Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh – Anatomia di una Scena #1

Pubblicato il 22 Gennaio 2018 alle 14:30

In Anatomia di una Scena, vengono analizzate per voi le scene più emblematiche dei migliori film in uscita.

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Interpreti scena: Frances McDormand, Sam Rockwell

Arrivati alle battute finali di questa aspra, commovente e teatrale tragicommedia americana sui tic e le bruttezze dell’esistenza umana, Martin McDonagh porta i due protagonisti – la Mildred di Frances McDormand e l’agente Dixon di Sam Rockwell, probabili prossimi vincitori dell’Oscar come miglior attrice e di quello come miglior attore non protagonista – in rotta di collisione: le diatribe e gli screzi che hanno separato i due personaggi per tutto il film vengono messi da parte grazie all’obiettivo comune, che non è tanto quello dell’ottenere vendetta quanto quello di dare un senso a ciò che resta della loro vita.

Si parte per un viaggio verso l’Idaho (per andare ad ammazzare uno stupratore, non lo stupratore che ha ucciso la figlia della protagonista, ma uno stupratore che probabilmente se lo merita comunque). La cinepresa indugia dietro le spalle dei protagonisti, che se ne stanno con le mani ai fianchi a fissare i bagagli per la loro squinternata gita domenicale: pranzo al sacco, coperta da pic-nic, fucile da caccia che non guasta mai quando devi sparare in faccia a qualcuno.

Fotogramma 1

C’è molto di non detto fra i due. Lo sguardo che si scambiano riempie tutto il silenzio che li attanaglia, un silenzio disturbato solo dal vento della fresca mattinata: lei sulla sinistra, sguardo glaciale, viso di pietra, impassibile come è stata impassibile per tutto il film (per lo meno in pubblico, lasciando affiorare tutto il dolore soltanto nel privato); lui a destra, in una posa che mette in risalto la parte del viso ustionata, apice di un’evoluzione caratteriale che denota lo sviluppo di un grande arco narrativo (gli sfregi sottolineano l’ambivalenza del personaggio, un gay represso razzista violento frustrato e pieno di rabbia – soprattutto verso se stesso – capace di gesti incredibilmente altruistici); al centro sta’ il fucile, che sembra quasi separarli, distanziarli … quel grilletto verrà premuto? chi dei due avrà il fegato di premerlo? tu, Mildred? tu, Dixon? abbiamo davvero intenzione di fare una cosa del genere? Gli interrogativi rimangono in sospeso fra i due, che si studiano fissandosi a vicenda.

Fotogramma 2

Si parte per l’Idaho, si va a caccia di stupratori (per citare il finale de La Compagnia dell’Anello). Questa però non è la Terra di Mezzo, e McDonagh sceglie quest’inquadratura in campo lungo per chiudere il film con un feeling di stampo fortemente western: i nostri (anti) eroi che si allontano verso l’orizzonte, verso il proprio destino, lasciandosi alle spalle i tre manifesti (sulla sinistra e rivolti al contrario rispetto alla camera: quello che hanno da dire non è più importante, il loro scopo è già stato raggiunto, ora bisogna andare avanti). Non siamo nella Terra di Mezzo, ma non siamo neppure in un western vero e proprio: se così fosse, a questo punto avremmo una dissolvenza in nero e partirebbero i titoli di coda e i personaggi andrebbero dove vanno tutti i personaggi quando il film finisce. Ma siamo più nell’ambito del teatro e McDonagh vuole chiudere col dialogo.

Fotogramma 3

Così seguiamo Mildred e Dixon in auto, almeno per i primi chilometri (ops, miglia) del loro viaggio. L’atmosfera di tensione viene rotta dalla donna, che va incontro all’ex poliziotto ammettendo le sue colpe (si toglie l’armatura e confessa i suoi peccati, in attesa del suo giudizio). Lui ci ride sopra, è davvero cambiato, probabilmente per sempre (le cicatrici sono sempre in evidenza). Alla fine la domanda sulla punta della lingua di entrambi viene posta (sempre da lei, è comunque lei la più forte del duo): siamo davvero disposti ad andare fino in fondo? Questo è da vedere. Nell’inquadratura finale, la camera – fuori dal finestrino – riprende Mildred in pp con un’angolazione leggermente obliqua …

Fotogramma 4

… e con un movimento dolce, quasi impercettibile, si riassesta sull’asse x e torna perfettamente orizzontale al finestrino, a rappresentare il raggiungimento di una sorta di equilibrio (mentale, morale, etico, spirituale). Il futuro è comunque incerto (“I guess we’ll decide long the way” è la battuta finale) ma entrambi si muoveranno verso di esso con un sorriso di leggerezza sui volti provati. Dalla vita, dalla morte, dal dolore.

Fotogramma 5

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è attualmente in programmazione nei cinema italiani.

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