Il Batman di Tim Burton

Pubblicato il 31 Marzo 2015 alle 18:40

Alla fine degli anni ’70, l’ex-scrittore di fumetti Michael E. Uslan, dopo aver fondato e tenuto il primo storico corso di fumetto all’università dell’Indiana che gli era valso l’ammirazione di tutti i professionisti del settore, decise che il passo successivo sarebbe stato quello di realizzare un film su Batman.

Creato nel 1939 da Bob Kane e Bill Finger, l’universo cupo e realistico nel quale si muoveva il Cavaliere Oscuro non era mai stato trasposto in modo appropriato sul grande schermo.

Uslan entrò alla United Artists, unica casa di produzione presente a New York, e convinse il produttore Benjamin Melniker ad acquistare i diritti del personaggio dalla DC Comics. Il 3 ottobre del ’79 fondarono la Batfilm productions inc. ma il progetto venne respinto da tutti gli studi di Hollywood a cui venne proposto. Il tono tenebroso della sceneggiatura era troppo rivoluzionario rispetto all’immagine che il pubblico aveva di Batman all’epoca, reso frivolo e comico dalla serie tv del ’66.

Melniker decise allora di rivolgersi all’amico produttore Peter Guber che, insieme al collega Neil Bogart, era proprietario della compagnia Casablanca. Guber fu subito entusiasta all’idea di un Batman serio ed oscuro e la appoggiò in pieno. A lui si aggiunse Jon Peters che si sarebbe rivelato fondamentale per la realizzazione del film e con il quale avrebbe fondato in seguito la Guber-Peters Entertainment Company. In quel periodo, il gruppo era associato alla Universal mentre la DC apparteneva alla Warner Bros. il cui responsabile, Frank Wells, desiderava che il film restasse “in famiglia”. Inoltre la Warner era reduce dal recente successo di Superman. Guber e compagnia decisero allora di seguire quella strada. Ebbe così inizio una lunga e travagliata storia produttiva che sarebbe durata ben dieci anni. Come vedremo, inoltre, questa prima saga cinematografica di Batman avrebbe avuto un percorso molto simile, se non identico, a quella dell’Uomo d’Acciaio.

Tom Mankiewicz, che aveva riscritto in modo brillante i primi due film di Superman, venne ingaggiato per la sceneggiatura e si ispirò alla storia Batman: strange apparitions di Steve Englehart. Il copione prevedeva le origini di Batman e Robin, l’arcinemesi Joker e il boss Rupert Thorne come villains, e la bella Silver St. Cloud per la storia d’amore. Successivamente la sceneggiatura subì ben nove rimaneggiamenti da altrettanti autori ma il plot di base restò lo stesso.

Il film venne annunciato nell’83 con un budget senza precedenti di venti milioni di dollari. Tra i registi attirati dal progetto c’erano Ivan Reitman (Ghostbusters) e Joe Dante (I gremlins). In seguito al successo del suo primo film, Pee-Wee’s big adventure, venne scelto Tim Burton che affidò a Julie Hickson l’ennesima stesura dello script. Nel frattempo, le graphic novels Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller e The killing joke di Alan Moore andarono a sostenere la visione di Uslan riconsegnando Batman a quelle atmosfere dark che il produttore voleva catturare. A quel punto tutti si convinsero una volta per tutte che quella era la giusta chiave di lettura per il personaggio.

Venne assunto lo stesso Englehart a scrivere una sua versione. La storia era differente da quella di Mankiewicz ma ne manteneva tutti i personaggi, ad esclusione di Robin e del Pinguino che vennero eliminati ad una seconda stesura. Tim Burton prese in mano la situazione e decise di affidarsi a Sam Hamm, fan del fumetto, che sapeva di dover mantenere quelle idee e quegli elementi originali che avevano permesso a Batman di sopravvivere per cinquant’anni. Lo sceneggiatore sostituì Silver St. Cloud con la fotoreporter Vicki Vale, e Rupert Thorne con il boss Carl Grissom di sua creazione.

