The Extremist – Recensione

Pubblicato il 22 Dicembre 2012 alle 11:08

Finalmente giunge in Italia The Extremist, una delle opere più scioccanti e controverse di Peter Milligan: la cronaca di uno sconvolgente viaggio nei meandri del vizio, dell’abiezione e delle pulsioni sadomaso e fetish!

The Extremist

Autori: Peter Milligan (testi), Ted McKeever (disegni)

Casa Editrice: RW-Lion

Provenienza: USA

Genere: Thriller

Prezzo: € 11,95, 16,5 x 25,2, pp. 96, col.

Data di pubblicazione: settembre 2012

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In molte sue opere Peter Milligan ha affrontato il tema dell’identità e della sua indeterminatezza. Lo sanno coloro che hanno avuto modo di leggere Shade The Changing Man che con il pretesto della rivisitazione di un classico eroe di Steve Ditko affrontava tali argomenti. Lo stesso si può dire per le miniserie Vertigo Enigma ed Egypt i cui protagonisti avevano un io confuso e incerto. O per Human Target che faceva dell’instabilità di Christopher Chance l’elemento portante delle story-line.

The Extremist fa parte di questo tipo di lavori e può essere reputato uno dei vertici creativi di Milligan e della Vertigo. La miniserie fu realizzata in un periodo in cui la divisione for mature readers della DC era ai primi passi e Peter estasiava un folto gruppo di lettori con le visionarie avventure di Shade. Fino a quel momento però non erano stati pubblicati prodotti tanto forti ed eccessivi. Del resto, un titolo imperniato su un individuo chiamato Estremista non poteva essere convenzionale.

I personaggi principali sono Judy, Jack e Tony e Milligan li inserisce in situazioni a dir poco scabrose. Tutto inizia quando Judy, dopo la tragica uccisione del marito Jack, scopre che costui conduceva una sordida, doppia vita: di giorno era un lavoratore irreprensibile, di notte indossava una divisa di latex e frequentava ambienti sadomaso e fetish. Ed è qui che Jack era entrato in contatto con una setta dedita al piacere più perverso e pronta ad ammazzare chiunque potesse costituire un ostacolo. Jack aveva assunto quindi l’identità dell’Estremista agendo da sicario della congrega. Ma la situazione non è semplice e questa è appena la superficie di una realtà più insidiosa.

Judy, ansiosa di trovare il colpevole dell’assassinio di Jack, decide di diventare a sua volta l’Estremista ma si fa sedurre da questo universo trasgressivo. Da donna fondamentalmente borghese, scopre quanto sia facile liberarsi dai vincoli di una società perbenista e le conseguenze saranno devastanti per lei come per il suo mentore, un languido e vizioso dandy seguace del Marchese De Sade che la guida nelle regioni del sesso e del desiderio. E che ruolo gioca Tony, un uomo di colore che suo malgrado scopre l’esistenza della setta? Sarà pure lui intrigato dall’Estremista? Cercherà di assumerne l’identità?

Come scrivevo, è appunto l’identità l’argomento fondamentale di The Extremist, analizzato in una story-line ricca di suspense. Milligan affronta tematiche scottanti come quelle del sadomasochismo e del feticismo senza scadere in situazioni meramente erotiche. L’autore gioca con le idee e soprattutto con la fantasia, ingrediente fondamentale di ogni convegno carnale degno di questo nome. Come affermano i personaggi a più riprese, l’Estremista non è una semplice identità mascherata o uno stato mentale. È uno stile di vita. Un’attitudine che tanti rappresentanti della cosiddetta gente comune possiedono ma nascondono quotidianamente.

La struttura della trama è ambiziosa, basata sui monologhi intrecciati di Judy, Jack e Tony che incidono su nastro le loro esperienze e Milligan si concede insistiti flashback, riducendo la sceneggiatura a un puzzle frammentario così come frammentario è il loro stato d’animo. I testi hanno l’impudica liricità di Jean Genet, di Céline e di Burroughs e Milligan descrive in maniera esplicita lo squallore dei club sadomaso, tenendo in mente forse locali famigerati come L’Esqualita (celebrato in una canzone dei Soft Cell negli eighties) e il Plato’s Retreat. E non mancano echi dei poeti romantici e decadenti, accenni a De Sade e agli studi di Krafft-Ebing, palesemente citato nella storia, e di Havelock Ellis.

The Extremist non è per tutti. E’ provocatorio e non si rivolge ai moralisti. Ciò che sconvolge e destabilizza è l’assoluto distacco della narrazione. Milligan non esprime giudizi, non ricorre a distinzioni arbitrarie tra buoni e cattivi, giusto e sbagliato. Racconta, con minuzia da entomologo e con uno stile da noir, la progressiva discesa di una donna in quell’oscurità che Nietzsche aveva preconizzato nei suoi libri. C’è un po’ di Estremista in tutti noi e tutti noi siamo un’Estremista e alla giusta occasione le pulsioni tenebrose si risvegliano e prendono il sopravvento.

Il penciler Ted McKeever, messosi in luce con Metropole della Epic, è perfetto per la rappresentazione di questa area ai confini della sessualità più radicale. Con il suo tratto grezzo, sporco, ruvido, riconducibile all’underground, McKeever evoca un senso di claustrofobia e tensione (in fondo la storia è un thriller) con maestria encomiabile e ciò vale sia per le sequenze collocate nei locali frequentati da patiti delle orge e dei giochi tutti pelle, catene e frusta; sia per quelle più domestiche e tranquille. Ma in ogni vignetta si percepisce l’esistenza di un pericolo dilagante collegato alla psiche di uomini instabili. The Extremist è uno dei migliori comic-book Vertigo mai realizzati. Leggerlo equivale a confrontarsi con i lati più inconfessabili della nostra anima. Da non perdere.


Voto: 8 ½

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