Batman Forever – Batman & Robin – Catwoman

Pubblicato il 7 Giugno 2015 alle 09:45

Nonostante il grande successo ottenuto dai due cinecomics su Batman realizzati all’inizio degli anni ’90 da Tim Burton, l’incasso inferiore del sequel rispetto all’originale spinse la Warner a chiedere al regista di limitarsi a produrre il terzo episodio.

BATMAN FOREVER

La volontà della casa di distribuzione era quella di realizzare una trasposizione molto più fedele al fumetto rispetto all’ottica autoriale di Burton per garantirsi il successo commerciale. Si decise di far dirigere il film a Joel Schumacher, regista, tra gli altri, di Ragazzi perduti, Un giorno di ordinaria follia e Il cliente.

L’intenzione iniziale di Schumacher era quella di girare un prequel basato sulla graphic novel Batman – Anno uno di Frank Miller. La Warner glielo impedì ma gli concesse di inserire dei flashback per analizzare il passato e le origini di Batman.

Quello che affascinava il regista, infatti, era l’approfondimento psicologico del protagonista, un aspetto lasciato un po’ in disparte nei due film precedenti. Gli sceneggiatori Lee e Janet Scott-Batchler, con l’aggiunta di Akiva Goldsman, scrissero una storia nella quale il Cavaliere Oscuro affronta il suo dualismo scavando nel proprio subconscio con l’aiuto di una psicologa di cui s’innamora. Avversari dell’eroe sono lo schizofrenico Due Facce e il cervellotico Enigmista. A gettare luce nella crociata solitaria di Batman arriva invece Robin.

La scenografa Barbara Ling decise di scostarsi dallo stile dark e gotico dei primi due film optando per una Gotham più sgargiante che mescola le atmosfere fumettistiche anni ’40-’50 e le architetture della New York anni ’30 con le luci al neon e le fosforescenze di Tokyo. Il tutto punteggiato da barocchismi ai limiti del kitsch tra i quali delle statue esageratamente gigantesche. É chiaro fin da subito che il film punta ad accattivare un pubblico più giovane ed avvezzo al linguaggio visivo dei cartoon.

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La nuova concezione artistica del film spinse Michael Keaton a rifiutare di interpretare nuovamente Batman. Come sostituto Schumacher scelse Val Kilmer che lo aveva ben impressionato nel western Tombstone.

L’attore impersonò un Bruce Wayne in conflitto con se stesso, incapace di conciliarsi con la sua controparte oscura. Scavando nei suoi ricordi d’infanzia, emergono momenti chiave nella mitologia del personaggio come la caduta, da bambino, in quella che sarebbe diventata la batcaverna.

Ma se nel fumetto originale il piccolo Bruce veniva investito da uno stormo di pipistrelli, qui l’incontro è con un mostruoso pipistrello gigante, grottesco ed eccessivo come tutta la componente estetica della pellicola.

Kilmer indossò il classico costume nero di Batman ridisegnato da Peter MacGregor-Scott al solo scopo di esaltare la prestanza fisica dell’attore. Anche il costume “sonar” che veste nella parte finale del film non sembra avere altra utilità se non di amplificare la virile anatomia di Kilmer con tanto di maliziosi primi piani di Schumacher sui dettagli anatomici.

Il regista, dichiaratamente omosessuale, sarebbe stato in seguito criticato per questa visione stereotipata del supereroe come icona-fetish gay. Durante le riprese furono numerosi gli screzi tra Kilmer e Schumacher. L’attore definì il regista “un uomo molto disturbato psicologicamente”.

A fare da contraltare al dualismo di Batman c’è la schizofrenia di Due Facce, alias il procuratore distrettuale Harvey Dent, interpretato nel primo film da Billy Dee Williams.

A causa della differente etnia con il personaggio del fumetto e della scarsa notorietà dell’attore, per il ruolo del villain in questo terzo episodio venne scelto il più celebre Tommy Lee Jones, premio Oscar per Il fuggitivo, che aveva già collaborato con Schumacher ne Il cliente. Sfigurato dal gangster Maroni, esattamente come accade nel fumetto, Due Facce vive in un perenne, precario equilibrio psicologico tra ordine e caos, giustizia e illegalità, che solo il lancio di una moneta, che pure ha una faccia integra e una sfregiata, riesce a risolvere di volta in volta.

