Speciale: Ma cosa vogliono le fumetterie?

Pubblicato il 15 Dicembre 2010 alle 10:37

Come promesso, vi presentiamo questo  lungo speciale che vi fornirà una disamina sulle fumetterie dall’occhio attento di Paolo Accolti Gil, fondatore della casa editrice Italycomics, e che si articolerà in questo modo:
  1. MA COSA VOGLIONO LE FUMETTERIE?
  2. E IO CHI SONO, BABBO NATALE?
  3. COSA VOGLIONO VERAMENTE LE FUMETTERIE?

MA COSA VOGLIONO LE FUMETTERIE?

Premessa, il sottoscritto è tra i pochi a godere di una posizione particolare nel mondo del fumetto, trovandosi a ricoprire un po’ tutti i ruoli, lettore dall’età di 4 anni (e ora a quelli se ne sono aggiunti 40…), editor e traduttore di comics dai 23, “fumettaro” dai 27, “fumettaro online” dai 35 e infine editore e micro distributore dai 38. Ho quindi una mia idea ben precisa di “cosa vorrei” in ognuno di questi ruoli.

Quando iniziai a tradurre e curare edizioni italiane di fumetti americani lo feci con l’impegno di dare ai tanti Paolo lettore qualcosa di curato e rispettoso del lavoro degli autori. Quando ho iniziato a vendere fumetti l’ho fatto in modo che i Paolo lettori potessero avere la miglior combinazione di prezzo basso e qualità del servizio che mi fosse possibile offrire e, quando infine sono diventato io stesso editore, ho scelto le storie che più consideravo degne di pubblicazione per i Paolo lettore e che potessero fruttare per i Paolo fumettari.

Quando infine ho reso disponibili direttamente le nostre pubblicazioni attraverso il sito www.ecomics.it alle altre fumetterie aggiungendo alla nostra offerta quelle di altri editori amici non vincolati da contratti di esclusività con altri, l’ho fatto dicendo a tutte le parti quello che avrei voluto sentirmi dire io: “caro editore X, il mio margine sarà Y in ogni caso, sia che la fumetteria me ne chieda una copia che cento e cara fumetteria Z il tuo sconto è questo, sia che me lo prenoti sia che sia già uscito.”

Insomma, con un po’ di immodestia, mi sento uno che predica bene e razzola meglio e, in ogni caso, uno che può sentire il polso di questo mercato in più ambiti e da più punti di vista. Ma oggi parliamo di fumetterie e in particolare di chi oggi vuole rappresentarle (e in parte lo fa), l’Associazione Fumetterie Italiane.

Non ricordo nemmeno come mi ci trovai, ma quando l’A.Fu.I nasceva  ovvero quando un gruppetto di gestori di fumetterie iniziò a scambiarsi riflessioni in rete sul sistema distributivo in Italia, io c’ero, anzi c’ero ancora prima che se ne scrivesse lo statuto e c’ero quando ci si riunì a Roma la prima volta presenti anche i gestori di due fumetterie italiane storiche. Malgrado finora non abbia mai voluto iscrivermi per tanti motivi, ho sempre dato il mio sostegno alla stessa esistenza dell’associazione e ne ho anche ricevuto, per esempio quando tutti insieme abbiamo provato a realizzare un Free Comic Book Day italiano.

Da quando è nata, l’AFuI ha cambiato tre presidenti il che vuol dire che esiste da tre anni, che non è poco, e ha cambiato anche il modo di gestirsi. All’inizio aveva un forum aperto a editori e addetti ai lavori e il numero degli iscritti era noto, ora il forum è riservato ai soli iscritti il cui numero non è noto. L’attuale presidente è Daniele Pignatelli che ultimamente ha rilasciato alcune interviste a Nanoda.com e a ComicUs. Quanto segue sono estratti da dette interviste e da quanto riportato sul sito AFUI.

