La Rabbia della Pantera Nera: una storia dai toni adulti e introspettivi – RECENSIONE

Pubblicato il 16 Settembre 2015 alle 11:15

Panini Comics ripropone uno dei capolavori assoluti della Marvel anni settanta: La Rabbia della Pantera Nera! Non perdete alcune delle storie più adulte e introspettive mai realizzate dalla Casa delle Idee, firmate dall’immenso Don McGregor!

Per me scrivere questa recensione non è affatto facile. Le storie incluse nel presente volume Panini Comics, infatti, hanno un’importanza indiscutibile nell’ambito del fumetto americano e sono talmente ricche di spunti di riflessione che mi ci vorrebbe uno spazio enorme solo per approfondire i più rilevanti. Già, poiché le storie che Don McGregor scrisse negli anni settanta per il comic-book Jungle Action non sono storie qualsiasi e, al pari di Captain Marvel e di Warlock di Jim Starlin, costituirono un incredibile passo avanti a livello espressivo e testuale.

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Le vicende della Pantera Nera, conosciute con il titolo Panther’s Rage, furono uno shock per i lettori dell’epoca, essendo completamente al di fuori degli standard narrativi del comicdom a stelle e strisce. Di solito si tende a pensare che la fase più adulta e matura dei fumetti supereroici giunse negli anni ottanta con gli autori del cosiddetto Rinascimento Americano. Senza tema di smentite, però, Alan Moore che con la sua prosa lirica e letteraria portò alla piena maturità il medium fumetto fu anticipato proprio da Don McGregor e dal suo lavoro su Jungle Action.

E se ancora aveste qualche dubbio su quanto sia stato seminale Don, dovreste ragionare sul fatto che un altro grande innovatore, Frank Miller, nella sua celebrata run di Daredevil rese omaggio a McGregor ideando i farseschi e comici Turk e Grotto. Con essi Frank si rifece a Tayete e Kazibe, altrettanto farseschi comprimari delle storie di Don, a riprova dell’influenza che questi esercitò su tanti acclamati cartoonist emersi nel corso degli eighties.

Coloro che hanno avuto modo di scoprire queste avventure ai tempi della mitica Editoriale Corno sanno già a cosa alludo. I neofiti invece avranno una sorpresa leggendo un bel volume Panini Comics che include i nn. 6-22 e 24 di Jungle Action. In pratica si tratta di tutti gli episodi che McGregor firmò per la testata, originariamente dedicata a ristampe di eroi stile Tarzan e in seguito al primo supereroe afroamericano dei comics e cioè il coraggioso T’challa, sovrano del regno africano del Wakanda e membro dei Vendicatori.

McGregor decide di eliminare l’elemento classicamente supereroico della Pantera Nera, allontanandolo da New York e dagli Avengers e collocandolo nel contesto wakandiano, in un mondo quindi in parte legato alla tradizione ancestrale ma altresì influenzato dalla tecnologia. Secondo lo sceneggiatore, infatti, un vero sovrano non potrebbe abbandonare il suo popolo e perciò T’challa ritorna dai suoi sudditi in compagnia della sua ragazza, Monica Lynne, introdotta da Roy Thomas nella serie dei Vendicatori.

La situazione però è difficile. Molti dei wakandiani nutrono rancore per il fatto di essere stati, sebbene momentaneamente, abbandonati e non approvano la presenza di Monica, ritenuta un’intrusa nonché simbolo della cultura occidentale oppressiva e ostile. Inoltre, un pericoloso criminale, Eric Killmonger, intende conquistare Wakanda e definirlo spietato è un eufemismo. Pantera dovrà dunque affrontare nemici esterni e minacce interne di tipo interiore e psicologico. I veri avversari di T’challa sono l’odio, il pregiudizio e l’istinto guerrafondaio. La Rabbia della Pantera è una lucida e disperata analisi della guerra e di ogni forma di conflitto e le finalità dell’autore sono quelle della denuncia.

Killmonger ha al suo servizio criminali allucinanti e agghiaccianti, realmente spaventosi se confrontati ai tipici villian in salsa marvelliana: il macabro Re Cadavere, lo spettrale Sombre, il mostruoso Salamander K’ruel, la crudele Malice, l’orripilante Venomm. McGregor li descrive con profondità encomiabile, sbattendoci letteralmente in faccia le peggiori pulsioni dell’animo umano. Fa lo stesso con i comprimari della serie: il rissoso W’kabi, che soffre per il fallimento del suo matrimonio; i già citati Tayete e Kazibe; il tormentato Taku che, al pari di Venomm, è uno dei primi personaggi gay della Casa delle Idee e tanti altri.

McGregor si occupa di tematiche adulte: le violenze in ambito familiare, la corruzione del potere e della politica, il ruolo della donna nella società, e lo fa con testi densi, di valenza letteraria, rivolti a un pubblico di lettori colti, e con dialoghi magistrali. Man mano che la story-line procede, Pantera Nera si addentra in un inferno esistenziale, in un cuore di tenebra conradiano che gli farà vivere esperienze atroci. Vale lo stesso per la seconda sequenza, stavolta ambientata negli Stati Uniti, in cui T’challa se la vedrà con la minaccia del Ku Klux Klan.

Sono episodi discussi e controversi che non furono graditi dai piani alti della Marvel. La piaga del razzismo era già stata affrontata negli albi della Casa delle Idee ma il riferimento diretto a una realtà come quella del Klan fu considerato troppo rischioso. McGregor, incurante delle critiche, scrisse episodi di grande qualità, giocando al contempo con la struttura del plot (in un capitolo, per esempio, una vecchia storia di schiavi viene narrata dalla madre di Monica ed è rivissuta dalla ragazza in maniera diversa; la stessa trama viene quindi vista da due differenti prospettive, in un curioso gioco di impronta post-moderna).

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I primi disegni sono di Rich Buckler, all’epoca acclamato penciler di Fantastic Four, che tenne a battesimo la run di McGregor per essere sostituito prima dal grande Gil Kane e poi dall’ottimo Billy Graham che illustrò il maggior numero di albi. E fu Graham a realizzare un lavoro pregevole, grazie a un tratto naturalistico, ruvido e aggressivo, perfetto per il pathos e la drammaticità delle storie. E’ lui che rappresenta i disturbanti nemici di T’challa, una Pantera Nera dal costume lacero, pieno di graffi e ferite, e i paesaggi vasti e maestosi dell’entroterra africano, peraltro con lay-out innovativi e vignette incastonate che formano composizioni coinvolgenti e fanno a volte pensare agli esperimenti di Jim Steranko.

McGregor non riuscì a concludere la saga del Ku Klux Klan ma negli anni ottanta ebbe modo di riprendere la Pantera Nera con altri due gioielli: Panther’s Quest, serializzata su Marvel Comics Presents e valorizzata dai disegni del decano Gene Colan; e la miniserie Panther’s Prey, disegnata da Dwayne Turner. Speriamo di rivedere anche queste due pietre miliari (e non sarebbe male ristampare pure i suoi episodi di Killraven). Intanto, non perdete il presente volume. Il processo di maturazione del fumetto supereroico in chiave revisionista inizia con questo esito creativo che può essere definito solo capolavoro. ‘nuff said!

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