Dopo il successo di Beetlejuice, il secondo film di Tim Burton, venne dato il via libera definitivo al progetto. Ormai era il 1988. Al regista piaceva il materiale originale e avvertiva un’affinità con la figura solitaria ed emarginata di Batman. La sua esperienza di grafico, inoltre, gli forniva la giusta sensibilità artistica per affrontare un’opera che si annunciava visionaria. Bob Kane venne assunto come consulente creativo. Warren Skaaren si aggiunse come co-sceneggiatore ed apportò alla trama un marcato approfondimento psicologico dei personaggi. Definì Batman come un vigilante spronato da una psicosi di fondo, spinto a riconsiderare la sua condizione dall’amore per Vicki.

Furono molti gli attori presi in considerazione per il ruolo di Batman, tra cui Mel Gibson e Kevin Costner. Alla fine venne scritturato Michael Keaton che Burton aveva già diretto in Beetlejuice. La scelta di un attore comico fu accolta male dai fans del fumetto che tornarono a pensare al Batman pacchiano degli anni ’60. I più accaniti arrivarono ad impiccare pubblicamente un pupazzo che raffigurava l’attore. Anche gli addetti ai lavori rimasero perplessi, tanto che la mossa venne criticata addirittura in prima pagina sul Wall Street Journal.

Marion Dougherty, direttrice del casting, affermò che c’era un che di misterioso negli occhi di Keaton. Era lo sguardo vulnerabile di un orfanello che nasconde qualcosa di indefinibile. Fu quella caratteristica a garantirgli il ruolo. Anche Jenette Kahn, all’epoca direttore della DC, riconobbe in Keaton un Bruce traumatizzato e nevrotico. Tim Burton spiegò: «É difficile mettere un costume da pipistrello addosso ad un attore serio senza suscitare ilarità. Non ha superpoteri. Si tratta di un uomo qualunque che deve indossare un costume per spaventare. É la figura del pipistrello che canalizza ed amplifica le straordinarie qualità psicofisiche del personaggio.» Keaton era consapevole che il regista stesse correndo un grosso rischio scegliendo lui per un progetto di quella portata. L’attore si tuffò a capofitto nell’impresa dedicandosi anima e corpo allo studio di Batman.

Fu lo stesso Bob Kane a proporre Jack Nicholson per il Joker. Il surreale colloquio tra l’attore e Tim Burton avvenne ad Aspen dove il regista fu praticamente costretto a cavalcare di fianco a lui per assecondarlo. Un’esperienza che servì a farli legare e convinse Nicholson ad accettare un ruolo per il quale avrebbe guadagnato sessanta milioni di dollari finendo nel guinness dei primati come attore più pagato per una singola performance. Com’era accaduto per Superman con l’ingaggio di Marlon Brando, la scelta di Nicholson servì a dare legittimità al film e a restituire fiducia ai fans ancora scettici per la scelta di Keaton.

Joker era il personaggio a fumetti preferito da Nicholson. Sapeva per esperienza che ad un pubblico di bambini piace essere spaventato e prese quel ruolo molto seriamente. In The killing joke, Alan Moore racconta le origini del personaggio, descritto come un cabarettista fallito che finisce in un vasconde d’acidi durante un colpo in uno stabilimento chimico tramutandosi nel folle criminale, esatto opposto di Batman. Se il Cavaliere Oscuro è una figura tenebrosa che combatte il dolore per l’omicidio dei genitori affrontando il crimine, il Joker è un clown appariscente che infligge agli altri le stesse sofferenze che ha subito. Nel film sarebbe stato il serio e psicotico gangster Jack Napier, tradito dal boss Grissom, a finire nel vascone d’acidi e ad andare incontro alla metamorfosi. Il make-up di Nick Dudman esasperò le caratteristiche fisiche dell’attore senza soffocarne la fondamentale mimica facciale. Venne fatto un calco del ghigno di Nicholson da cui venne creata una scultura e quindi la protesi definitiva. Fu Nicholson stesso a consigliare una parrucca verde spento, come quello del fumetto, per non sembrare una figura troppo allegra.