Su cosa è l’A.Fu.I:
“L’A.Fu.I. è l’unica associazione attualmente esistente che rappresenti le fumetterie italiane. E’ nata e cresciuta con lo scopo di tutelare i diritti dei librai e di migliorarne le condizioni lavorative, ma anche per attivare un proficuo confronto di informazioni ed esperienze lavorative.”

E sul chi sono (dal sito):
L’Associazione Fumetterie Italiane nasce nel 2007, fondata da un piccolo gruppo di gestori di Fumetterie stanchi di lavorare a vuoto, ostaggi di regole inique, impossibilitati ad una qualunque forma di dissenso.

In merito al numero degli iscritti:
“La decisione di non rendere pubblico il nostro numero nasce dalla difficoltà di contestualizzare lo stesso. Ossia, se le fumetterie A.Fu.I. sono X, qual è la Y sulla quale calcolare la nostra percentuale? Un qualsiasi dato numerico, oltre a non essere di grande importanza (siamo convinti che contino le idee e le azioni di un’associazione, prima che il numero di iscritti della stessa), è facilmente strumentalizzabile da chi ha interesse a screditare il nostro lavoro.

Questa politica, che abbiamo scelto di adottare da un anno a questa parte, ha dato evidenti frutti, perché nonostante la perdita di alcuni soci che hanno cessato le proprie attività, il nostro numero è in aumento costante e sensibile.”

In merito a ciò di cui hanno bisogno le fumetterie:
“L’introduzione del reso per le fumetterie è un altro dei punti che, come associazione, stiamo “predicando” da tempo. Anche parziale e a percentuale annua, per cominciare, ma occorre che ci si renda conto che il futuro del nostro lavoro inzia da qui.

In un periodo in cui non ci sono soldi da nessuna parte, e in cui alla fumetteria viene chiesto di investire in tutto quello che viene ordinato (non so quanti dei lettori di Comicus lo sanno, ma a differenza di edicole e librerie, la distribuzione per fumetteria prevede che tutto quello che arriva settimanalmente in negozio sia acquistato, con sconti non così alti da giustificare questa politica), diventa difficile per alcuni ed impossibile per altri puntare su alcune novità, magari poco note e di editori poco conosciuti, e questo danneggia il mercato. Permetterci di rendere una parte, per cominciare, dei nostri acquisti, significa permetterci di prendere 10 copie laddove avremmo preso 1 copia sola, di dare maggior visibilità a prodotti che non ne avrebbero affatto, e quindi di rischiare di vendere di più.”

In merito a tre proposte fattive dell’associazione:
“1- L’introduzione del reso.

2- La necessità che gli editori decidano di inviare le novità “lucchesi”, come quelle relative alle altre fiere del settore, non con settimane o mesi di ritardo rispetto alla fiera stessa, ma con un anticipo, sia pure minimo (una settimana o due?), nelle fumetterie.

3- La terza idea è quella, provocatoria e “rivoluzionaria”, di trovare un editore che, nel 2011, preferirà lanciare le proprie novità autunnali il 1° ottobre, in simultanea, in X fumetterie di tutta Italia, piuttosto che portarle il 1° novembre a Lucca come al solito. Sembra fantascienza a chi è abituato a ragionare in un certo modo, ma non lo è per noi.”

Ancora sul reso:
“Quindi per un negoziante diventa difficile proporre cose nuove, e la disparità che da sempre contraddistingue le condizioni di lavoro delle fumetterie rispetto a quelle di libreria ed edicola certamente non aiutano. Poter rendere l’invenduto non significa togliere dalla propria libreria tutto ciò che non si vende, ma bensì avere la possibilità di rischiare su quei titoli che noi o il pubblico conosciamo meno, e sui quali, dovendo acquistare in assoluto, certamente punteremmo meno rispetto ad altri, soprattutto ora.”

