Julia – Sognare, forse morire | Recensione

Pubblicato il 27 Novembre 2018 alle 17:00

Un volume di pregio ripropone una classica storia di Julia, con degli interessanti spunti dylandogiani.

Una Julia dylandogiana. Il volume di Julia, intitolato Sognare, forse Morire, che la Sergio Bonelli Editore ha proposto in questo novembre (in contemporanea con un’ottima storia di Dampyr) ri-presenta un racconto classico del personaggio (uscito per la prima volta nel 2008) molto onirico, e che vede la nostra criminologa confrontarsi con uomini e donne pieni di demoni interiori  e non solo (proprio alla dylandogiana maniera).

In tempi in cui l’uscita del telefilm Hill House ha stimolato molti amanti delle storie di genere a ricercare serie televisive, romanzi e fumetti che sapessero unire l’horror con una certa introspezione dei personaggi (aspetto in cui arrivano ad eccellere Shirley Jackson, Stephen King e Dylan Dog), riproporre una storia di Julia che si concentra così tanto sui demoni interiori è piuttosto interessante. Ed è interessante che la Bonelli stia riproponendo ora questa storia, in un formato di pregio, ed a dieci anni esatti dalla sua prima uscita.

La storia raccontata in Sognare, forse Morire vede come personaggi di base un gruppo di ricercatori di un laboratorio universitario, i quali stanno conducendo delle ricerche nel campo dei sogni e delle allucinazioni. A guidarli è Aaron Efremov, un insigne professore, che si ritroverà a dover chiamare in causa Julia proprio in seguito alla misteriosa morte di alcuni membri del gruppo di lavoro. Le circostanze nelle quali sarebbero morte queste persone sono piuttosto oscure, ed avrebbero una qualche relazione con il tipo di ricerche che stavano conducendo. Ma anche Julia verrà presto risucchiata in questo vortice di sogni ed allucinazioni, profondamente connessi con la realtà.

A sceneggiare la storia sono Giancarlo Berardi e Maurizio Mantero, i quali, con uno stile abbastanza scorrevole, riescono a mantenere il senso del mistero attorno ai tragici eventi nei quali si ritroverà coinvolta Julia. Forse si sarebbe potuto spingere maggiormente sulle atmosfere oniriche, e sul senso di mistero che ruota attorno ai sogni di Julia. Il fatto che si sia spinto abbastanza poco su questi ottimi elementi narrativi depotenzia un po’ le ampie possibilità di un racconto, che comunque, essendo ormai storicizzato, è da considerare un classico del personaggio della SBE.

Stesso discorso va fatto per i disegni di Laura Zuccheri, la quale riesce a mantenere lo stile tradizionale ed attento al dettaglio che caratterizza i fumetti di Julia, pur dando nelle scene oniriche dei tocchi di originalità veramente suggestivi. Ma le tavole sperimentali realizzate dalla Zuccheri, e nelle quali si alternano diverse vignette fatte di primissimi piani e dettagli, vengono limitate solo ad un paio di pagine ed a poche inquadrature, il che è un peccato considerando il potenziale visivo veramente notevole.

Ma i fan più affezionati di Julia sono comunque legati a questa storia che si muove sul canovaccio classico della criminologa della SBE, offrendo anche degli spunti originali. Perché in aggiunta Sognare, forse Morire offre alcune sfumature horror e d’introspezione che avvicinano molto Julia, a Dylan Dog. E questo potrebbe essere un’ulteriore spunto per il creatore della serie, Giancarlo Berardi, per far nascere quel crossover tra l’Indagatore dell’incubo e la criminologa di Garden City, che il curatore di Dylan Dog Roberto Recchioni sembra invocare da diverso tempo.

Se sono rose fioriranno. Intanto questo volume (che offre anche una postfazione dedicata al valore dei sogni realizzata da Gianmaria Contro) sembra aver nuovamente messo sotto gli occhi di tutti il potenziale di un crossover tra Julia e Dylan Dog che, se portato alla sua pubblicazione, potrebbe essere davvero scoppiettante.

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