Minions – Recensione

Pubblicato il 26 Agosto 2015 alle 23:25

I Minions sono esseri pasticcioni che esistono dall’alba dei tempi col solo scopo di servire il padrone più malvagio che possano trovare. Dopo aver dimostrato la loro incompetenza nel corso dei secoli, i Minions giungono in Antartide e iniziano una nuova vita ma la mancanza di un padrone li fa finire in depressione. Nel 1968, i Minions Kevin, Stuart e Bob giungono a New York dove riescono a diventare i tirapiedi della perfida Scarlett Sterminator.

Minions

Nonostante il successo al botteghino, i due Cattivissimo Me si sono rivelati piuttosto scialbi, vuoi per il tono zuccheroso e buonista a dispetto di un titolo che sembrava promettere comicità politicamente scorretta, vuoi per le gag puerili e prive d’inventiva. Più che dal protagonista Gru, molto bonaccione e poco cattivissimo, il pubblico è sembrato più divertito dai Minions, i piccoli assistenti del genio del male, un branco di simpatici deficienti.

In attesa di Cattivissimo Me 3, in arrivo nel 2017, figuriamoci se la Illumination Entertainment e la Universal Pictures potevano quindi perdere l’occasione di mungere ulteriormente il franchise con questo nuovo episodio, una via di mezzo tra uno spin-off e un prequel, che racconta le vicissitudini dei Minions prima di conoscere Gru.

Il tema è quello ormai abusato della famiglia. Nel ventre gelido di una caverna di ghiaccio nell’Antartide, i Minions cadono in depressione, tanti orfanelli privi di una guida genitoriale, finché tre di loro, ovviamente i più idioti, decidono di affrontare il mondo esterno alla ricerca di un leader. Saranno Scarlett e Herb Sterminator a fare da mamma e papà, doppiati in originale da Sandra Bullock e Jon Hamm, ed in italiano dalla collaudata coppia televisiva composta da Luciana Littizzetto e Fabio Fazio. Tra le altre voci, laddove la versione americana conta su nomi quali Michael Keaton e il premio Oscar Geoffrey Rush, in italiano abbiamo Alberto Angela e Selvaggia Lucarelli. Fate voi.

La storia è ambientata negli anni ’60, epoca presentata in maniera molto superficiale. Il periodo storico non ha neanche molta importanza e la componente satirica è del tutto assente. La sceneggiatura sembra scritta a braccio e salta di palo in frasca senza un vero costrutto con personaggi che entrano ed escono nella vicenda senza un autentico peso. Il buonismo della serie salta fuori anche qui trasformando i protagonisti negli eroi della situazione tra sketch comici che potranno far ridere solo i bambini e scene d’azione prive d’inventiva.

L’unica ragion d’essere del film è il botteghino e in tal senso è un’operazione riuscita poiché ha già incassato quasi un miliardo di dollari. Però l’opera in sè è davvero poca cosa, svogliata, prevedibile, convenzionale, strappa qualche sorriso ma non riserva guizzi particolari.

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