Veloce come il vento – Recensione

Pubblicato il 16 Aprile 2016 alle 17:00

Presentato in anteprima durante le Giornate Professionali del Cinema di Sorrento dello scorso novembre, arriva finalmente nelle sale il nuovo film  di Matteo Rovere, drama incentrato sulle corse automobilistiche con le straordinarie performance di Stefano Accorsi e Matilda De Angelis.

“Guarda che disperati veri siam rimasti in pochi”

Ci sono dei film che è un piacere vedere e per cui non si vorrebbe più uscire dalla sala. Soprattutto se questi riescono a sorprenderti più di quanto non ti aspettassi. È successo solo qualche mese con quel Lo chiamano Jeeg Robot che tanto ci ha stupito ed esaltato, succede nuovamente oggi con Veloce come il vento. Sì, perchè c’è un prima e un dopo l’accoppiata di queste due pellicole; finalmente si è capito che certe cose si possono e si devono fare anche qui.

Osare e sperimentare ma anche rischiare è doveroso verso il nostro cinema, soffocato ormai dalla stoltezza, dalla superficialità e anche grossa stupidità in cui è caduto. Un immobilismo che ha dell’assurdo e che fa capire ancora di più quanto si abbia bisogno di Enzo Ceccotti, Alessia, Giulia e Loris De Martino.

Ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone, nel film Giulia De Martino (Matilda De Angelis) è una pilota diciassettenne che corre nel Campionato Italiano Gran Turismo.

In seguito alla morte del padre, suo mentore e preparatore, è costretta a prendersi tutto sulle sue spalle, dovendosi prendere cura del fratello minore Nico, continuare le gare del campionato e cercare a tutti i costi di vincerlo per non vedersi portare via la sua casa, oltre a dover fare i conti con il ritorno, dopo oltre dieci anni di assenza, del fratello maggiore Loris (Stefano Accorsi), ex pilota caduto nella tossicodipendenza; sarà proprio questo incontro a dare una svolta alla vita di entrambi.

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Già lo sapevamo, ne abbiamo avuto una conferma lo scorso anno con il suo cinico e calcolatore Leonardo Notte nella serie 1992, ne abbiamo una riconferma oggi con il sorprendente Loris De Martino, forse la parte che nella carriera di Stefano Accorsi gli ha richiesto più preparazione sia fisica, operando una vera e propria trasformazione estetica e perdendo qualcosa come 11 chili di peso, che mentale, per interpretare la condizione di Loris è entrato in contatto con diversi tossicodipendenti e si è documentato direttamente in diversi centri di recupero.

Una trasformazione che ha dell’incredibile e che, c’è da dirlo senza stupirsi, forse solo lui avrebbe potuto operare, il che da un segno della grande maturità di questo attore, allo stato attuale uno dei più talentuosi e affermati nel panorama nazionale, apprezzato anche all’estero.

Quello che Accorsi fa è prendere un personaggio e plasmarlo da zero, creando un individuo come Loris, tossicodipendente, trasandato, senza un centro di gravità e quasi sempre con quello sguardo perso nel vuoto, ma al contempo non si ferma a questo ma scava nel suo profondo sviscerando un qualcosa in lui che non salta immediatamente all’occhio ma vien fuori solo a poco a poco e senza mai cadere nel banale o nello scontato; Loris nonostante tutto è intelligente, estremamente acuto, ha un cuore e lo dimostrerà in diversi passaggi veramente ben riusciti, un personaggio che, come detto, difficilmente esisterebbe senza il talento che c’è dietro.

E poi c’è lei, la bellissima quanto talentuosa Matilda De Angelis, alla sua prima sorprendente apparizione cinematografica, un astro nascente di cui sentiremo ancora parlare a lungo, perchè vogliamo rivederla sul grande schermo al più presto.

Ottimamente interpretata la sua Giulia De Martino ride, si commuove, piange, corre con una naturalezza che sa di grande cinema.

All’apparenza perennemente imbronciata Giulia è costretta dagli eventi avversi che le piovono addosso ad assumersi le sue responsabilità e, c’è da dire che se il personaggio di Accorsi funziona a meraviglia è anche e soprattutto grazie a Matilda che durante tutta la durata del film non perde un colpo e vede il suo personaggio crescere in maniera sensata e coerente; tutto questo è possibile grazie alla sua grandissima espressività, bastano i suoi sguardi, i suoi cenni e non ci sarebbe altro da aggiungere, tutto quello che deve dire è stampato sul suo viso.

Bella la scena in cui dopo una festa Giulia torna a casa non proprio sobria e ha un confronto dolce e amaro con Loris in cui verranno fuori tutte quelle verità dette e non dette.

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Una parte importante del film la passeremo ovviamente in pista e sembrerà di esserci veramente li tanto è ottimo il lavoro fatto durante le riprese, di cui molte catturate direttamente dal vivo durante corse vere e proprie, altre ricreate da stunt professionisti.

Un lavoro di riprese e montaggio forse inedito per il cinema italiano e con cui in futuro chiunque voglia addentrarsi in questo genere di film dovrà per forza di cose confrontarsi.

Rovere ha fatto un ottimo lavoro non solo in fase di ripresa ma nella lavorazione complessiva della pellicola non certo semplice da portare a termine e che siamo sicuri ha procurato non pochi grattacapi alla produzione; ma, nonostante le difficoltà che questo genere di film può comportare, siamo qui a goderci Veloce come il vento, come veloci sono le due ore di durata che scorrono in un lampo tanto il film è scandito bene non risultando mai banale o noioso, sorretto da una sceneggiatura solida e ben scritta.

Bella la fotografia, soprattutto durante le gare, con quell’effetto “chrome” che mette in particolare risalto i colori forti e che gioca nel giusto modo con il chiaroscuro. Ottima la colonna sonora, con il brano “Seventeen” cantato dalla stessa Matilda De Angelis.

Già venduto in oltre 40 Paesi, Veloce come il vento segna uno spartiacque per la rinascita del cinema di genere in Italia per un cambiamento quantomeno necessario e di cui si sentiva il bisogno.

Perchè se questi sono i film che con un pizzico di coraggio e pazzia riusciamo a realizzare, beh allora ne vogliamo altri ancora e ancora, eh, vacca boia!

 

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