Sulle promozioni che spesso organizzano gli editori:
“Le promozioni che vengono fatte, spesso, sono promozioni solo “di facciata”. Quando per avere il proprio nome su Anteprima sia spesso necessario acquistare, a scatola chiusa, 50-80 copie di un manga, senza reso, con le informazioni frammentarie e partigiane di cui si diceva prima, questa sarebbe una promozione? Una fumetteria acquista una pubblicità su Anteprima pagando 60 euro, e con questi riceve in cambio 60 copie della rivista. Perché dovremmo sentire il bisogno, spendendo alla cieca altri soldi, di comparire in più parti della stessa rivista?”

“(L’editore) Non deve convincerci, non siamo bambini viziati che vogliono il gelato all’ora sbagliata, ma deve metterci in condizione di capire per quale motivo, tra le molte proposte, dovremmo puntare sulla sua. Perché dovremmo credere nell’ennesima serie, convincerci che non finirà anche questa nell’enorme dimenticatoio del fumetto italiano, perché dovremmo investire noi denaro in una proposta nella quale l’editore per primo non investe in promozioni che non ci “allettino”, ma ci diano la possibilità di esporre e promuovere i prodotti. Perché in Italia, quando si parla di “conto vendita” o di “reso”, nell’ambiente del fumetto fanno tutti finta di non capire?”

Sulle “ricette” che vorrebbero:
“L’unica ricetta possibile è quella della cooperazione, dall’autore all’editore, dalla distribuzione alla libreria.
E questa cooperazione deve avere come scopo la realizzazione di iniziative che servano a promuovere la lettura, ad allargare la base, a dare visibilità ad un linguaggio che noi tutti amiamo, allo scopo di poter ingrandire e consolidare, soprattutto in questo periodo delicato, il movimento del fumetto italiano.”

Riguardo a un conto vendita annunciato e poi sospeso da Star Comics:
“Non credo che questa domanda dobbiate farla a noi. Noi abbiamo ricevuto una comunicazione in cui si annunciava l’inizio di questa sperimentazione, e poco dopo ne abbiamo ricevuta un’altra in cui ci avvisavano che il progetto era sospeso. Se volete dei retroscena, chiedeteli a Star Comics.
Sicuramente, quello che posso affermare, è che le fumetterie, a differenza di quello che è stato detto, non hanno il potere di far cambiare idea ad un editore o distributore.”

Sulla riduzione del mercato negli ultimi anni:
“Non abbiamo statistiche a riguardo che possano avere valenza su scala nazionale: dovreste parlarne con i distributori.”

Su un messaggio da lanciare ai lettori:
“Prestate attenzione ai prodotti che acquistate, e scegliete con cura sia le serie da leggere, sia i negozi dove acquistare: spesso si tende a considerare il mondo del fumetto con accezioni negative per semplice sfortuna, perché si finisce ad aspettare per anni l’uscita di un titolo scomparso, o perché si capita “nelle grinfie” di negozianti che non fanno il loro lavoro come dovrebbero. Privilegiate la qualità.”

Avete letto tutto? Allora rileggete per favore, rileggete bene quello che ho evidenziato e poi ditemi se c’è una sola cosa con la quale non si possa essere d’accordo (in realtà a me un paio non tornano ma ne parleremo).

Insomma, per il presidente Afui le fumetterie vogliono lavorare meglio, offrire più servizi, ridurre i propri margini di rischio (potendo avere il reso potrebbero prendere ben 10 copie in più invece di una!), certo in un anno di crisi come questo e potendosi continuamente consultare tra loro è un po’ strano che non abbiano un’idea generale ma forse il fatto che alla fin fine sono tutti concorrenti tra loro non porta gli associati a parlare di queste cose nel loro forum e poi parliamoci chiaro, non sono tutti stinchi di santo, lo stesso presidente ammonisce i lettori di “stare attenti a non finire nelle grinfie di negozianti che non lavorano come dovrebbero”.

Certo, non ci dice se questo vale anche per gli iscritti all’associazione e/o se esiste una qualche forma di selezione all’atto dell’iscrizione, comunque questo insulto generalizzato a tutti e a nessuno è forse l’unica caduta di stile nel discorso.

