Festival di Roma: Recensione – Afterimage, l’ultima opera del maestro polacco Andrzej Wajda

Pubblicato il 16 Ottobre 2016 alle 13:54

Il nuovo film del più grande regista del cinema polacco arriva a Roma poco dopo la scomparsa dell’autore.

Era stato presente alla prima mondiale del suo film al Toronto Film Festival, e avrebbe dovuto partecipare anche alla proiezione riservata al Festival di Roma. Sfortunatamente il destino ha voluto diversamente per Andrzej Wajda, autore cinematografico che nel corso della sua decennale carriera ha influenzato stili e registi di tutto il mondo.

In sala, l’ingrato compito di salire sul palco per parlare in sua vece è toccato all’ambasciatore polacco Tomasz Orłowski: è stato con estrema commozione che Orlowski, insieme ai due protagonisti del film, ha salutato Wajda davanti alla platea, chiarendo come nelle intenzioni dell’infaticabile regista Afterimage non rappresenta affatto un testamento, dato che sarebbero probabilmente arrivate altre pellicole e che la sua paura più grande, alla vigilia del Festival di Roma, non era quella di affrontare la platea, ma di non riuscire a salire sul palco.

Purtroppo non ha potuto neanche provarci, e Afterimage raccoglie volente o no il pesante onere di chiudere una filmografia illustrissima, proponendo, per l’ultima volta, i temi più cari del cineasta polacco.

Ambientata tra il 1948 e il 1952, quando cioè il clima stalinista si affacciava sempre più rigido sul territorio polacco, la storia ci illustra gli ultimi anni di vita di uno dei più celebri artisti polacchi, Władysław Strzemiński, pittore precursore dell’arte moderna.

La prima guerra mondiale l’aveva lasciato senza una gamba e senza un braccio, ma il talento di Strzemiński non ne aveva risentito: appartenente alla corrente artistica dell’Unismo, la mattina l’artista insegnava con passione all’Accademia delle Belle Arti di Łódź (dove era adorato dai suoi studenti) e nel pomeriggio alternava l’essere padre a l’essere pittore. Una delle creazioni di cui andava più fiero, però, era il museo d’arte moderna che grazie alla sua influenza era riuscito ad aprire già negli anni ’30, il primo in Polonia e il secondo in Europa.

Il talento visionario di Strzemiński, però, proprio negli anni raccontati nel film, dovrà scontrarsi con l’arrivo dell’arte realista socialista, cui, in poco tempo, tutti gli artisti riconosciuti dall’Associazione nazionale saranno costretti ad aderire.

Non si può scegliere l’arte, però, anzi è l’arte a scegliere il proprio discepolo, e Strzemiński non vorrà proprio sentirne di rinunciare al suo pensiero per piegarsi ai dogmi stalinisti. Ne risulteranno immani difficoltà per lui e sua figlia, perché paradossalmente in un paese comunista la legge vigente è “chi non lavora non mangia”, e rinnegato dall’associazione nazionale degli artisti a Strzemiński verrà ritirata la tessera alimentare.

Afterimage è un inno all’arte, una storia d’amore fra l’uomo e la sua coscienza.  Strzemiński è un uomo dall’ammirevole caparbietà che, anche se vessato da tutto ciò che lo circonda, rimarrà in piedi e a testa alta aggrappato ai propri ideali, fino alla fine. L’etica morale del film viene sviluppata attraverso un linguaggio cinematografico di altissimo registro, elegante e ricercato, e impreziosita da interpretazioni fenomenali (in primis quella del protagonista, interpretato da Bogusław Linda).

Un film toccante e malinconico, umanista e poetico, salutato con una sentita standing ovation di oltre due minuti, che nel suo piccolo voleva salutare per l’ultima volta gli artisti Strzemiński e Wajda, così affini fra loro nella pervicacia di pensiero.

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