Recensioni Fumetti

Recensione: Il Canemucco n. 3

Stefano Dell'Unto 24/01/2011

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Autori: Makkox
Casa editrice
: Coniglio Editore
Provenienza
: Italia
Prezzo
: € 4,50


Perline. Storie sparse unite in una collanina da un filo comune, attraversate da un ago che ha per punta la conica testa calva di don Mimì, soprannome di Domenico Barbarossa, che la barba rossa ce l’ha davvero. É lui il protagonista delle vicende narrate da Makkox, nome d’arte di Marco Dambrosio, all’interno della sua rivista, Il canemucco, che ospita a cadenza mensile racconti di narrativa disegnata e letteraria.

Se i primi due numeri si aprivano con una storia di don Mimì per lasciare poi spazio alle opere di altri autori, le cento pagine del terzo albo sono invece interamente firmate dal quarantacinquenne fumettista di Gaeta che si conferma artista eclettico e fuori dagli schemi oltre che profondo conoscitore della natura umana. Più che costruire un microcosmo, l’autore sembra catturarlo nelle pagine tanto risulta autentico. Così vivo e concreto che pare sfuggire a qualsiasi restrizione. Makkox non costruisce la tavola in modo convenzionale, non la divide in vignette ma conferisce una piacevole scorrevolezza alla lettura trascinando lo sguardo come farebbe una pellicola cinematografica.

E, dentro le pagine, i personaggi vivono davvero. Difficile, impossibile considerarli esseri di carta, intagliati da più sfaccettature caratteriali ed emotive che da tratti di matita. Tirapiedi del viscido camorrista Tony Capatonda in un caratteristico paesello del litorale campano, don Mimì dovrebbe risultarci antipatico ma riesce ad accattivarsi il lettore fin dalle prime battute. Gli occhiali da sole perennemente sul volto sembrano testimoniare una visione distaccata del mondo. Nascondono invece gli occhi di un uomo che sa esserlo nonostante tutto, forte di una filosofia cinica, di una poesia malinconica e disincantata tradotta in una prosa spicciola attraversata da un umorismo tagliente. Sa amare e sa perdere l’amore, Mimì, nella figura dell’infelice prostituta Michela che, guarda un po’, ha i capelli rossi come quelli che aveva lui in un’altra epoca, quando si confondevano col sangue di una guerra ingiusta, come lo sono tutte. Mimì ci accompagna passo passo ad unire perline differenti, ad incontrare esponenti di varia umanità che, attraverso dialettica, gesti e rituali che sono espressione sentita della più genuina cultura partenopea, ci rendono partecipi di un orrore fin troppo familiare al quotidiano sociale in cui e di cui siamo intessuti.

Ma da una perlina all’altra può cambiare anche il genere ed il linguaggio trasportandoci all’improvviso in una base militare NATO a discutere di armi segrete e mafia russa come nella più tipica delle spy story. “Storie colorate”, vengono definite queste differenti perline nel prologo e, nel corso del racconto, il tono e l’atmosfera vengono dettati da una varietà di effetti cromatici che, di volta in volta, abbracciano o aggrediscono lo stato d’animo del lettore. Makkox consegna al fumetto italiano un capolavoro che non prorompe con violenza come un improvviso pugno allo stomaco. Si tratta invece della profonda, lentissima incisione di un bisturi impugnato da una mano sadica. E, senza anestesia, l’ago Mimì guida il suo filo a suturare la ferita. Ma la cicatrice rimane. Indelebile.


Voto: 9,5

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