Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali – Recensione

Pubblicato il 18 Dicembre 2016 alle 23:54

In seguito alla tragica morte del nonno Abraham, il giovane Jacob si reca su una sperduta e nebbiosa isoletta del Galles alla ricerca di una misteriosa abitazione dove l’anziano parente aveva trovato rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta della casa gestita dall’eccentrica Miss Peregrine per accogliere bambini dai poteri sovrannaturali perseguitati dai mostruosi Vacui.

Tim Burton ha portato sul grande schermo Batman, ha lavorato ad un film su Superman mai entrato in produzione ed ora si cimenta con quelli che potrebbero essere considerati i suoi X-Men. La fonte, in questo caso, non è fumettistica ma letteraria poiché si tratta della trasposizione del romanzo La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, edito nel 2011 e primo capitolo di una trilogia scritta da Ransom Riggs.

L’autore è un collezionista di vecchie foto che raffigurano personaggi particolari e inquietanti. Il suo editore gli chiese di usare alcune di quelle immagini come filo conduttore per realizzare una storia implementandole nel volume come veicolo narrativo. Ne è risultato un best-seller capace di vendere un milione e mezzo di copie in tutto il mondo.

I temi della diversità e dell’emarginazione sono da sempre pietre angolari del cinema di Burton. In questo caso, il contesto storico rimanda alle persecuzioni naziste come pure il recente Animali Fantastici e dove trovarli che a sua volta rimandava alla sopracitata saga degli X-Men.

Il regista torna a presentare la quotidianità della middle class americana sotto un’ottica alienante, come già in Edward mani di forbice, portandoci poi in un loop ghettizzante, la realtà cristallizzata della casa di Miss Peregrine (Eva Green, di nuovo insieme al regista dopo Dark Shadows), benevola ed austera, dove il contesto fantastico è più rassicurante e meno straniante di quello riconoscibile e borghese.

Evidenti le influenze da Big Eyes, precedente fatica di Burton che ha rappresentato un’opera di rottura all’interno della sua filmografia guadagnandosi un Golden Globe. Il giovane protagonista (Asa Butterfield) è infatti dotato di una “vista” che gli permette di riconoscere la diversità negli altri. Ella Purnell, con i suoi occhioni azzurri, sembra uscita proprio da un ritratto di Margaret Keane mentre i mostruosi Vacui, guidati da un gigioneggiante Samuel L. Jackson si nutrono appunto di occhi.

La narrazione rallenta e s’incarta nella parte centrale, dove trovano spazio i camei di Judi Dench e Rupert Everett, perdendosi in spiegoni e concentrandosi troppo sulla componente sovrannaturale. E’ tuttavia pregevole un ritorno alla cifra stilistica dell’autore più genuino rispetto a recenti prove incolore e forzate. Un’autorialità riscontrabile nelle consuete citazioni dagli horror anni ’50 e ’60, dal ritorno alla stop-motion nella memorabile sequenza dello scontro tra bambole e nell’immaginifica battaglia finale nel luna park con gli scheletri in digitale.

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