Io dico che, in un momento di crisi come quella attraversata quest’anno ed essendo più facile per un editore interloquire con una associazione che con 2-300 singoli, questa merita di essere supportata.

Però prima sentiamo un’altra campana, vediamo se la mia breve esperienza di editore può servire a qualcosa, svesto quindi i panni di lettore e libraio e resto solo con quelli di piccolo editore, sapete, uno di quelli che annunciano cose che poi non escono, che se iniziano a pubblicare una serie chissà se la finiranno mai, quelli che si affidano in toto ai distributori che alle fumetterie sanno loro come trattarle, quelli poi che chi glielo fa fare di pubblicare cose che inflazionano il mercato e basta (meglio un fumetto che vende mille copie che mille fumetti che ne vendono una, no?) oppure uno di quelli che con quanto ora descritto non hanno niente a che fare però ci si viene “accumunati” lo stesso:

Dunque, la mia esperienza vale solo per il campo degli adattamenti di fumetti americani e solo per gli ultimi sei anni però posso affermare con certezza che nel 2004 un volume a 10 euro di un illustre sconosciuto come Mario Gully, Ant, vendeva più del doppio di quanto oggi vende un albo a 3 euro di un certo Mark Waid e quattro volte quanto oggi vende un fumetto firmato Giffen & DeMatteis.

Cosa vuol dire questo? Che sei anni fa Irredimibile avrebbe venduto assai di più di Ant, che viceversa pubblicato oggi non andrebbe oltre i numeri minimi che fa un Savior 28 o un L’Ancora.

Dal punto di vista di un editore quindi, per un motivo o per l’altro (più proposte sul campo, crisi, chiusura di tanti punti vendita, il volere e dovere correre meno rischi da parte delle fumetterie di cui parla Pignatelli…) oggi la somma delle fumetterie italiane acquista dal 50 al 75% in meno di sei anni fa.

Sia chiaro, questo è l’esempio di questo editore, non vale per tutti ma dovrebbe essere chiaro a tutti che il calo del 50% di un piccolo editore può rappresentare un numero assai più piccolo di quello che per un grande editore può essere un calo del 10-20%. Traduzione, se vendo 800 copie e perdo il 50% ho venduto 400 copie in meno, se ne vendo 5000 e perdo il 20% ne ho vendute mille di meno.

Ora, considerando che la fascia di età media cui si rivolgono le maggior parte delle nostre pubblicazioni va dai 20 ai 50 dubito che vi sia stata questa moria per cause anagrafiche quindi un po’ si tratta di crisi economica, un po’ si tratta di offerta aumentata per il lettore, un po’ si tratta del fatto che le fumetterie non prendono neanche una copia in più nello stesso momento in cui i lettori sono meno inclini a impegnarsi a prenotare, ecc, ecc.

Mi si dirà, “ma non ti passa per la testa che siano i fumetti che fai tu a non interessare?”. Mi passa eccome, ma il mio problema non è che vendo di meno e basta, è che vendo di meno solo nelle fumetterie.

In fiera gli incassi aumentano sempre di più così come le persone che ci segnalano che in fumetteria di noi neanche l’ombra, nel nostro sito vendiamo sempre di più, nel nostro negozio vendiamo sempre di più e da quando ci distribuisce anche Messaggerie in varia abbiamo scoperto che volumi come Leoni, Tigri e Orsi che le fumetterie non riordinavano quasi più potevano vivere una seconda vita. Insomma, il canale delle fumetterie ha perso oltre la metà del potere d’acquisto che aveva per noi. Ora prendete questo dato e fatelo diventare una percentuale ancora più alta per editori considerati più piccoli, una percentuale certamente più bassa (ma come dicevo bisogna vedere i numeri effettivi) per editori considerati più grandi, poi sommate TUTTO e provatevi a immaginare cosa sia stato il 2010 per fumetterie e distributori.

