non arriva mai in tempo per evitare la mattanza.Un’escalation di orrore e sangue che purtroppo finirà col coinvolgere da vicino la famiglia di Sawamura.

Scioccante, violento, a tratti davvero raccapricciante, Museum di Ryosuke Tomoe, è un horror psicologico con i fiocchi, destinato a un pubblico adulto, maturo, e a stomaci forti. Al di là dell’orribile fine a cui soni destinate le vittime del loro aguzzino – e l’autore non si risparmia con un’arte esplicita e minuziosa – ciò che colpisce di più la sensibilità di chi legge è il ritratto psicologico dell’omicida: un esteta che vuole fare delle sue vittime delle opere d’arte da esporre nel suo particolare museo infernale.

Il volto nascosto da una maschera a forma di rana, vestito con un impermeabile, il “giudice” è inquietante e affascinante a un tempo. Il colpo di scena con cui si conclude il primo dei tre volumi, ci restituisce la sua splendida follia in tutta la sua drammaticità.

I motivi che spingono l’uomo a uccidere sono tanti: chi per vendetta, chi per denaro, chi per un idolo religioso, chi per noia. Il “giudice” di Museum lo fa per capriccio artistico per catturare nella bellezza di una fine atroce l’attimo mortale e farne un’opera d’arte da esporre nel suo museo. Una volta a tu per tu con l’assassino Sawamura riuscirà a salvare la sua famiglia e se stesso?

Museum è stato presentato in anteprima al Lucca Comics 2015 in un elegante cofanetto che raccoglie i tre volumi completi dell’opera.

Un appuntamento assolutamente imperdibile per i fan del genere horror.

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