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Evangelion – 25 anni fa in onda per la prima volta

Manuel Lucaroni 04/10/2020

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È passato un quarto di secolo dalla prima TV di Neon Genesis Evangelion, anime prodotta da Gainax e sceneggiata e diretta da Hideaki Anno. Sarebbe un semplice anniversario, una semplice ricorrenza a ricordarci che il tempo passa e tutti invecchiamo, se non si trattasse di uno degli anime più influenti di sempre.

Era il 4 ottobre 1995 quando in Giappone, su TV Tokyo, veniva trasmesso Shito, shūrai (ANGEL ATTACK), il primo storico episodio di Evangelion. In questo episodio, il pubblico fa la conoscenza di Shinji Ikari, un giovane ragazzo adolescente cresciuto orfano di madre e lontano dal padre, il comandante della Nerv a Gendō Ikari.

Richiamato dal padre tramite il capitano Misato Katsuragi, il ragazzo sarà destinato a pilotare l’Eva-01 e a difendere il genere umano dagli attacchi di misteriose creature chiamate Angeli.

Quello che sarà più difficile per lui, però, sarà fare i conti col suo Io interiore e le emozioni che da sempre tiene chiuse in sé stesso e che, inevitabilmente, durante le missioni dovrà affrontare.

Evangelion

Evangelion

un anime essenziale

Dopo 25 anni, Neon Genesis Evangelion è ancora tra gli anime più influenti della storia e questo non soltanto grazie all’incredibile successo avuto (che ha spinto tra l’altro, recentemente, Netflix a riproporre la serie con un nuovo doppiaggio, aspramente e giustamente criticato, e poi rivisto).

La serie, pur parlando di “robottoni” e presentando quindi i mecha tanto cari alla tradizione giapponese, presenta al pubblico (oltre ad una serie di riferimenti colti cabalistici, ebraici e biblici, ad enfatizzare ancora di più l’atmosfera) un vero e proprio thriller psicologico, dove i personaggi (Shinji per primo) si mettono a nudo con le loro emozioni, i loro desideri, le loro paure.

Il tutto, portando avanti una narrazione coerente e avvincente, nella quale sono inseriti monologhi interiori e silenzi.

Sono forse quest’ultimi gli elementi che rendono quest’anime così poetico: il “non detto”, quelle emozioni inesprimibili con un linguaggio pragmatico, tipico dei dialoghi, prendono la scena con inquadrature della città, di vita quotidiana, di momenti apparentemente futili che riversano sullo schermo tutta l’interiorità che nell’anime è dei personaggi, ma fuori dallo schermo è tutta degli spettatori.

Questo è uno dei motivi per cui, a distanza di 25 anni, abbiamo ancora bisogno di Evangelion: una vera e propria poesia “animata” che, in un mondo purtroppo sempre meno poetico, spinge gli spettatori a guardare oltre il materialismo quotidiano, a ricercare quel linguaggio inaccessibile alle parole “comuni”. Oltre ai mecha c’è molto, molto di più…

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