Da NPE a Scuola di Fumetto: intervista a Nicola Pesce

Pubblicato il 30 Maggio 2019 alle 14:00

Nicola Pesce Editore è una casa editrice nata grazie alla passione totale riversatale dal suo fondatore, del quale porta anche il nome. Nicola Pesce non era ancora maggiorenne quando iniziò a lavorare alle prime produzione della sua etichetta editoriale, producendole praticamente in casa. Era il lontano 2002 quando tutto ebbe inizio. Risale al 2004 la produzione di Underground Press, la prima rivista della NPE.

Oggi quella casa editrice può permettersi di pubblicare opere di autori quali Dino Battaglia, Attilio Micheluzzi e Miguel Angel Martin. Un innalzamento di livello tale da far soprannominare la Nicola Pesce Editore “la casa editrice del fumetto d’autore“.

Da poco Nicola Pesce si è assunto il compito di riportare in edicola la rivista Scuola di Fumetto, il cui primo numero è stato di recente distribuito in tutta Italia. Proprio in occasione di questo rilancio abbiamo voluto parlare con lo stesso Nicola Pesce, andando a scavare nella sua storia editoriale, e non solo. Ecco il resoconto.

Ciao Nicola, benvenuto su Mangaforever. Com’è nata l’opportunità di pubblicare Scuola di Fumetto, e cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida?

Ciao, e grazie. Vagabondavo su Facebook cercando di capire lo zeitgeist della settimana quando ho visto la notizia che la rivista aveva chiuso i battenti. Non bazzico molto il settore, non frequento i miei colleghi e non vado neppure fisicamente alle fiere, pertanto non sapevo neppure che non stesse uscendo da quasi un anno. Perciò ho istantaneamente scritto una email a Laura Scarpa, che è stata felicissima dell’idea che la sua creatura non morisse. In meno di un mese avevamo firmato il contratto.

Quali sono gli obiettivi che ti poni con la cura editoriale su Scuola di Fumetto?

Vorrei produrre contenuti utili per chi esordisce, per chi ha dei dubbi, per chi non sa come si fa ad essere pubblicati. Una sorta di rivista “coach” per chi sta iniziando, che li aiuti effettivamente ad avere tra le mani il loro primo volume pubblicato e a vivere disegnando o sceneggiando. Chi mi conosce sa che non sono una persona che ama molto chiacchierare, perciò anche nella rivista vorrei mettere molti fatti concreti e pochi giri di parole.

Oggi che obiettivi ci si pone lavorando ad una rivista sui fumetti? Si deve cercare un pubblico mirato, oppure si può provare ad allargare la fascia d’interesse, visto che il media fumetto ha raggiunto livelli di popolarità senza precedenti?

Io vorrei puntare al vasto pubblico di tutti coloro che vogliono sceneggiare per i fumetti, scriverne soggetti, disegnarli o anche fare gli illustratori. La rivista sinora era un meraviglioso prodotto culturale. Io voglio renderlo meno culturale e più diretto allo scopo di aiutare chi vuole fare del fumetto e della illustrazione il suo lavoro. Esistono splendide riviste dense di cultura sul fumetto. Penso a Fumo di China, penso a Fumetto, riviste che approfondiscono ed eviscerano gli argomenti, animate da grandi collaboratori. Io non voglio più che Scuola di Fumetto abbia questo tipo di contenuti. Voglio dare contenuti semplici a chi comincia. Non venti pagine che sminuzzino l’opera di Sergio Toppi, ma una pagina agevole e poi un fumetto come esempio. Chi vuole approfondire approfondirà altrove.

Quindi con Scuola di Fumetto vuoi offrire degli spunti concreti a giovani emergenti, proponendoti da persona del mestiere, capace di saper illustrare le dinamiche del settore. Giusto?

Nella ormai ventennale esperienza di editore ho scoperto una cosa: nessun esordiente sa come si fa, nessuno conosce la vita e nessuno gliela consiglia adeguatamente. Sono sperduti tra mille voci diverse, ognuna con un suo vissuto, di mille maestri, tutti capaci, tutti di successo, ma nessun esordiente ha occasione di parlare con un editore per cinque ore al mese e farsi spiegare come si fa ad andare avanti. Ecco, Scuola di Fumetto è questo: è come stare seduti una giornata in una stanza a una tavola rotonda dove un editore ti spiega come si pubblica, come si vende e come funziona il mercato; un social manager ti spiega come si fa marketing; un docente ti spiega le basi della sceneggiatura e un altro le basi del disegno.

Nicola Pesce Editore, Mangaforever
Il primo numero di Scuola di Fumetto curato da Nicola Pesce Editore acquistato in edicola dallo stesso Nicola Pesce

Quando hai iniziato l’avventura di Nicola Pesce Editore eri giovanissimo, e lavoravi praticamente da solo. Come è nata l’idea di fare l’editore? Pensavi fin dall’inizio di poter diventare una realtà editoriale così importante?

