I Fiori di Ciliegio in Giappone: l’Hanami

Pubblicato il 26 Gennaio 2016 alle 18:00

In Giappone i fiori di ciliegio sono cosa seria!

Ogni anno i provider di previsioni meteorologiche fanno a gara per cercare di indovinare, attraverso l’analisi delle temperature medie dell’inverno in corso, il giorno esatto in cui i fiori di ciliegio (sakura, 桜) sbocceranno nelle varie regioni del paese.

Da questo tipo di previsioni (sakurazensen, 桜前線) dipende una grande fetta dell’industria del turismo giapponese dal momento che le agenzie turistiche programmano i tour per ammirare i ciliegi in piena fioritura, e le città (grandi e piccole) organizzano i festival.

Anche i singoli giapponesi prestano attenzione a queste previsioni per fare hanami (花見), letteralmente “guardare i fiori”, ovvero riunirsi con colleghi, amici, o familiari per ammirare la bellezza dei fiori, contemplarne la caducità, e in pratica per…bere, mangiare, e divertirsi!

In primavera dopo che i fiori di ciliegio cadono a terra si formano subito sui rami nuovi germogli, che rimangono inattivi. Durante i freddi mesi invernali le gemme vengono esposte a temperature medie di 5° che facilitano il loro risveglio dallo stato dormiente.

Questo fenomeno è chiamato infatti “interruzione della dormienza”. Quando a febbraio le temperature iniziano a salire, i germogli iniziano a svilupparsi in fiori. Il freddo invernale seguito da un aumento della temperatura all’inizio della primavera crea le condizioni ottimali per la fioritura dei fiori.

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Per questo la maggior parte dei provider meteorologici (l’Agenzia Meteorologica Giapponese, la Japan Weather Association, e la Weathernews Inc.) aspettano di raccogliere ed analizzare i dati relativi alle temperature del mese di febbraio prima di rilasciare le loro previsioni. Una volta saputa la data di fioritura dei ciliegi, i giapponesi si apprestano ad organizzare il proprio hanami.

La pratica dell’hanami così come la conosciamo sembra nascere nel periodo Heian (794-1185), durante il quale la parola “hana” (花, fiore) cominciò ad essere associata sempre più al fiore di ciliegio, mentre prima il fiore per antonomasia era quello del pruno (ume, 梅).

A tale proposito si tramanda una storia commovente. All’interno del Palazzo Imperiale di Kyoto (l’antica capitale) vi erano due grandi alberi chiamati “Sakon no sakura” (左近の梅, il ciliegio di Sakon) e “Ukon no tachibana” (右近の橘, l’arancio di Ukon). Originariamente al posto dell’albero di ciliegio c’era piantato un pruno. Durante il regno dell’Imperatore Murakami (946-967) quest’albero venne distrutto da un incendio.

Un servo dell’Imperatore ordinò a sua figlia di donare il suo pruno preferito per rimpiazzare quello bruciato. Per esprimere il dispiacere nel dover dar via il suo albero preferito la ragazza scrisse una poesia che commosse a tal punto l’Imperatore Murakami che questi decise di restituire l’albero alla fanciulla e di sostituirlo nel cortile del Palazzo Imperiale con un albero di ciliegio.

Da qui in avanti il fiore del ciliegio sostituì come immagine di bellezza poetica il fiore del pruno, e quando si scriveva “hana” si aveva in mente il “sakura“.

Un prototipo dell’odierno hanami può essere però rintracciato in tempi antichi quando la fioritura dei fiori di ciliegio era importante in un mondo prevalentemente agricolo che si basava sulla cultura del riso.

Gli antichi giapponesi infatti quando vedevano che sulla montagna sbocciavano molti fiori di ciliegio credevano che il raccolto del riso sarebbe stato abbondante e pregavano affinché i fiori di ciliegio restassero a lungo sui rami.

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Durante i giorni di primavera dopo aver preparato da mangiare e da bere gli abitanti dei villaggi salivano sulla montagna e da sotto gli alberi di ciliegio in fiore pregavano i fiori contemplando il misticismo della fioritura, la caducità dei fiori, e la brevità della vita (sia dei fiori che del genere umano).

L’associazione tra fiori di ciliegio e piantine di riso sembra avere un’origine mitologica.

Nel primo libro della prima storia scritta del Giappone, il “Kojiki” (古事記, Vecchie Cose Scritte, 712), si fa riferimento ad una certa Ko no hana sakuya hime (木花之開耶姫, letteralmente “Principessa dell’albero in piena fioritura”) figlia del dio della montagna.

Quando giungeva la primavera il dio della montagna scendeva a valle verso i villaggi sotto forma di dio della risaia e Ko no hana sakuya hime per ordine del padre mutò aspetto diventando un albero di ciliegio e apparendo agli abitanti dei villaggi come lo spirito delle piantine di riso.

