Recensione – Netflix – Shimmer Lake

Pubblicato il 14 Giugno 2017 alle 15:00

Il nuovo film Netflix è disponibile dal 9 giugno per tutti gli abbonati al servizio di streaming on demand.

Shimmer Lake è un piccolo ma ambizioso crime-movie che tenta di raccontare una storia semplice in maniera alternativa, senza però centrare completamente il bersaglio.

La vicenda ruota intorno ad una rapina avvenuta in una piccola cittadina americana, ma quando il film inizia il fattaccio è già accaduto e la narrazione ci porterà all’indietro, da venerdì a martedì, per scoprire i retroscena della sanguinosa premessa che ci viene presentata.

Scritto e diretto dall’esordiente Oren Uziel, il film inizia in quello che sembra un qualsiasi venerdì mattina … solo che non è affatto così. Andy (Rainn Wilson) è in fuga con una borsa piena di soldi, e a dargli la caccia è niente meno che suo fratello Zeke (Benjamin Walker), sceriffo di Shimmer Lake coadiuvato dal suo vice e due improbabili agenti FBI.

Nella vicenda sono coinvolti anche un’ex promessa del football locale, Ed (Wyatt Russell), sua moglie Steph (Stephanie Sigman) e un giudice, proprietario della banca rapinata (John Michael Higgins). Nel passato di tutti questi individui grava una terribile tragedia (la perdita del figlio di cinque anni di Ed e Steph, dovuta all’esplosione di un laboratorio di droga), che sarà fondamentale per lo sviluppo della trama: purtroppo è mal gestita e poco approfondita, e le atmosfere oscure che questa tragedia passata fa presagire non riescono a collegarsi coi toni quasi scanzonati assunti dal film.

Nonostante la struttura narrativa al contrario possa sembrare un buon escamotage per tenere viva l’attenzione dello spettatore, il film è abbastanza scadente nella caratterizzazione dei personaggi, tutti piuttosto macchiettistici al punto che neanche il lavoro del cast – che tutto sommato è anche assemblato discretamente – riesce a far decollare le cose.

Sicuramente l’elemento migliore del film è la tensione che la sceneggiatura raggiunge al climax di ogni capitolo/giorno: conoscendo già cosa accadrà il giorno successivo ad un determinato personaggio, sappiamo quale sarà il suo destino prima ancora di assistere alla scena che effettivamente lo determinerà, eppure c’è una certa soddisfazione nel veder accadere le cose, nell’essere testimoni dell’inevitabile crollo di questo fragile castello di carta che i rapinatori chiamano “piano”.

Il montaggio rende le cose interessanti e la fotografia le veste in modo elegante, ma anche se ogni scena è importante, nel complesso tutto sembra estremamente sbrigativo a causa di protagonisti poco efficaci, a voler essere gentili; bidimensionali a non voler esserlo. Inoltre, lo stratagemma del racconto all’indietro getta un po’ il fumo negli occhi dello spettatore, trasformando in affascinante quella che è essenzialmente una storia semplicissima: se il film fosse stato narrato in ordine cronologico, non avrebbe avuto ragione di esistere.

Shimmer Lake vuole mescolare il black humor di una vicenda sanguinaria alla Fargo con i trucchi narrativi di Memento, ma non riesce ad imitare né i fratelli Coen né tanto meno Christopher Nolan: un’opera prima tutt’altro che indimenticabile, ma nemmeno da buttare del tutto.  

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