Suicide Island vol. 1, la recensione dell’intenso seinen di Kouji Mori

Pubblicato il 13 Luglio 2015 alle 15:27

Per la linea Goen, dall’autore di Holyland, una nuova coinvolgente opera seinen

“Se non puoi morire allora non ti resta che vivere.”

Un’ escalation di tentativi di suicidio ha iniziato a incidere pesantemente sulle casse dello Stato giapponese, il governo ha così deciso di confinare i recidivi su di un’isola, scegliendo in questo modo di rispettare il libero arbitrio di ognuno. Una mattina Sei si risveglia in una stanza di ospedale dopo un tentativo di suicidio fallito; al giovane viene chiesto di firmare un modulo dopo aver dichiarato il suo desiderio di morire.

Sei si addormentata e quando si risveglia si ritrova su un’isola, insieme a un altro gruppo di persone come lui tutte in preda alla confusione. Il gruppo stordito trova subito un grande cartellone nel quale è tracciato a grandi linee il loro nuovo status; il governo giapponese li considera morti a tutti gli effetti e qualsiasi tentativo di tornare sarà visto come una violazione delle acque territoriali. Il Giappone in questo modo ha tutelato il diritto alla vita di queste persone e il governo le ha confinate sull’isola perché si assumano le proprie responsabilità.

Gli equilibri del gruppo si stabiliscono quasi subito: mentre gli aspiranti suicidi più incalliti si tolgono la vita immediatamente, emergono tra le altre, le personalità di Ryo, che diventa il leader di questo drappello di infelici, e di Kai, una sorta di braccio destro del leader. Quello che sembra l’ultimo viaggio per il gruppo di aspiranti suicidi, si trasforma ben presto nell’inizio di un’avventura votata alla sopravvivenza.

Sei, un giorno dopo l’altro si scoprirà cambiato, accantonando l’idea fissa della morte sostituendola con la speranza di avere un domani. Se alcuni personaggi di contorno, dopo aver dato sfogo agli istinti più bassi, finiranno lo stesso col suicidarsi, i protagonisti principali, dopo aver superato la scioccante constatazione di non desiderare più la morte, cominceranno un percorso di riabilitazione alla vita individuale e collettivo che li porterà a capire che se non si può morire allora non rimane far altro che vivere.

Il titolo stesso di Suicide Island ci introduce a quella che è un’opera matura a tutti gli effetti: dalla trama, ai personaggi intensi, fino a uno scenario molto complesso.

La storia ruota attorno a un gruppo di persone apparentemente normali accomunate dall’aver tentato il suicidio più di una volta. L’autore Kouji immagina un Giappone oberato dai costi sostenuti per riabilitare gli aspiranti suicidi che si trova costretto a raggrupparli, e carte firmate alla mano, abbandonarli su un’isola. Un’isola sulla quale la maggior parte di coloro che aveva già rinunciato alla vita, per ironia della sorte, comincerà a lottare per sopravvivere.

Un seinen notevole sia per il realismo con cui viene trattata la situazione sia per l’ottima caratterizzazione dei protagonisti. La storia, pur basandosi su trame viste e riviste di naufragi e lotte per la sopravvivenza in mezzo alla natura selvaggia, si discosta e si eleva nei toni con cui il tutto è raccontato, grazie a scene molto violente e crude e all’eccezionale tragicità con cui sono rese le azioni e i volti dei protagonisti.

L’arte non è di certo irresistibile, eppure ritrarre con fattezze bishounen un gruppo di gente che più volte ha tentato di mettere fine alla propria esistenza sarebbe stato quantomeno inverosimile. Attraverso i visi scavati dalla paura e dalla voglia di morire, Kouji Mori riesce a far arrivare al lettore l’orribile condizione in cui versano le anime dei suoi personaggi che solo di fronte alla constatazione che la vita non è poi così scontata, prendono coscienza di come il vero atto di coraggio sia vivere e non morire, iniziando a inseguire la vita con le poche forze rimaste.

Sei, è un protagonista anomalo, sempre in ombra, funge come una sorta di io narrante, per cui la sua metamorfosi personale fa da trait d’union con il messaggio generale dell’opera.

Un volume davvero interessante per gli appassionati del genere psicologico. Una lettura molto fresca per chi,  un po’ stanco dei manga d’azione, avrà voglia di una storia che suscita empatia con i personaggi e che pone di fronte all’affascinante mistero della bellezza della vita e della morte.

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