Nel film però questa scissione emotiva non viene fuori. Tommy Lee Jones, trasformato dal make-up del pluripremio Oscar Rick Baker, è un Due Facce giullaresco e fracassone che sembra lanciare la sua moneta solo per divertimento.

La psicologa Chase Meridian avrebbe dovuto essere interpretata da Rene Russo ma dopo la rinuncia di Keaton venne scartata perché considerata troppo matura per affiancare Kilmer. Il ruolo andò invece a Nicole Kidman. Inesistente nel fumetto, Chase è intrigata sia da Bruce che da Batman provando un trasporto erotico per entrambi e scava nella psiche del protagonista arrivando a svelarne i segreti.

Pur se concettualmente interessante, il personaggio di Chase mette in evidenza tutta la fragilità della sceneggiatura che si basa su un equivoco tematico. Bruce e Batman non sono due differenti personalità che devono coesistere. É Batman l’unica vera identità del personaggio, mentre quella del playboy è solo un’ingannevole facciata.

Reduce dal successo di Ace Ventura e dal cinecomic The mask, la faccia gommosa di Jim Carrey venne ritenuta perfetta per il demenziale e snodato Enigmista, più vicino alla versione interpretata da Frank Gorshin nella serie tv che non a quella seriosa e riflessiva del fumetto.

Ossessionato dall’idea di manipolare le onde cerebrali, Edward Nygma, licenziato dalla Waynetech., si allea con Due Facce per creare una macchina che gli permetterà di assorbire la conoscenza di tutti gli abitanti di Gotham e rivelare l’identità segreta di Batman.

Si tratta quindi della controparte di Chase, desideroso di violare brutalmente la mente umana anziché curarla. Ma il personaggio risulta solo un intrattenimento comico per il pubblico e l’approfondimento psicologico è totalmente superficiale e campato per aria.

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Evitato da Tim Burton nei primi due film perché ritenuto troppo invadente e leggero, Robin venne interpretato dal giovane Chris O’Donnell. In effetti, il giovane compagno di Batman fu creato nel ’40 da Bob Kane e Bill Finger per ammorbidire il tono cupo e violento delle storie del Cavaliere Oscuro. Nella storia originale, Dick Grayson fa parte di una famiglia di acrobati e i suoi genitori vengono uccisi dagli uomini del boss Anthony Zucco durante un’esibizione.

Nel film, Grayson ha anche un fratello e ad assassinare la sua famiglia è Due Facce. Bruce rivive la sua tragedia personale attraverso quella di Dick, empatizza con la sua sete di vendetta e decide di adottarlo per evitare che faccia la sua fine. L’esatto opposto di quello che accade nel fumetto, dove Bruce adotta Dick proprio per addestrarlo e permettergli di fare giustizia. I contrasti tra i due personaggi, comunque, sono l’unica parte veramente riuscita del film. I capezzoli sul costume di Robin diventeranno invece l’emblema dell cattivo gusto estetico che permea la pellicola.

A garantire continuità con i film precedenti tornano Michael Gough e Pat Hingle nei ruoli di Alfred e del Commissario Gordon che cominciano però a scadere nel macchiettismo. Nel cast figura anche Drew Barrymore nelle vesti discinte di Sugar, una delle due concubine di Due Facce mentre il celebre attore di b-movie action Don “The dragon” Wilson ha un cameo come boss della Neon Gang.

Il film straborda di scene d’azione ultraspettacolari realizzate con gli effetti visivi di John Dykstra, Andrew Adamson e Jim Rygiel. Grant McCune e Allen Pike ridisegnarono anche la batmobile con un aspetto retro-futuribile e seguirono la stessa linea per il batwing e il batboat che compaiono nel finale del film. Le musiche sono di Elliot Goldenthal che firmò una marcia abbastanza convenzionale e poco memorabile. Nella colonna sonora figurano le hit Hold me, thrill me, kiss me, kill me degli U2 e Kiss from a rose di Seal.

