Ballerina | Recensione

Pubblicato il 21 Settembre 2017 alle 20:00

Quanto è importante inseguire i propri sogni?

Perché ci emozioniamo tanto con le storie che parlano di realizzare i propri sogni nel cassetto? Perché istintivamente tifiamo per il personaggio underground che ha il talento ma non le possibilità per inseguirli? Perché non sopportiamo chi ha tutto bell’e pronto e non deve faticare per raggiungere i propri obiettivi? Perché l’arte ci sembra la strada che regala più soddisfazioni a dispetto delle sofferenze della grigia vita quotidiana?

Ballerina, da questo mese in home video con Videa, dimostra a se stessa prima ancora che a noi spettatori che la musica, il canto o, come in questo caso, la danza hanno un potere quasi magico sul pubblico che, stanco dopo una dura giornata lavorativa, ha bisogno di evadere, di poter credere che ci sia di più per tutti noi.

Ballerina è la storia a fine ‘800 di Felicie, una piccola orfana della Bretagna con un’unica grande passione: la danza. Insieme al suo migliore amico Victor, che sogna di diventare un inventore, fugge dall’orfanotrofio dove vive per andare a Parigi e diventare la prima ballerina dell’Opera. Il film è davvero pieno di cliché e allo stesso tempo unisce tantissimi archetipi di personaggi e storie: i due migliori amici che forse provano qualcosa di più, l’ex ballerina rimasta ferita in un incidente ora sommessa donna delle pulizie, la nobildonna cattiva che usa la propria figlia per vivere i giorni di gloria mai avuti nella danza, la ragazzina viziata e dispotica che crede che tutto le sia dovuto, il terribile maestro di balletto che in fondo ha un grande cuore, il ballerino vanesio e pieno di sé. Anche le situazioni funzionano tramite il classico “percorso dell’eroe”, compreso un finale fin troppo buonista e accomodante. Eppure Ballerina, così semplice fin dal titolo, ha un sapore così genuino che non può non emozionare almeno una minuscola parte di noi.

Se Rachel Berry in Glee diceva “Being part of something special makes you special, right?”; se in La La Land Mia e Sebastian rinunciavano all’amore che provavano l’uno per l’altra per riuscire a realizzare i propri sogni; se perfino in Sing – per rimanere in tema d’animazione – il potere del canto e del ballo facevano emergere nel pubblico la voglia di riscatto, ecco dove sta il vero potere dell’arte. Far uscire fuori tutto quello che sentiamo dentro: la rabbia, l’amore, il desiderio, la tristezza, la felicità, la passione.

La danza in particolare è una disciplina artistica che richiede molta costanza, sudore e fatica per poter arrivare al top e questo aspetto ben emerge dal film, nel training che Felicie vive attraverso Odette, Rudy e il maestro. E un aspetto altrettanto interessante è la scelta del mix di musica contemporanea per far emergere quella classica del balletto, una colonna sonora molto pop che dà la carica.

Se nella versione originale brillavano le voci scelte come Elle Fanning, in quella italiana non stona il doppiaggio ad hoc di Eleonora Abbagnato, che il mondo della danza lo conosce molto bene, di Federico Russo e Sabrina Ferilli per i talent e di Francesca Michielin per il brano principale della colonna sonora. Un aspetto questo che emerge dai contenuti speciali, un po’ troppo striminziti: peccato perché concentrandosi proprio sul rapporto doppiatori-arte-danza potevano venire fuori riflessioni ancor più emozionanti, se fossero stati coinvolti nelle brevi clip anche Eleonora Abbagnato e i talent originali (fra loro figura anche Carly Rae Jepsen, per dirne una).

Mentre digito mi sento un po’ come i protagonisti di Ballerina: nel cercare di farvi percepire ciò che mi ha trasmesso il film, ci vuole passione. O almeno dovrebbe volercene. Se Felicie balla con il cuore, io scrivo col cuore. Davvero.

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