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Rubens di AkaB, Cammello & Spugna | Recensione

Domenico Bottalico 02/02/2019

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Tre dei maggiori esponenti del fumetto indipendente e underground italiano rileggono l’horror vacui della quotidianità attraverso Rubens, un personaggio grottesco e disincantato.

Eris Edizioni dà alle stampe Rubens sorta di prequel/spin-off di Tumorama di Pablo Cammello con protagonista l’omonimo personaggio comparso proprio in quella fortunata serie di cui si riprendono alcuni temi e soprattutto il mood generale.

Il libro in questione è in realtà scritto e disegnato a 6 mani e raccoglie non solo due storie distinte e separate, eppure idealmente connesse, di Rubens, ma anche tre autori che di fatto rappresentano due generazioni del fumetto indipendente e underground italiano ovvero AkaB, il già citato Pablo Cammello e l’ottimo Spugna – QUI la nostra recensione del suo ultimo lavoro Gnomicide.

La prima intitolata “L’ultima tentazione di Rubens” è firmata da uno dei nomi più autorevoli del panorama fumettistico indipendente italiano ovvero AkaB coadiuvato dai disegni di Cammello e da quelli di Spugna – per una sequenza onirico-cinematografica con protagonista un clown e la deportazione nazista –  in cui Rubens esce dalla sua stanza, dove ipnotizzato guarda gente che guarda gente in un loop infinito, e incontra una condomina con cui avrà una storia d’amore mentale arrivando addirittura a sposarsi e ad avere un figlio in un corto circuito creazionistico che si esplicherà idealmente nella storia successiva.

La seconda storia è intitolata “La leggenda di Rubens”– scritta e disegnata da Cammello – vede Rubens vivere, o meglio rivivere, le sue passate esistenze mentre intraprende una traversata oceanica cercando di ottenere 5 miseri crediti per l’esame che gli permetterà finalmente di laurearsi ma che in realtà si rivela un’amara rivelazione mistica sulla natura stessa del suo IO e soprattutto della sua carriera universitaria.

Dalla serie da cui nasce, Rubens eredita quel senso di straniamento e quel taglio psichedelico che però trova una cifra inedita, esistenziale e antropologica.

Bisogna però mettere a fuoco questa cifra che non è un semplice disimpegno del protagonista dalla realtà ma una sua atroce, kafkiana, analisi filtrata attraverso l’esperienza di una generazione che, lontana dall’impegno socio-politico e dallo struggimento pseudo-leopardiano della cultura geek di autori che affondano le loro radici nel fumetto underground ma che hanno già trovato un riscontro mainstream, ne mette a nudo l’incredibile fragilità.

Ecco come Rubens sembra essere infedele alla sua fidanzata Ofelia nella prima storia, infedeltà mentale ma pur sempre generatrice di un mondo altro il cui perno è quella stessa forza creatrice centrifuga e distruttiva perché non trova un vero compimento se non in un circolo vizioso di domanda e offerta. E’ questa circolarità l’elemento di raccordo con la seconda storia in cui il percorso di affermazione del protagonista – la laurea, simbolo di prestigio e riconoscimento per la generazione citata poco fa – si svuota del suo significato divenendo costante diabolica di una esistenza che ripete le tappe a marce forzate.

“Tu sei figlio del Vuoto” – è questa “rivelazione” che definisce Rubens come paradigma di una generazione che non può avere il tempo di contemplare neppure la sua condizione travolta da aspettative e compromessi ed il cui unico rifugio rimane una chiusura in cui le droghe sono semplice metafora di un intontimento effimero e sotteso alla semplice ricerca della tranquillità.

Dal punto di vista grafico il volume è omogeneo. Lo stile di Spugna infatti si amalgama perfettamente con quello di Cammello, leggermente più spigoloso certo ma non meno incisivo dove, soprattutto nella seconda storia, dal tipico gusto per il grottesco – mutuato da una certa scuola contemporanea dell’animazione proveniente dagli USA – si fa più astratta ispirandosi a certi lavori anni ’70 a cavallo fra Francia e Italia usando come volano l’Andrea Pazienza più lisergico.

Solidissimo il volume confezionato da Eris Edizioni che si contraddistingue oltre che per l’ottima cura carto-tecnica anche per la divertente post-fazione di Cammello sulla genesi del volume e sui temi trattati.

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