Batman forever uscì nelle sale il 16 giugno del ’95 incassando 336 milioni di dollari in tutto il mondo ed aggiundicandosi tre nomination agli Oscar per la fotografia di Stephen Goldblatt, per il sonoro e per il montaggio sonoro di Bruce Stambler e John Levesque.

Nonostante il successo di pubblico e di buona parte della critica, però, la brusca sterzata dal tono più oscuro dei primi due film lasciò delle enormi perplessità.

I fans del fumetto riconobbero la fedeltà di trama e personaggi verso il materiale originale ma si ebbe la sensazione che il franchising Batman stesse diventando solo un baraccone per attrarre le famiglie nelle sale a scapito dello spirito dell’opera originale.

Difetti che sarebbero esplosi irrimediabilmente nel quarto capitolo messo in cantiere dalla Warner subito dopo l’uscita del terzo…

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Batman & Robin

Schumacher dichiarò la volontà di realizzare un film che rendesse omaggio alla serie tv anni ’60 e fu l’errore di base di questo nuovo episodio.

La saga cinematografica, infatti, era stata concepita in origine da Benjamin Melniker proprio per allontanare il Cavaliere Oscuro dalla figura parodistica dei telefilm. Venne riconfermata l’intera squadra produttiva di Batman Forever.

Stavolta la sceneggiatura fu un mero pretesto per buttare nella mischia quanti più “pupazzi” e “giocattoli” possibile e la scenografia risultò molto più esasperata ed allucinata rispetto al film precedente.

A causa degli alterchi col regista, Val Kilmer non fu riconfermato. Al suo posto venne preso George Clooney, reduce dal successo televisivo di E.R. Risultò un Batman troppo pacchiano e senza alcun carisma, ad oggi il più odiato tra tutte le incarnazioni cinematografiche dell’eroe. Chris O’Donnell tornò nei panni di Robin ma riscontrò subito la marcata differenza con il terzo capitolo.

Durante le riprese, Schumacher urlava in continuazione: “Ricordate che questo è un cartone animato!” E O’Donnell avrebbe dichiarato in seguito: “Mi sembrava di stare sul set di uno spot di giocattoli.” Unico particolare degno di nota, i costumi di Robin in questo episodio, con una creatura volante stilizzata sul petto, si avvicinano molto a quello di Nightwing, vigilante che Dick diventa nel fumetto dopo essersi staccato da Batman.

Al “dinamico duo” si aggiunge Batgirl, interpretata da Alicia Silverstone. Se nel fumetto Barbara è la figlia adottiva del commissario Gordon, qui è invece la nipote di Alfred. In ogni caso il suo inserimento risulta forzoso e utile solo a creare un improbabile punto di riferimento per il pubblico femminile.

Anche stavolta i villains sono due. Arnold Schwarzenegger indossa la corazza di Mr. Freeze, una tuta da venti chili illuminata da ben duemila lucette. Armato di un fucile congelante, il malvagio è la fotocopia della versione che appare nella serie animata anni ’90 di Bruce Timm, uno scienziato intenzionato a rubare quanti più diamanti possibili che gli consentano di risvegliare l’amata moglie Nora dal sonno criogenico.

Il dramma del personaggio è totalmente dissipato dalla recitazione sopra le righe di Schwarzenegger per colpa anche dela concezione artistica di Schumacher. Basti vedere ad esempio le ridicole babbucce a forma di orso polare che Freeze indossa nei momenti di relax.

Nel finale, l’ibernazione di Gotham City, idea nata originariamente per il Pinguino in Batman returns, è solo una mera trovata per lo sfoggio di costumi e veicoli da neve da parte dei tre eroi.

L’ammaliante Uma Thurman veste la calzamaglia verde di Poison Ivy che ha invece le stesse origini del fumetto. La botanica Pamela Isley viene trasformata dai folli esperimenti del dr. Jason Woodrue in un’ammaliante creatura dal sangue venefico in grado di soggiogare qualsiasi uomo emettendo potenti feromoni. Espediente usato nel film per provocare delle ridicole liti tra Batman e Robin senza alcun autentico conflitto.