Curiosamente, se Nicholson aveva ottenuto la parte durante una cavalcata, la bella Sean Young fu costretta ad abbandonare il ruolo di Vicki Vale proprio in seguito all’infortunio per una caduta da cavallo. Venne rimpiazzata all’ultimo momento da Kim Basinger alla quale venne spedita la sceneggiatura via fax pagina per pagina. Creata nel ’48, Vicki, giornalista della Gotham Gazette, indagando su Batman finisce per innamorarsi di Bruce Wayne. Alla Basinger piacque subito la forza e la determinazione del personaggio. Lei era la parte reale e semplice della storia, un raggio di luce nell’oscurità di Batman.

Pat Hingle venne scelto per interpretare il commissario Gordon, la voce della ragione in una Gotham City devastata da crimine e corruzione, costretto a seguire quelle regole che Batman può permettersi di non rispettare. Michael Gough interpretò il maggiordomo Alfred con il quale aveva in comune le origini britanniche. Billy Dee Williams, noto per aver interpretato Lando Calrissian nella saga di Star Wars, diede il volto al procuratore distrettuale Harvey Dent, destinato a diventare il criminale Due Facce. La differente etnia dell’attore rispetto al character originale, però, gli avrebbe impedito di interpretare il villain nei sequel. Robert Wuhl impersonò Alexander Knox, inesistente nel fumetto, collega di Vicki che funge da diversivo comico e da elemento descrittivo della storia. Infine, il leggendario Jack Palance diede vita al boss Carl Grissom.

Il film venne realizzato ai Pinewood Studios di Londra dove venne costruita Gotham City. Lo scenografo e disegnatore Anton Furst, genio concettuale e anticonformista, che aveva fatto un lavoro mastodontico in Full metal jacket di Kubrick, si trovò subito in sintonia con Burton e con il direttore della fotografia Roger Pratt. Furst riuscì a cogliere l’essenza della Gotham originale. Nella sua visione, si trattava di una città non riconducibile ad alcuna epoca, un mondo a sé stante con strutture che erano un ibrido tra le opere del tedesco Albert Speer e dell’architettura meccanica di Shin Takamasu con uno stile retrò anni ’40. Hatfield House a Knebworth venne usata per villa Wayne, mentre la centrale elettrica di Acton divenne la Axis chemicals, covo del Joker.

Furst disegnò anche la batmobile che sarebbe stata realizzata dall’art-director Terry Ackland-Snow e dalla squadra di effetti speciali di John Evans. La Ford si offrì di realizzare il veicolo ma avrebbe impiegato sei mesi mentre il dipartimento artistico ci mise solo 14 settimane. Il bolide utilizzava una sorta di motore Chevy Impala in grado di raggiungere i 145 km orari, aveva una cappotta scorrevole come quella di un Harrier Jet, i fanali anteriori rovesciati e dipinti di giallo di una Honda Civic, i posteriori circolari della Ferrari, mentre i postbruciatori erano sempre ispirati ai jet e facevano fiamme e gas attraverso l’iniezione di una mistura di petrolio e paraffina. Tra gli accessori vennero montate due mitragliatrici Browning. La Batmobile risultò talmente veloce e solida che fu in grado di resistere e sfuggire ad esplosioni autentiche nella scena dell’irruzione alla Axis.

Sempre basandosi sui disegni di Furst, la squadra di Evans realizzò anche i gadgets di Batman che dovevano essere piccoli e maneggevoli. C’era la pistola a rampino che l’eroe usava sia come arma che per lanciare le sue funi, il guanto d’acciaio che fungeva da carrucola e i batarang pieghevoli. Per il Joker vennero realizzate una potente pistola con la canna ridicolmente lunga, un’altra scherzosa che sparava una bandierina con su scritto “bang!”, uno spara-guantone da boxe retraibile e un letale anello che dà la scossa. Il batwing, il caccia di Batman, fu invece un modellino creato da Derek Meddings il cui abitacolo venne costruito a grandezza naturale e posto su una sospensione cardanica per ospitare l’attore nelle riprese ravvicinate.

