Pyongyang di Guy Delisle – Recensione Lizard

Pubblicato il 15 Aprile 2013 alle 11:00

Rizzoli/Lizard propone una nuova opera di Guy Delisle, acclamato autore di Cronache di Gerusalemme: Pyongyang. Cosa succede al cartoonist quando si trova a sperimentare la dura realtà dittatoriale della Corea del Nord? La risposta è in questo libro.

Pyongyang

Autore: Guy Delisle (testi e disegni)

Casa Editrice: Rizzoli/Lizard

Provenienza: Francia

Genere: Graphic Journalism

Prezzo: € 16,00, 17 x 24, pp. 184, b/n

Data di pubblicazione: marzo 2013


Guy Delisle è uno dei più acclamati e apprezzati esponenti del cosiddetto graphic journalism e il suo Cronache di Gerusalemme, ambientato nella drammatica realtà israeliana, ha ricevuto numerosi premi ed è stato un grande successo di pubblico e critica. Sicuramente appartengo a una minoranza poiché non apprezzai l’opera succitata (diciamo pure che la stroncai) e ancora adesso non riesco a comprendere per quale ragione Delisle sia tanto amato. E non posso fare altro che confermare tale assunto dopo aver finito di leggere Pyongyang, proposto in Italia da Rizzoli/Lizard, come il lavoro precedente.

La storia è ambientata nella Corea del Nord e nasce da un’esperienza vissuta dallo stesso Delisle in quel paese. Ottenuto il permesso di rimanerci per due mesi, il cartoonist deve supervisionare una squadra di lavoro che si occupa della realizzazione di un cartone animato francese e nello stesso tempo ne approfitta per andarsene in giro e conoscere la situazione sociale coreana. Specifichiamo che in Corea del Nord c’è una spietata dittatura e non sarò io a negare che in quel luogo il concetto di democrazia non esiste. Ciò non toglie che, analogamente a Cronache di Gerusalemme, l’atteggiamento di Delisle è a mio avviso conformista, discutibile e irritante.

Se il mondo israeliano da lui descritto era espressione di superficialità (non c’era mai solidarietà da parte sua nei confronti dei palestinesi), in Pyongyang l’attitudine è analoga. Delisle si descrive come il tipico occidentale che ancora suddivide il mondo in buoni e cattivi; e va da sé che l’occidente è il Bene e quelle nazioni che, pur con gravi colpe, semplicemente non intendono accettare l’American Way of Life sono il Male per partito preso. Delisle che con tanta faciloneria disquisisce di democrazia e di dittatura non arriva a capire che la democrazia non si trova da nessuna parte. Che esistono solo dittature, alcune palesi (come quella coreana), altre mascherate da democrazie. Ma sono ovviamente ragionamenti troppo complessi per lui.

D’altronde, non fa altro che tediare il lettore con argomenti fondamentali tipo i ristoranti dove si mangia male, i gelati che non sono il massimo, le ragazze che non indossano minigonne e, quale grave colpa!, la popolazione civile che non conosce il reggae e non ascolta, a differenza di lui, i cd di Aphex Twin. Però le tazze del water sono di buona qualità, non per niente vengono prodotte in Francia. Ora, potrei tranquillamente concludere che Delisle si diverte ad essere “divertente” se non ci fosse un dettaglio più grave che compromette in senso negativo Pyongyang: l’assoluta mancanza di empatia.

Delisle infatti vive in un universo tutto suo, trincerandosi dietro l’arrogante senso di superiorità dell’occidentale che crede di sapere e di comprendere tutto ma di fatto non sa andare oltre le apparenze. E non prova comprensione nei confronti degli esseri umani che lo circondano. Per esempio, ringrazia la squadra di cartoonist sfruttati con il lavoro da una compagnia europea e pagati una miseria, sorridendo come uno scemo, perché, afferma, il loro lavoro permette a una società capitalista come la sua di godersi i cartoni animati in televisione. Definisce mongoloide una ragazza mongola (evito i commenti per decenza). Un gruppo di ragazzine musiciste costrette ad esibirsi in pubblico per ragioni propagandistiche sono etichettate come ‘scimmie ammaestrate’.

No, caro Delisle, le ‘scimmie ammaestrate’ si comportano in un certo modo perché oppresse. Sono vittime. E una persona degna di questo nome non fa battute sulle vittime. Non le dileggia con il sarcasmo. E quando poi qualcuno fa presente all’autore che anche i puri Stati Uniti d’America hanno compiuto crimini efferati nel corso della loro storia, si rifiuta semplicemente di prendere in considerazione la faccenda.

Sarebbe questo l’autore che certi ambienti fumettistici salottieri e radical chic esaltano a più non posso? A ciò aggiungiamo testi risibili e noiosi, pagine e pagine di riflessioni inconsistenti sul nulla e un tratto grafico grezzo e poco rifinito più assimilabile a un insieme di scarabocchi che di disegni e il mio giudizio su Pyongyang può solo essere tranciante: da evitare a tutti i costi.


Voto: 4

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