Resident Evil: The Final Chapter – Recensione in anteprima

Pubblicato il 14 Febbraio 2017 alle 23:52

Il T-Virus ha devastato la Terra e l’umanità è sull’orlo dell’estinzione. Mentre affronta le armi bio-organiche dell’Umbrella Corporation a Washington, Alice scopre che un anti-virus è situato nell’Alveare a Raccoon City. La donna dovrà quindi tornare dove tutto ha avuto inizio, coadiuvata da Claire Redfield e da nuovi alleati.

Il legame simbiotico tra la saga videoludica e quella cinematografica di Resident Evil ha avuto nel corso degli anni dei risvolti inaspettati. E’ stato infatti il videogioco a seguire le orme della controparte filmica con un progressivo allontanamento dalla componente horror in favore di dinamiche action. Basti pensare, a tal proposito, come nel sesto episodio videoludico siano stati inseriti due personaggi dotati di superpoteri proprio come Alice, protagonista della trasposizione, a rovesciare il concept di base del celebre survival horror.

La splendida Milla Jovovich, moglie del regista e produttore della saga Paul W.S. Anderson, si trascina dietro da ormai quindici anni il personaggio di Alice che sembra qui divenire consapevole della sua condizione diegetica, il personaggio di un cine-videogame nato solo per correre, combattere e sopravvivere, qui costretto ad un simbolico ritorno alle origini. A distinguerla da tutti gli altri cloni c’è la componente umana, la stessa che guida il proprio avatar fino al termine di un videogioco.

Con o senza superpoteri, Alice combatte sempre nello stesso modo pur non assumendo più le pose finte ed irritanti viste negli episodi precedenti. Gira che ti rigira, finisce poi per incontrare casualmente sempre Claire Redfield, qui davvero priva di qualsivoglia caratterizzazione. Tra i nuovi alleati spicca Ruby Rose, nuova giovane eroina del genere action (xXx: Il Ritorno di Xander Cage, John Wick 2) che dura però pochissimo.

Di contro, tornano il Dr. Isaacs (Iain Glen da Game of Thrones) e Albert Wesker che rappresentano la fredda logica calcolatrice dell’intelligenza artificiale contro la quale deve vedersela un videogiocatore. Viene gettata nuova luce sui piani dell’Umbrella, semplificati e contraddittori rispetto a quanto precedentemente rivelato.

Se fosse sufficiente inserire dei mostri in un film per definirlo un horror, anche Il Signore degli Anelli lo sarebbe, tanto per dirne uno. Questo stanco episodio conclusivo di Resident Evil, che sembra più la season finale di una serie tv, ha le caratteristiche di un action-fantascientifico d’ambientazione post-apocalittica che racchiude in un centinaio di minuti un paio di combattimenti on the road, una battaglia stile Fort Alamo a centro film e la resa dei conti finale tra gli ormai risaputi trabocchetti dell’Alveare.

Oltre alla carenza di idee nel congegnare le sequenze, il montaggio sincopato ne rende fastidiosa la fruizione nascondendo tra l’altro ogni eventuale dettaglio splatter. L’atteso gran finale è piuttosto debole e lascia tutto aperto riflettendo la ciclicità della storia e il percorso di un personaggio che esiste solo in base alla sua funzione narrativa.

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