Come ormai dico sempre, volli fare l’editore perché scrivevo e nessuno mi pubblicava. A 18 anni avevo già scritto un milione di parole, ossia una decina di romanzi, cento racconti e infinite poesie. Nessun editore mi trattava con garbo o mi dedicava tempo, brancolavo nel buio. Vedi bene, quindi, che Scuola di Fumetto era nel mio DNA da vent’anni. Ora voglio dire a tutti quello che ho imparato, con umiltà e cercando di rendermi utile. Mi fa sorridere sentirmi dire sempre più spesso che Edizioni NPE è una realtà editoriale importante, sto cominciando a crederci! Ma per me non siamo nemmeno un decimo di quello che dovrebbe essere una casa editrice. Stiamo appena cominciando.

Com’è cambiata nel tempo l’editoria per fumetti rispetto a quando hai iniziato?

Sono cambiato così tanto io da quando ho iniziato che non sono certo di essere un buon punto fermo di riferimento e poter dire come è cambiato il mondo intorno a me. Quel che ho visto è che grazie a editori come BAO Publishing il settore si è “fatto conoscere” e piano piano si sta togliendo di dosso la patina da sfigato che ha sempre avuto presso il mainstream.

Pensi che il mercato fumettistico possa crescere ulteriormente?

Penso che tutto possa crescere molto più a lungo di quello che si crede. Quando una cosa comincia ad avere successo spesso cresce in maniera esponenziale, al di là delle previsioni. Di certo la competizione si farà sempre più dura e molti piccoli editori moriranno tra atroci sofferenze.

Pubblichi molta letteratura di genere, soprattutto horror: tanto per fare qualche esempio, negli ultimi mesi avete proposto un volume a fumetti dedicato a Nosferatu, un saggio su James Wan, ed uno su Lovecraft. Si tratta di un tuo gusto personale?

Per prima cosa da piccolo ho amato l’horror. Persi la testa per Lovecraft e lo lessi integralmente, compresi i racconti che scriveva a 6 anni. Poi gradualmente ho amato i classici della letteratura mondiale. Trovo l’horror un genere viscerale che riesce a scuotere molto nel profondo. Inoltre, spesso chi ama l’horror lo ama e lo studia davvero, e le proposte che ci arrivano sono spesso molto buone. Chi invece scrive testi diciamo “non di genere” spesso si improvvisa e questo si vede, statisticamente, nelle proposte che riceviamo.

La copertina del Nosferatu di Paolo D’Onofrio pubblicato da NPE.

Qualche tempo fa hai postato su Facebook la foto di un contratto con Tiziano Sclavi: a cosa state lavorando?

Non stiamo lavorando a nulla. A inizio 2020, Edizioni NPE pubblicherà il suo capolavoro disegnato da Attilio Micheluzzi: Roy Mann. Avevo provato a fargli una intervista per Scuola di Fumetto ma ha rifiutato categoricamente. Poi il giorno del mio compleanno me l’ha mandata, bella e lunghissima, sulla sua gavetta ed i suoi esordi. La pubblicheremo sul numero di luglio della rivista.

Hai lavorato con tanti autori importanti, ma qual è l’autore di fumetti che sogni di pubblicare in futuro?

Sogno di pubblicare un autore esordiente bravo e umile, che si migliori costantemente, che disegni molto e con il quale si possa costruire un progetto di lungo termine, da svilupparsi negli anni, crescendo insieme.

Quali sono gli obiettivi futuri di Edizioni NPE?

Edizioni NPE è una casa editrice molto strana. Nata da un sedicenne la cui famiglia non aveva mai lavorato nel settore culturale. Sviluppata senza mai assumere addetti ai lavori ma sempre dando la precedenza a chi era gentile e umile. Quando assumiamo qualcuno rendo subito chiaro che tutti facciamo tutto, se c’è da fare pacchi si fanno i pacchi, se c’è da tradurre si traduce. Poi nel corso del tempo ogni nuovo dipendente trova la sua via e viene piazzato là dove è più produttivo. Se il massimo che sa fare è fare i pacchi, rimane a far quello. Se si distingue per una dote, sviluppiamo quella, gli paghiamo la formazione, eccetera. Inoltre, non controllo mai le ore di lavoro. Non mi interessa sapere se un dipendente ha fatto 7 ore o 10. Controllo i risultati e il sorriso con il quale mi vengono offerti. Siamo una casa editrice strana perché non abbiamo una sede. Il caporedattore Stefano Romanini (presenza fidata da ormai quasi dieci anni) vive a Lima, in Perù. La nostra grafica Valeria Morelli a Napoli, la nostra traduttrice Gloria Grieco a Cerignola. E Angelo Zabaglio, il nostro responsabile delle fiere e delle spedizioni, vive a Roma. Io personalmente sono prestato a Salerno ma mi vedo più come una nomade digitale senza fissa dimora.

L’obiettivo futuro di Edizioni NPE è di potenziare questa stranezza, di avere decine di collaboratori in giro per il mondo. Avere online tutto quello che ci occorre, sviluppare siti e competenze che non vi aspettereste mai, diventare un operatore culturale multilingue e plurisettoriale (Sento già una vocina dall’accento campano dentro di me che sminuisce tutto quello che ho detto e dice: “Nientemeno!”).

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