Descender Vol. 6 – La Guerra delle Macchine, il finale della serie | Recensione

Pubblicato il 12 Gennaio 2019 alle 11:00

Si conclude la saga di Jeff Lemire e Dustin Nguyen, targata Image Comics ed edita in Italia da Bao Publishing.

Abbiamo seguito le avventure del piccolo Tim 21, l’intelligente ed emotivo piccolo androide da compagnia creato da Quon; del robottone Trivella, con la sua storia disastrosa ed emozionante; di Andy, l’ex-padrone di Tim-21, sempre più prossimo nel riabbracciare il suo vecchio robottino; della ribellione dei robot, riuniti nel Cablato sotto il comando di Psius; ora tutto sta per avvicinarsi alla parola “Fine”. O forse no?

Il quinto volume di Descender si conclude con la comparsa di un misterioso dottor Solomon e di uno strano personaggio che sta per sbrogliare la matassa di quesiti sparsi lungo la serie. Quattromila anni prima degli eventi di Descender, sul pianeta Ostrakon, il Maestro Professore Osris e l’assistente Telik partono con una navicella alla volta dello spazio infinito, alla ricerca di altre forme di vita su altri pianeti.

All’improvviso, un robot gigantesco simile a un Mietitore (già visto sul primo volume) invita la navicella a venire con lui verso un’altra dimensione, lontana anni luce da Ostrakon. Da qui, Osris e Telik atterrano in un pianeta pacifico, abitato e governato da soli robot che hanno eliminato la schiavitù dei robot dagli “esseri fatti di carne soffice”. I due scienziati studiano nel dettaglio la razza di androidi, portando su Ostrakon i risultati degli studi e applicandoli ai nuovi robot nei dieci anni successivi.

Ma Osris esagera e non rispetta i suoi nuovi robot, riducendoli a schiavitù. Gli androidi del pianeta sconosciuto lo hanno messo alla prova per controllare l’uso che avrebbe fatto delle sue analisi: non avendo dato il giusto rispetto ai robot creati, la razza di androidi, tramite un Mietitore, distrugge Ostrakon. Il Maestro Professore riesce a salvarsi con la sua nuova creatura robotica, che possiede lo stesso codice degli androidi e dal quale discende Tim-21. Quattromila anni dopo, in seguito alla rivolta dei robot, il destino degli androidi, degli esseri viventi, dei rottamatori e degli dei antichi sta per definirsi grazie alle azioni di Tim-21.

 

Jeff Lemire non riesce a resistere al richiamo della sua stessa creatura letteraria e non riesce ad abbandonarla a un semplicissimo finale. Giocando con i suoi lettori, prende la trama, la inserisce dentro a un vortice di eventi inaspettati e, nell’arco di 150 pagine, stravolge l’idea iniziale di “Fine” e la reinventa, creando una boccata d’aria verso nuovi orizzonti narrativi. Tim-21 è un’intelligenza artificiale che ricorda molto il biondo David di A. I., con più umanità di tutta l’umanità messa insieme.

La chiave per sedare la rivolta dei robot si ritrova a dover dialogare con i Descender, la stirpe aliena completamente robotica che mette di nuovo alla prova l’umanità, prima della loro decisione definitiva. I dialoghi di Lemire toccano il cuore: lo scambio di battute tra Tim-21 e i Descender sono una piccola battaglia diplomatica che restituisce fiducia agli esseri viventi, che pulisce gli occhi di un uomo dai fumi della guerra e dona uno spiraglio verso una narrazione fantascientifica meno apocalittica.

Un exploit di colori pastello risplende nell’universo disegnato da Dustin Nguyen, che in questo ultimo numero non si risparmia nel divertirsi il più possibile con i colori, creando splendide e imponenti doppie splash page. Si parte con un flashback con predominanza di rosa, azzurro e bianco, per poi culminare con toni viola, nero e bluastro, richiamando l’agorafobica copertina, capace di catapultare il lettore incontro a universi nuovi e ancora indefiniti, come quelli che troveremo nei prossimi mesi nel “sequel” Ascender. 

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