Diario di New York: la Grande Mela di Kuper | Recensione

Pubblicato il 21 Maggio 2018 alle 10:00

Tunué torna a pubblicare un’altra opera di Peter Kuper, maestro del fumetto alternativo americano: Diario di New York, una raccolta di riflessioni grafiche, fumetti e inserti che raccontano i quarant’anni newyorkesi dell’artista, dove ogni vignetta corrisponde ad una finestra diversa in cui viene mostrata una delle tantissime solitudini che popolano la “città che non dorme mai”.

Classe 1958, Peter Kuper è uno degli autori di fumetti alternativi e underground più noti negli Stati Uniti e all’estero: in Italia lo conosciamo soprattutto per Rovine, sempre edito dalla casa editrice Tunué, ma anche per il suo adattamento di La Metamorfosi di Guanda (edito da Guanda) e per il fumetto muto Il Sistema, fumetto ormai introvabile pubblicato da Magic Press.

Come dichiara il sottotitolo dell’opera, Diario di New York è una cronaca illustrata di quattro decenni a New York. Kuper comincia a raccontare di quando visitò per la prima volta la Grande Mela, quando aveva solo nove anni, e quando poi cominciò a viverla come abitante a partire dal 1977, mentre studiava per diventare un artista. Il volume è accompagnato da un’introduzione di Eric Drooker, pittore e illustratore statunitense che invece è nato ed è sempre vissuto a New York.

New York è una città che ha attirato e che continua ad attirare tanti artisti, grazie al suo carattere cosmopolita: ha attirato anche Peter Kuper, che all’epoca scelse New York per continuare gli studi d’arte e cominciare la sua carriera di aspirante artista. Kuper sceglie di raccontare quella che è ormai diventata la sua città con un diario di schizzi, ritagli, fumetti brevi, aneddoti autobiografici (come quando con un amico scalò il ponte di Brooklyn) e riferimenti a grandi avvenimenti storici (primo tra tutti l’11 settembre).

Kuper dichiara il suo amore per la Grande Mela e i suoi luoghi più iconici, da Manhattan a Central Park e al Museo di Storia Naturale, ma anche raccontando le miriadi di piccole solitudini che, come un formicaio, fanno di New York una delle città più popolate e vive al mondo, rendendosi conto che anche lui è come un puntino in mezzo a più di altri 8 milioni di persone.

Le linee della metropolitana, i grattacieli, il traffico e la folla vengono catturati dal tratto di Kuper non senza malinconia, descrivendo sì la frenesia e la vitalità della grande metropoli, ma anche come questa stessa vitalità possa rendere più sottile il confine già labile tra la vita e la morte. Non mancano nemmeno le osservazioni politiche, specialmente attraverso un episodio di fantapolitica che vedono Donald Trump e Harry Helmsley costruire nel 1990 un muro che isoli la Manhattan abbiente dal resto della città.

Kuper illustra New York come una giungla piena di pericoli, e lo fa alternando diverse tecniche: usa il pennino e il pennello, ma anche le matite colorate e il collage, inserendo pezzi veri della vita di città, soprattutto ritagli di giornale. Inoltre l’autore sottolinea il carattere eterogeneo della metropoli raccontando in ogni vignetta/finestra un personaggio diverso: gli operai sospesi, i senzatetto ubriachi, le cameriere stanche, aspiranti suicidi che vogliono lanciarsi da un grattacielo…

Per concludere, si può definire Diario di New York non un volume su New York, ma un pezzo di New York.

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