 Batwing1

Gadget

Bob Ringwood si occupò del costume di Batman. Si decise subito di realizzarlo completamente nero perché incutesse più timore rispetto alla versione grigio-blu del fumetto e si eliminò a priori l’idea di una calzamaglia per una più prosaica corazza. Vennero fatti dei calchi del torace di Michael Keaton su cui vennero scolpiti muscoli da culturista e gli elementi iconici di Batman. Il mantello aveva base circolare e gli stivali furono prodotti dalla Nike. Completamente intessuto in lattice spesso cinque cm., il costume era pesante, caldo e scomodo. Inoltre l’attore non poteva ruotare la testa perché il cappuccio era un tutt’uno con il mantello. Per le scene di combattimento vennero utilizzati degli stuntmen mentre un ballerino interpretava Batman quando camminava muovendo il mantello proprio come l’ala di un pipistrello. Per gli eleganti vestiti del Joker si ricorse a Tommy Nutter, stilista britannico da cui Nicholson si serviva regolarmente.

Le riprese furono molto dure. Si girò per tre mesi d’inverno, sei giorni su sette ed in piena notte. La grandezza del progetto portò a continui contrasti tra Burton, considerato troppo giovane ed inesperto, e il produttore Jon Peters, in particolare sulle scene di lotta, eppure il regista riuscì a restare calmo e impassibile e a trasmettere serenità a tutta la troupe. Molti dei momenti che riguardavano il Joker furono frutto dell’improvvisazione di Nicholson che avrebbe ammesso in seguito di essersi lasciato trasportare spesso dal personaggio.

Della colonna sonora si occuparono il compositore Danny Elfman e il celebre musicista Prince. Nonostante avesse già lavorato con Burton nei suoi primi due film, stavolta Elfman avvertì una certa tensione a causa delle dimensioni colossali del progetto. Tuttavia tirò fuori un capolavoro sinfonico epico e martellante. La marcia di Batman evocava la parte oscura ed eroica del personaggio, sottolineava in modo esaltante la corsa della batmobile verso la batcaverna, l’attacco in picchiata del batwing, e sfociava in un crescendo trionfale nell’epilogo, all’accensione del batsegnale. Le canzoni di Prince furono invece perfette per le scene del Joker quali l’irruzione nel museo d’arte moderna dove il folle deturpa le opere esposte o la parata per l’anniversario di Gotham durante la quale lancia denaro alla folla.

L’uscita del trailer abbatté totalmente il pessimismo del pubblico. Fece anzi esplodere un fenomeno che venne battezzato “batmania”. Le locandine onnipresenti con il logo di Batman venivano vandalizzate in continuazione e i fans pagavano prezzi altissimi per una copia illegale del trailer. Il film venne promosso con la più grande campagna pubblicitaria di tutti i tempi e un merchandising colossale che fruttò 750 milioni di dollari. Il film uscì il 23 giugno del 1989 ed entusiasmò critica e pubblico incassando 411 milioni di dollari ed aggiudicandosi un Oscar per le scenografie di Anton Furst che morì suicida  due anni dopo.

I fans perdonarono qualche infedeltà al materiale originale dettata da esigenze di sceneggiatura, come il Joker che si rivela assassino dei genitori di Bruce Wayne o Alfred che fa entrare Vicki nella batcaverna. Alla lunga si sarebbero invece dimostrate fuori luogo altre scelte non in linea con lo spirito e l’integrità del personaggio: Batman che, attaccando col batwing, fa fuoco sugli uomini del Joker con mitragliatrici e missili in stile Rambo ed il batsegnale presentato alla stampa come se il Cavaliere Oscuro fosse un eroe pubblico e non un vigilante fuorilegge. Ci furono anche delle trovate che si rivelarono pacchiane: Vicki che si sveglia nel cuore della notte e vede Bruce dormire a testa in giù come un pipistrello o alcuni pipistrelli della batcaverna chiusi senza motivo nelle gabbie mentre altri volano liberi.

Tuttavia il kolossal di Tim Burton si dimostrò assolutamente perfetto per la fine degli anni ’80, ricostruì il mito di Batman nell’immaginario collettivo, lo riconsegnò al tono delle origini entusiasmando lo stesso Bob Kane e lo consacrò nella giusta dimensione cinematografica diventando un fenomeno culturale com’era accaduto al primo film su Superman. Un capolavoro che avrebbe segnato fortemente anche i cinecomics successivi, quali ad esempio Dick Tracy ed Il corvo, e che rivoluzionò l’industria hollywoodiana come aveva fatto Star wars un decennio prima.

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