Quindi le fumetterie hanno senz’altro i loro problemi ma se per editori e distributori contano sempre meno rappresentando un calo di fatturato non indifferente, sempre meno varrà un’associazione che ne rappresenti solo qualcuna. Già, quante? Io non lo so ma non mi astengo dal partecipare al toto Afui e dirò che secondo me non sono più di una quindicina e se fossero di più quelle in più sono comunque disinteressate alla partecipazione attiva all’associazione.

Perché dico questo? Perche se uno va nella loro home page trova un sondaggio “chi è il tuo distributore?” che ha ricevuto 17 voti (e può votare solo chi è iscritto) .

Di questi 17 però uno ha indicato Ecomics e uno Golden Distribution. Be’, a me pare strano che ci sia qualcuno che si serva solo da Golden e sono certo che nessuno si serve solo da Ecomics. Ne consegue che qualcuno deve aver indicato più di una risposta. Ciò fa calare il numero dei potenziali iscritti a 15. Se fossero di più state certi che gli altri fanno numero ma senza partecipare, parleremmo di iscritti che non si prendono la briga neanche di partecipare a un sondaggio importante per l’associazione. Non che 15 sarebbero poche o tante, contano casomai i venduti che muovono…

E qui si apre una digressione in questo articolo che più si allunga meno ne vedo la fine e che quindi ho deciso di dividere in tre parti, il prossimo capitolo lo intitoleremo “e io chi sono, Babbo Natale?”

E IO CHI SONO, BABBO NATALE?

Riprendiamo il discorso sulle fumetterie, come dicevo, con una digressione: mesi fa stavo buttando giù il programma Italycomics/IDW con il solito ottimismo che mi contraddistingue quando ho dovuto affrontare la realtà. Con i numeri attuali nelle fumetterie, produrre 5 numeri di Idw Collection e relativi venti spillati portava a una perdita immediata (che si sarebbe ridotta nel tempo come sempre si spera ma non è detto) di almeno settemila euro.

Di rinunciare a produrli neanche a parlarne, tra serie della popolarità di Angel e autori del calibro di Wrightson, DeMatteis e Peter David l’opzione era inaccettabile. Seconda opzione, alzare ulteriormente i prezzi: impraticabile anche quella, già parliamo di fumetti che interessano una nicchia (comics indy in italiano) nella nicchia (indy comics in italiano o in originale), andare oltre i 3 euro per fumetti che in america costano 4 dollari e quindi sui 3,30 euro non avrebbe senso. Restava la terza opzione, che era quella di farli pagare di più non ai lettori ma al distributore e di conseguenza alla fumetteria.

E lì mi sono detto: in sei anni, nel complesso hanno perso oltre il 50% di potere d’acquisto, fumetti nostri in esposizione non ne mantengono, ma perché dovremmo continuare a trattarli come se ci dessero la considerazione che danno, magari anche giustamente, ad altri? E lì al Paolo fumettaro è sfuggita una soffiata all’editore “ma scusa, tu sugli originali ricevi lo stesso sconto da Boom! e IDW? E da Idw e DC?”.

No, effettivamente IDW mi concede un 5% in più di Boom! e DC mi concede un 5% più di IDW. Il più piccolo vende meno e per andare avanti ha bisogno di mettersi in tasca una fetta più grande di quei quattro dollari del prezzo di copertina. E poi c’è un altro aspetto, dei grandi editori ci si fa avanzare sempre qualcosa, dei piccoli ormai più niente, troppo rischioso. Si acquista  il prenotato che si vende e basta. Ecco quindi che per assurdo la somma dei piccoli editori diventano un caposaldo per la fumetteria.

Un editore come Italycomics rappresenta un guadagno certo se la fumetteria acquista e vende solo il prenotato. Si tratti di dieci euro al mese, cento o anche solo di 50 centesimi, il piccolo editore dà e non riceve (solo perché non c’è il reso, ricordiamolo sempre). Giusto! Sapete che facciamo però? Voi continuate a tenervi il guadagno sicuro, fosse di nove euro, novanta o anche solo quarantacinque centesimi, ma noi ci prendiamo una fetta più grande rispetto a quella che si prende chi da voi trova spazio, così ora invece di essere +10 euro alle fumetterie e – 7000 a noi ora è +9 euro alle fumetterie e noi partiamo in pareggio.

