La Tartaruga Rossa: l’universalità della condizione umana e del linguaggio cinematografico

Pubblicato il 16 Marzo 2017 alle 12:00

La Tartaruga Rossa è stato un film candidato all’Oscar, vincitore del Premio speciale al Festival di Cannes 2016 e dell’Annie Award come Migliore Lungometraggio d’Animazione Indipendente.

“La cosa migliore, in un film, è quando le immagini e la musica creano l’effetto. La lingua, quando è utilizzata, deve certo essere più intelligente e immaginosa che si può, ma mi interesserebbe molto fare un film senza parole.

Si potrebbe immaginare un film dove le immagini e la musica fossero utilizzate in modo poetico o musicale, dove si avesse una serie di enunciati visuali impliciti piuttosto delle esplicite dichiarazioni verbali.

Nessuno ha mai fatto un film importante dove questi aspetti unici dell’arte cinematografica siano il solo mezzo di comunicazione.

Pure, le scene più forti, quelle di cui ci si ricorda, non sono mai scene in cui delle persone si parlano, ma quasi sempre scene di musica e immagini.” Sono parole di Stanley Kubrick, appropriate per accostarsi a La Tartaruga Rossa, il film d’animazione dell’olandese Michael Dudok de Wit completamente privo di dialoghi e con una narrazione affidata solo ad immagini, musica ed effetti sonori.

George Miller, regista della saga di Mad Max, sposa la stessa filosofia: “Una delle idee alla base del primo Mad Max e di Fury Road è legata a ciò che diceva Alfred Hitchcock, secondo il quale bisogna realizzare film che possano essere visti ovunque nel mondo, senza bisogno di sottotitoli.”

Per raccontare la condizione universale ed archetipica del naufrago protagonista de La Tartaruga Rossa, era quindi necessario utilizzare il mezzo espressivo in maniera altrettanto universale con un linguaggio che fosse immediatamente comprensibile a tutti.

Si pensi, in tal senso, ad Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg nel quale i protagonisti cercavano un modo per comunicare con gli alieni e, alla fine, ci riuscivano con un codice fatto di colori e suoni.

L’intera sequenza finale del film è fruibile in qualunque angolo del mondo senza la necessità di sottotitoli o didascalie. Forma e contenuto diventano quindi un tutt’uno.

Più recentemente, Denis Villeneuve ha affrontato lo stesso tema con Arrival ma non è stato capace di giungere ad una sintesi espressiva altrettanto efficace, tanto da aver avuto bisogno di inserire dei sottotitoli nel dialogo risolutivo tra la linguista interpretata da Amy Adams e gli extraterrestri.

Tuttavia, il film di Villeneuve ha in comune con La Tartaruga Rossa una struttura circolare che rispecchia il flusso del tempo ed il ciclo della vita.

Il tema del ritorno ad una condizione primordiale, insito ne La Tartaruga Rossa, si riflette quindi nel ricongiungimento con la dimensione più pura e originaria del cinema.

Un atteggiamento controcorrente in un momento nel quale il pubblico generalista è fin troppo legato a trame, sceneggiature, archi narrativi e gli spoiler sembrano essere uno dei mali più temuti del ventunesimo secolo.

Privare la narrazione di dialoghi è pratica che accompagna da sempre il cinema d’animazione. Ancora oggi sono numerosi i cortometraggi nei quali l’enunciato è affidato solo ad immagini e sonoro.

Per poter essere efficace sotto quest’aspetto, il racconto deve quindi far uso di un’iconografia d’immediata decodificazione.

Nel caso de La Tartaruga Rossa, l’animazione stessa permette di raggiungere un alto livello lirico ed onirico ed il realismo magico consente di utilizzare gli elementi e i colori dell’oggettiva realtà naturalistica in senso allegorico.

Il protagonista intraprende un percorso di maturazione interiore sintonizzandosi con la natura che lo circonda ed accettando il suo ruolo nel ciclo della vita.

Un equilibrio ricercato anche dai dipartimenti artistici del film che hanno coniugato una mimica corporea estremamente realistica all’estetica della ligne claire francese attraverso la tecnica dell’animationalytique.

La stessa colonna sonora di Laurent Perez sembra scaturire dall’ambientazione, con l’uso del legno per le percussioni e del fogliame di bambù per l’effetto shaker, trovando il giusto bilanciamento tra musica, effetti sonori naturali e silenzi.

Come detto, la struttura al contempo lineare e circolare del film riflette la ciclicità della vita e il percorso del protagonista ancora a coniugare forma e contenuto.

Punto nodale è la Tartaruga Rossa, associata, in alcune culture del Nord America all’Albero della Vita.

In tal senso, l’opera può richiamare alla mente The Tree of Life di Terrence Malick che pure s’interrogava sulla condizione umana lasciando gran parte della narrazione all’enunciato visivo e sonoro, faceva similmente ricorso ad una poetica ricca di simbolismi ma aveva uno sguardo più disilluso nei confronti di una natura indifferente alle sofferenze dell’uomo.

Il film sarà disponibile nelle sale il 27, 28 e 29 Marzo 2017. All’indirizzo www.latartarugarossa.it è possibile prenotare il proprio biglietto al cinema.

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