Per gli antichi lo stesso spirito dimorava dunque sia nei fiori di ciliegio che nelle piantine di riso, e questo spirito prese le sembianze di Ko no hana sakuya hime. Il dio della montagna aveva anche un’altra figlia, più grande e meno bella di Sakuya hime, Iwa naga hime (letteralmente “Principessa durevole come la roccia”) e la voleva dare in sposa al nobile Ninigi no Mikoto (瓊瓊杵尊, il nipote della dea del sole Amaterasu dalla cui stirpe discendono gli Imperatori giapponesi).

Ninigi preferì invece la bella figlia minore del dio della montagna, e per questo si dice che la vita del genere umano è breve e sfuggente come i fiori di ciliegio, come Ko no hana sakuya hime.

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Durante il periodo Heian la società aristocratica sembra che apprezzasse in modo particolare i sakura selvatici. Il monte Yoshino vicino a Nara allora come oggi era un famoso luogo per andare ad ammirare i ciliegi. Nella prima metà del IX secolo l’Imperatore Saga piantò dei sakura di Yoshino nel cortile del Palazzo Imperiale e organizzando dei banchetti gioviali sotto gli alberi piantati diede inizio alla pratica dell’hanami.

La contemplazione dei fiori di ciliegio mutò dunque da momento rituale e magico legato alla sopravvivenza a momento ricreativo.

L’hanami come pratica venne trasmessa anche alla nobiltà di spada e ai samurai del periodo Muromachi (1333 – 1573), e molto famosi sono rimasti nella storia gli hanami organizzati dal condottiero Toyotomi Hideyoshi a Yoshino e a Daigo (nei dintorni di Kyoto).

Si racconta che nella primavera del 1598 Hideyoshi organizzò a Daigo uno spettacolare hanami con 900 invitati, e tutt’oggi il tempio Daigoji per ricordare quell’evento, organizza durante la seconda domenica di aprile una parata sotto i ciliegi in fiore.

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L’hanami poi prese piede anche tra la gente comune a partire dal periodo Tokugawa (1600-1868). Il terzo shōgun Tokugawa, Iemitsu, fece piantare in quello che è l’odierno parco di Ueno a Tokyo alcuni alberi di ciliegio trasportati dal monte Yoshino, e il quarto shōgun, Ietsuna, fece piantare dei ciliegi lungo le sponde del fiume Sumida.

Famosi erano anche i ciliegi selvatici del monte Asuka e qui vi si recava la gente comune a fare hanami. Il sakura venne particolarmente amato dai samurai per via di una frase della famosa opera teatrale del XVIII sec. “Chūshingura” (忠臣蔵) che recitava “Hana wa sakuragi, hito wa bushi” (花は桜木人は武士), ovvero “tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il samurai”.

Il samurai, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo, ma come l’unica maniera onorevole di lasciare questo mondo, rifletté nel fiore di ciliegio questa sua filosofia.

In occasione della Restaurazione Meiji (1866-1869), che portò all’abolizione dello shogunato e alla restituzione dei poteri all’Imperatore, i fiori di ciliegio che erano a Tokyo vennero tutti tagliati e usati come legna da ardere per rompere l’associazione tra la primavera e lo spirito dei samurai.

Al posto dei ciliegi selvatici venne creata una nuova varietà, la somei-yoshino, un ibrido lodato allora perchè era sinonimo di scienza: riusciva a fiorire in qualsiasi tipo di terreno, fioriva in modo simultaneo (per questo è relativamente facile prevederne la fioritura a livello nazionale), possedeva un senso di bellezza uniforme perchè i fiori fiorivano sui rami prima dello spuntare delle foglie.

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I ciliegi somei-yoshino vennero piantati in tutto il paese, e i fiori di questa varietà vennero designati come simbolo del Giappone. Rispetto ai ciliegi selvatici, tuttavia, questa varietà di albero dà fiori senza profumo e vive di meno (70 o 80 anni rispetto ai 300 e a volte 500 anni di un ciliegio selvatico).

Ai giorni nostri i giapponesi continuano questa lunga tradizione di hanami. A volte si tratta solo di business turistici, a volte è solo un modo per divertirsi e distrarsi dalla quotidianità del lavoro, della scuola, e della vita in genere.

Ciò che è certo è che in pochi fanno hanami per contemplare i fiori e la caducità della vita umana, tanto è vero che un’espressione che definisce al meglio il contemporaneo atteggiamento di chi mangia, canta, e beve sotto i ciliegi in fiori recita: “Hana yori dango”, ovvero “più i dolci che i fiori“, nel senso che la natura umana è ciò che è, e la gente sembra mostrare un maggiore interesse per il cibo (ciò che è materiale) piuttosto che per i fiori (l’estetica)!

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