D’altra parte, nelle risposte di Pignatelli avrete notato spesso un riferimento al fatto che gli sconti che le fumetterie ricevono dai distributori si basano sul loro fatturato, più ordini e più sconto ricevi, quindi è un qualcosa che conoscono bene, noi abbiamo fatto lo stesso con il distributore (al quale non cambia nulla perché mantiene gli stessi margini che aveva prima.)

Tuttavia questa soluzione pur risolvendo il nostro problema di base e permettendo la nascita delle testate IDW non risolve un problema comune: le fumetterie continuano a non poter rischiare sui nostri titoli e anzi hanno ancora meno interesse a farlo, e noi continuiamo a perdere un potenziale enorme di vendite occasionali che solo in parte recuperiamo alle fiere o nel web.

E allora reso sia, dato che NOI abbiamo convenienza in questo momento a concederlo e possiamo quindi permettercelo (altri no come sarà chiaro alla fine). E poi, è quello che vogliono le fumetterie più di ogni altra cosa, no?

Avviato il nuovo corso, abbiamo fatto solo due aggiustamenti, lo sconto inferiore non sarebbe stato retroattivo, tutto ciò che era già uscito avrebbe mantenuto gli stessi sconti di prima, ma il reso sarebbe stato valido anche su qualsiasi nuovo ordine di arretrati.

Traduzione: ora puoi riempirti il negozio di volumi che non hai MAI esposto sapendo che puoi restituirli quando vuoi se non li vendi. Per chiarire il concetto, abbiamo avuto l’idea di preparare un pack di titoli realizzati a partire dal 2005 fino ad agosto di quest’anno, titoli che sapevamo aver prodotto reddito all’occasionale fumetteria cui avessimo concesso in passato un conto vendita. 43 tra albi e volumi, lo sconto intero, la possibilità di reso…che altro potevamo dare? Di più. Abbiamo contattato Alastor e abbiamo chiesto “ma se noi vi posticipiamo il pagamento dei pack che prenoteranno voi potete agevolare a vostra volta le fumetterie?” La risposta è stata ovviamente sì e così la proposta ha occupato un’intera pagina del supplemento a Mega per le fumetterie (Mega Business).

Già che c’ero, e volendo approfittare della conoscenza con tanti soci Afui ho passato l’informativa in anteprima con quello di loro con cui ho più scambi di idee che ha commentato “ottima iniziativa!” e l’ha postata nel loro forum riservato agli iscritti. Insomma, ero certo di essere diventato il nuovo eroe delle fumetterie, con sconto normale, reso e pagamento posticipato, c’è tutto quello che chiedevano e anche di più, no? No, in realtà una cosa mancava, l’Uomo Ragno…

COSA VOGLIONO VERAMENTE LE FUMETTERIE?

Terza e ultima puntata: nella prima abbiamo letto cosa vogliono le fumetterie come descritto dal presidente dell’unica associazione di categoria. Nella seconda abbiamo visto cosa si è inventato un piccolo editore per venire incontro alle loro richieste e contemporaneamente poter andare avanti con nuove iniziative editoriali che non venissero schiacciate in partenza dal momento di recessione.

Riepilogando, le fumetterie chiedono:

  • il reso. Avere modo di prendere dieci copie laddove ne avrebbero presa una, con il rischio quindi di vendere di più.
  • cooperazione, dall’autore all’editore, dalla distribuzione alla libreria.

Da parte nostra avevamo offerto 43 volumi con diritto di reso e pagamento posticipato, lo avevamo segnalato all’Afui che a parte il parere positivo di uno, quello con cui avevo parlato direttamente, non mi aveva fatto poi avere né critiche né lodi. D’altra parte avevamo tutti da fare tra preparativi di ogni genere per Lucca.

