Deadwood Dick 7 – Vento di Morte | Recensione

Pubblicato il 10 Gennaio 2019 alle 11:00

Si chiude con questo albo la miniserie dell’etichetta “Audace” della Sergio Bonelli Editore dedicata al personaggio di Joe R. Lansdale.

Deadwood Dick è un po’ Django Unchained, un po’ una versione “spinta” di Tex. Sappiamo bene che il personaggio del cowboy di colore proviene dalla fertile mente creativa dello scrittore Joe R.Lansdale, ma l’adattamento bonelliano ha permesso a Deadwood Dick di entrare a pieno regime nel pantheon dei character Bonelli (ed in effetti ci starebbe bene un crossover tra Tex e Deadwood).

Ma, andiamo con ordine. Il numero 7 della miniserie dedicata a Deadwood Dick conclude questa “prima” saga dedicata al personaggio (giusto perché pensiamo che le storie del cowboy di colore potrebbero non finire qui). Dopo essere sopravvissuto all’attacco indiano di Adobe Walls, Deadwood assieme a Jack e Millie si dà alla fuga. Ma il rapporto del cowboy di colore con quest’ultima sarà messo al centro di tutto il fumetto. Una donna bianca a spasso per il West con un nero non è una cosa ben vista dalla società americana di metà Ottocento. Soprattutto se tra i due sembra essere nato un sentimento piuttosto importante.

Questo albo conclusivo fa da epilogo ad una miniserie che tra punte piuttosto elevate di qualità, ed una cifra generale del prodotto all’altezza degli standard Bonelli, ha offerto un titolo interessante ai lettori. Deadwood Dick, così come accennato prima, è una versione più spinta di Tex (giusto per trovare un paragone bonelliano calzante), che in alcuni numeri ha subito un eccessivo appesantimento causato da una costante voce narrante e dalle troppe didascalie, che avevano lo scopo di mantenere più vivo possibile il testo e le parole di Lansdale.

Ma in quest’ultimo numero Mauro Boselli ha fatto la cosa migliore: ha ridotto le didascalie con la voce narrante ai minimi termini, ed ha lasciato spazio ai dialoghi (non moltissimi) dei personaggi, e soprattutto alle immagini. Quest’ultimo albo di Deadwood Dick ha infatti un ritmo incalzante, ed è forse il più scorrevole dell’intera miniserie.

Mauro Boselli, da abile sceneggiatore quali è, ha voluto far viaggiare la narrazione a ritmi vertiginosi, assottigliando sempre di più i dialoghi. Tutto ciò ha esaltato la parte centrale dell’albo che si è concentrata maggiormente sul rapporto sentimentale (e carnale) tra Deadwood e Millie, portando verso un congedo all’altezza delle grandi storie western. Un finale, malinconico, un po’ amaro, degno di un’epoca non fatta per i lieto fine.

Deadwood Dick è una miniserie riuscita anche per il grande livello artistico raggiunto grazie ad ottimi disegnatori. In quest’ultimo albo Stefano Andreucci ha donato ai personaggi espressività e campiture sul bianco e nero capaci di richiamare un altro classico del western bonelliano, ovvero Ken Parker.

Insomma, siamo di fronte ad un’altra prova di maestria e capacità artigianale della Sergio Bonelli Editore. La nascita dell’etichetta Audace segna un punto di cambiamento per la casa editrice di Via Buonarroti che sta cercando sempre di più di diversificare l’offerta ai lettori. E Deadwood Dick sotto questo punto di vista è un ibrido: una storia che ricalca la tradizione dei fumetti western bonelliani, ma che allo stesso tempo cerca di spingersi un po’ più in là coi contenuti e con le immagini.

Se l’etichetta Audace segnerà la svolta per la Sergio Bonelli Editore aprendo nuovi e ampi spazi produttivi ed editoriali il capostipite di tutto sarà questa miniserie così simile al passato della SBE, ma allo stesso tempo pregna di quella scintilla che l’Audace porta dentro di sé: l’intenzione di ampliare i confini narrativi e creativi di una delle più grandi case editrici italiane e internazionali.

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