Ancora Gough ed Hingle interpretano rispettivamente un Alfred in versione nonnino malato e un’irritante caricatura del commissario Gordon. Bane, il supercriminale che nella saga Knightfall sconfigge Batman spezzandogli la schiena, è ridotto ad un semplice scagnozzo con il fisico massiccio del wrestler Jeep Swenson, morto pochi mesi dopo l’uscita del film per un attacco di cuore dovuto all’uso di steroidi.

La modella Elle Macpherson è un’insignificante Julie Madison, primo storico amore del Cavaliere Oscuro sulle pagine di Detective comics. Il dr. Woodrue ha il volto di John Glover, noto interprete di Lionel Luthor, padre di Lex, nella serie tv Smallville.

Batman & Robin uscì il 20 giugno del ’97 incassando 340 milioni di dollari in tutto il mondo ma venne devastato da critica e pubblico ed è ad oggi considerato tutto ciò che un cinecomic non dev’essere. Il film è un collage psichedelico ed antiepico di trovate deliranti infarcito di battute e dialoghi imbarazzanti.

La figura mitica di Batman ne uscì umiliata, ridotta ad una frivola burletta, ancor più demenziale della serie tv il cui spirito era giustificato perlomeno dall’epoca storica, durante la quale il fumetto stesso aveva un tono più scanzonato. Lo stesso Clooney dichiarò: “Temo che abbiamo ucciso il franchising di Batman.”

Come detto precedentemente, la saga anni ’90 di Batman ha avuto delle analogie con quella di Superman degli anni ’80. Un primo episodio straordinario, sontuoso e campione d’incassi; un sequel più divertente del primo ma con qualche libertà di troppo da parte del regista e un incasso inferiore; un terzo capitolo con un’ottima risposta del botteghino ma aspramente criticato soprattutto dai fans del fumetto e un quarto disastroso. Se la serie dell’Uomo d’Acciaio ebbe un terribile spin-off al femminile con Supergirl, quella del Cavaliere Oscuro l’avrebbe avuto più tardi, nel 2004, con Catwoman.

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CATWOMAN

Diretto dal francese Pitof, il film non ha nulla a che vedere col fumetto e racconta la storia di Patience Phillips, interpretata da Halle Berry, remissiva grafica pubblicitaria in un’azienda di cosmetici che viene uccisa dal suo capo per aver scoperto segreti compromettenti su una crema di bellezza di prossima uscita.

Patience viene riportata in vita dai poteri esoterici di un gatto, ne assume le capacità e diviene una conturbante ed aggressiva vendicatrice felina, esattamente come accadeva in Batman returns a Selina Kyle-Michelle Pfeiffer, qui mostrata in una foto, unico vero collegamento con la saga principale.

Vera avversaria di Catwoman è Laurel Hedare, un’algida Sharon Stone che, oltre a creare un contrasto etnico puramente visivo in un film tutto basato sull’estetica, girato come l’enorme spot kitsch di un qualche cosmetico, serve ad instaurare anche una forzosa tensione saffica con la protagonista.

Il detective Tom Lone, che ha il volto di Benjamin Brett, è utile solo come inevitabile componente maschile in un film che si può difficilmente annoverare come cinecomic, brutto da tutti i punti di vista, flop meritato dimenticato in fretta.

Le due pellicole di Schumacher e quest’ultimo spin-off sono l’ennesima riprova che non è sufficiente mettere il titolo di un fumetto di successo su una locandina, ritrarre i personaggi sullo schermo come delle figurine e riportarne fedelmente i fatti principali senza alcun approfondimento perché un cinecomic abbia presa sul pubblico, a prescindere dal successo commerciale.

Sono necessari degli equilibri che variano di opera in opera, che possono richiedere trasposizioni più stilizzate in alcuni casi ed un maggiore realismo in altre. Batman in particolare esige un approccio misurato, nello spirito realistico e drammatico dell’opera originale e nel pieno rispetto di quei contenuti impliciti che necessitano di uno sviluppo più approfondito per risultare tangibili e coinvolgenti.

Per fortuna, a metà degli anni duemila, l’icona del Cavaliere Oscuro sarebbe finita nelle mani del regista Christopher Nolan e dello sceneggiatore David Goyer sperimentando una straordinaria resurrezione.

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