Passata Lucca, dove tra l’altro ho partecipato a una bella cena organizzata proprio dall’Afui e dove mi hanno invitato più volte ad iscrivermi e a dare il mio apporto dall’interno, arriviamo al gran giorno in cui chiedo al distributore, “allora, quanti pack hanno ordinato?”. Risposta: uno. Chiedo allora chi sia quest’unico che ha colto l’occasione e scopro che era proprio quello con cui avevo parlato, quello che mi aveva detto “ottima iniziativa”. E le altre fumetterie? Quelle che volevano il reso? Quelle che volevano collaborare? Quelle che dicono che sono in crisi e che vorrebbero tanto spingere titoli poco conosciuti ma non possono farlo?

Quelle che Amazon è brutto e cattivo? Sparite. E qui inizia il bello. Colto da ira virtuosa, prendo carta e penna viruale e sul forum di ComicUs denuncio l’avvenuto e invito TUTTE le fumetterie che non hanno voluto aderire alla promozione ad andare a…be’, a vendere Noodle di Naruto. Mi becco una standing ovation da un altro editore, che fa notare che dopo tutto quello che propone l’Afui (che io non avevo nominato trattandosi di un dato generale) quel risultato era abbastanza singolare, un applauso da un utente ma poi…poi l’orgoglio fumettaro reagisce.

Venditore di Noodle a chi? Noi dei tuoi fumetti che non vuole nessuno abbiamo il negozio pieno, che ci dovremmo fare col pack che tra l’altro non stai facendo per venirci incontro ma solo perche stai fallendo e comunque speriamo che fallisci presto. E il tuo reso che tanto vai propagandando non è il reso che vogliamo noi, uguale a quello delle librerie di varia, ma quello come le edicole, con uno sconto più basso che non ci piace e comunque speriamo che chiudi presto visto che ci mandi a vendere Noodle!

Al primo se ne aggiungono, due, tre, quattro, tutti soci Afui punti sul vivo e che messi di fronte alla clamorosa bocciatura di un’iniziativa che pareva la fotocopia delle loro richieste era stata bellamente ignorata anche da loro. E qui è venuta fuori quella che sul forum di MangaForever qualcuno ha definito disonestà intellettuale: non potendo dire non lo sapevamo, non ci è arrivata la promozione, il Mega Business neanche lo guardiamo (cose certamente vere per altre fumetterie), la reazione è stata “i tuoi fumetti non li vuole nessuno, che li prendiamo a fare?”.

A onor del vero, uno di loro mi ha subito dato ragione sulla considerazione che bocciare questa nostra iniziativa significava far vedere a tutti quanto REALMENTE valevano i proclami di apertura a tutti gli editori e ha coerentemente subito ordinato il pack. Alcuni hanno insistito sul “ce li abbiamo già”, punto sul quale ovviamente non potevo che alzare le mani se non fosse che insistevano sul “poco appeal” che secondo loro i nostri fumetti avevano sul pubblico. Chi vuole può andarsi a leggere le 17 pagine su ComicUs (il titolo del topic originale era

Andate a vendere i Noodle ma per stemperare gli animi l’ho modificato in “Clamorosa bocciatura del pack Italycomics” subito prima di essere bannato e il topic venisse chiuso), per quanto mi riguarda denuncio due grandi delusioni personali: l’unico che ha ordinato il pack, quello che mi aveva scritto “ottima iniziativa”, per partigianeria ha affermato di averlo preso per dimostrarmi che era un’iniziativa sbagliata.

