Dylan Dog 376 – Graphic Horror Novel: Il Sequel | Recensione

Pubblicato il 3 Gennaio 2018 alle 10:00

Per chiudere il vecchio anno e cominciare quello nuovo in bellezza e per festeggiare un 2017 all’insegna della ripresa del fumetto in campo letterario, ecco il nuovo albo firmato da Diego Cajelli e Francesco Ripoli.

Dylan Dog ha già affrontato il tema del fumetto durante l’anno: il primo aspetto è stato narrato in “Graphic Horror Novel”, il numero 369 che porta in sé nomi vecchi e nuovi della serie come Ratigher, Paolo Bacilieri e l’inossidabile coppia Montanari & Grassani. Un horror thriller giocato sullo sfondamento della quarta parete uscendo dal foglio in maniera prepotente. Da qui, nasce il “sequel” – che poi tanto sequel non è. Una storia che si snoda dentro e fuori un’altra storia, avente come protagonista un fumettista, esattamente come il suo precedente.

La bella Drew sogna continuamente il suo fidanzato, David, ucciso in un incidente stradale anni prima e desideroso di giustizia. Lei si rivolge all’indagatore dell’incubo londinese, che, per riportare la pace al defunto, si ritroverà a dover affrontare un autore di fumetti acclamato dalle folle, tale Roger Clayton, creatore della sua prima e unica serie a fumetti di successo. Le somiglianze tra il suo capolavoro, Hæn, e l’opera mai pubblicata di David condurranno a un’altra serie di omicidi, collegati tra di loro.

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Immersi in una Londra caotica e sfrenata, Drew e Dylan si muovono tra la dimensione della realtà e quella del fumetto. Si abbattono le barriere tra la carta e il mondo reale, tra la narrazione del fumetto e vita quotidiana, portando personaggi di un mondo nell’altro, intersecando due realtà che non potrebbero vivere in un altro mezzo che non sia il fumetto stesso. La concezione del meta-fumetto qui si mantiene sottotono rispetto all’albo precedente ma viene esaltata invece maggiormente l’intersezione tra i due mondi. Personaggi che vagano da una dimensione all’altra, disegnati con tecniche differenti, per tenere il lettore saldo alle pagine e non farlo perdere nei meandri della narrazione.

Diego Cajelli, sceneggiatore vergine sulle pagine della serie regolare di Dylan Dog, colma la necessità di un pubblico che perennemente richiede avventure classicamente horror ma usa lo strumento della narrazione a fumetti per puntare il dito contro le diatribe quotidiane del “fumettomondo”. L’autore, già conosciuto in Bonelli per le sue sceneggiature in Dampyr, non delude e lascia il personaggio a confrontarsi con una Londra oscura, frenetica e senza sosta. La narrazione dentro la narrazione (ovvero la trama del fumetto di David, narrata dallo stesso Dylan a metà dell’albo) incuriosisce non poco: ci chiediamo se una storia del genere verrà narrata in futuro, anche al di fuori delle pagine di Dylan Dog, in maniera tale da poter far uscire realmente un fumetto dal fumetto. Il finale, inoltre, rappresenta narrativamente  un’ottima chiusura lasciando soddisfatto il lettore e preparandolo pienamente alla successiva uscita mensile.

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Il livornese Francesco Ripoli si è sbizzarrito nel creare ambienti confusionari e volti poco dettagliati. In un mondo fittizio, in cui l’incertezza fa da padrona, Ripoli sposta a suo piacimento i personaggi da un mondo all’altro, mescolando le tecniche pittoriche. Proprio grazie a un uso sapiente di colori ad acqua e lapis, si ha la sensazione di non leggere un comune fumetto da edicola, ma di trovarsi di fronte alle tavole originali e di leggere rischiando di sporcarsi le dita con le gocce di colore, ancora fresche, sulla tavola.

La copertina di Gigi Cavenago è dinamica, violenta e catapulta perfettamente il lettore dentro la storia, come se lo prendesse per la gola e volesse “tirarselo dentro” l’albo.

Il 2018 di Dylan Dog si apre con un albo composto da strati narrativi multipli, dove la lettura non si ferma alla fine delle classiche 94 pagine, ma si inoltra alla ricerca dei sotto-testi, nelle altre storie nascoste dietro i pali della luce, oltre i portoni londinesi e tra le lenzuola del nuovo amore di Dylan.

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