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Recensione: Blacksad vol. 4 – L’Inferno, Il Silenzio

Sergio L. Duma 29/12/2010

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Autori: Juan Dìaz Canales (testi), Juanjo Guarnilo (disegni)
Casa Editrice: Rizzoli/Lizard
Provenienza: Francia
Prezzo: € 17,00, 24 x 32, pp. 46


Giunge al quarto volume Blacksad, la saga del duo Canales/Guarnilo, pubblicata dalla Dargaud e tradotta in Italia dai tipi di Rizzoli/Lizard, premiata al Festival di Angouleme. L’opera in questione ha suscitato l’entusiasmo di molti e con ottimi motivi, a mio parere, considerando che Blacksad è un prodotto indubbiamente originale e ha la capacità di fare piazza pulita dei pregiudizi.

Personalmente, infatti, quando ho a che fare con un fumetto o un cartoon che ha come protagonista qualche animale antropomorfo, penso subito a qualcosa di umoristico. Potenza dei pregiudizi e delle convenzioni. E, nel caso specifico di Blacksad, tutti i personaggi sono, appunto, animali antropomorfi che non sfigurerebbero, facendo le debite proporzioni, in una produzione Disney.

Ma la comicità non c’è. Le atmosfere della storia sono di chiara impronta noir, con dialoghi e situazioni hard-boiled e a volte persino pulp che potrebbero benissimo essere state immaginate da Raymond Chandler, David Goodis o Cornell Woolrich. E vi assicuro che non scherzo.

Blacksad, il cinico anti-eroe della serie, è un gatto nero che fa il detective, abituato a risolvere i casi di sua competenza senza farsi troppi scrupoli sui metodi da usare. In questo quarto volume si trova coinvolto in una labirintica e complessa vicenda ambientata in una New Orleans che sembra essere uscita da ‘Angel Heart’ di Alan Parker.

Infatti, il jazz dei locali cajoun e le tradizioni misteriose del vudù giocano un ruolo essenziale nella story-line e il nostro Blacksad deve cercare un musicista drogato e tormentato, implicato in losche faccende forse più grandi di lui.

Il libro si apre nientemeno che con una citazione di Sartre e gli stilemi dell’esistenzialismo (matrice fondamentale delle classiche narrazioni noir) sono presenti in continuazione. L’effetto, per il lettore, è straniante. Si vorrebbe ridere vedendo capre, volpi, cani, ippopotami e tantissimi altri animali parlanti, ma i dialoghi sono secchi e incisivi, a volte incredibilmente crudeli; e le situazioni descritte da Dìaz Canales sono di una drammaticità inaudita.

Oltre alle citazioni letterarie, sono fondamentali i riferimenti al blues e alla musica in generale (si cita pure Billie Holiday) e i disegni evocativi di Guarnido sono appropriati per un’opera simile. Il suo tratto grafico è cartoonesco, certo, senza, però, mai cadere nel farsesco e inoltre il penciler rivela una perizia nello story-telling e un gusto per i dettagli (specialmente negli sfondi e nelle rappresentazioni dei locali malfamati, fumosi e squallidi dei bassifondi) a dir poco ammirevoli, e a volte ci sono vaghe suggestioni pittoriche che impreziosiscono il tutto. Da notare, poi, i colori, sempre opera di Guarnido, a volte intensi, a volte più sfumati, che rendono ancor più suggestivo Blacksad e che non mancheranno di affascinare il lettore.

Blacksad, a suo modo, è un fumetto inclassificabile (lo scrivo in senso positivo) e quantomeno incuriosirà coloro che ancora non lo conoscessero. Di conseguenza, lo consiglio, perlomeno se avranno voglia di provare qualcosa di nuovo. E Blacksad lo è davvero.


Voto: 7

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