Un altro, prima si è unito al coro degli offesi, perché anche lui aveva già tutto in negozio, poi si è “ricordato” di aggiungere che quello che aveva in negozio non lo aveva pagato ma glielo avevo dato io in conto vendita e infine è andato su tutte le furie quando ho dimostrato che proprio lui era la dimostrazione vivente del funzionamento dell’iniziativa, il suo conto vendita infatti aveva prodotto a lui vendite equivalenti a quelle di una fumetteria che avesse acquistato un pack più piccolo, di 29 titoli (invece di 43, gli altri non erano ancora usciti al momento dell’inizio del conto vendita)  e di questi per 9 titoli non avesse venduto niente, ma per gli altri 20 avesse continuato a vendere e ricomprare due, tre, quattro copie, insomma un successo.

Come lo chiami un iscritto a un associazione di diciassette fumetterie che sulla carta dovrebbe attivare un proficuo confronto di informazioni ed esperienze lavorative con i suoi colleghi a cui concedi un conto vendita, che vende e ti riferisce le vendite, uno a cui rimandi continuamente di fargli saldare il venduto e che poi quando è il momento di condividere la sua esperienza con gli altri non solo non lo fa ma si mette a confermare che la tua produzione non se la fila nessuno?

Dalle considerazioni personali a quelle che ci riportano al titolo dell’articolo: cosa vogliono veramente le fumetterie? Be’, a parte che chiunque può divertirsi a contare le evidenti contraddizioni tra i propositi elencati e i fatti riportati, il reso naturalmente, solo che per quanto riguarda quelle rappresentate da Afui hanno omesso un piccolo particolare, non lo vogliono da noi o da altri editori di medesima fascia, lo vogliono dai due “grandi” solo che con uno è impossibile comunicare mentre l’altro non glielo concederà mai e non per cattiveria, ma perché non rientra nel suo modello produttivo che è, se non l’avessero capito, stampare poco più del richiesto e mandare esaurito il volume stampato prima possibile dato che ne ha subito pronti di nuovi.

E perché mai un grande editore dovrebbe stampare più copie di centinaia di volumi annuali che già gli lasciano un buon margine di guadagno appena usciti, per dare la possibilità a un canale di vendita che ogni anno diventa sempre più debole invece che più forte (mentre crescono le vendite online e in varia) di provare a vendere qualcosa di più?

Sognate pure, la vostra unica chance sarebbe invece puntare su quegli editori ai quali non date risalto, quelli che vi limitate a vendere per il prenotato, quelli che nascondete e poi dite che non vendono, quelli che al contrario dei grandi, dovendo stampare dei minimi di copie che poi non riescono a vendere per intero avrebbero tutto l’interesse a concedervi il reso. Le chiacchiere stanno a zero, gli orgogli feriti si possono sfogare come vogliono ma è un fatto che uno di voi, avendone la possibilità, con 29 titoli a disposizione diversi, ha realizzato 47 vendite che altrimenti non avrebbe mai fatto per manifesta sfiducia nell’editore che glieli ha forniti.

Per concludere, quando ho iniziato a scrivere questo resoconto che mi dicono possa interessare qualcuno, mi sono anche detto, “va bene, continuano a rimproverarmi che faccio proposte da fuori senza iscrivermi, uno è arrivato a dirmi che non mi iscrivo perché non voglio spendere 35 euro, il presidente mi ha anche invitato pubblicamente sul forum a iscrivermi.

L’idea dell’associazione in fondo la condivido ancora, iscriviamoci e vediamo che succede”…be’, l’idea era quella di concludere l’articolo con un colpo di scena, informarvi di essere l’ultimo iscritto in ordine di tempo, purtroppo però la mia domanda inviata domenica 5/12 è stata valutata e respinta il 7/12 per motivi di “opportunità”. Sopravviverò, d’altra parte non so cosa sarei potuto servire quando chi la presiede  dichiara “Sicuramente, quello che posso affermare, è che le fumetterie, a differenza di quello che è stato detto, non hanno il potere di far cambiare idea ad un editore o distributore.”

Amen.

p.s. l’autore è ben consapevole che la stragrande maggioranza delle fumetterie italiane non si ritiene rappresentata dall’Afui e ne condivide o non ne condivide principi e coerenza pur non facendone parte.

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