Il Ragazzo Che Diventerà Re di Joe Cornish | Recensione

Pubblicato il 11 Aprile 2019 alle 20:00

Il nuovo film di Joe Cornish arriverà nei cinema italiani dal prossimo 18 aprile.

Dopo l’esordio con l’instant-cult Attack The Block e i crediti da sceneggiatore per i bellissimi Le Avventure di Tintin – Il Segreto dell’Unicorno di Steven Spielberg e Ant-Man di Peyton Reed, il cineasta britannico Joe Cornish torna con una seconda prova nel lungo che più britannica non si può, Il Ragazzo Che Diventerà Re: a due settimane dall’arrivo di Shazam!  di David F. Sandberg ecco quindi un altro prodotto pensato generalmente per un pubblico di giovani e giovanissimi, che nel tentativo di ricercare continuamente le atmosfere e lo stupore di quel realismo magico tipicamente legato all’infanzia riesce  ad allestire uno spettacolo soddisfacente, per lo meno per i vostri figli.

Mescolando le leggende del ciclo arturiano della Materia di Britannia all’origin story più classica dei cinecomic moderni, Cornish realizza una favola per bambini contemporanea la cui unica pretesa è quella di divertire il pubblico di riferimento,  anagraficamente inferiore rispetto a quello del film DC con Zachary Levy e soprattutto geograficamente (e quindi per forza di cose culturalmente) diversissimo: è la sua natura volutamente infantile, alla continua ricerca della rievocazione di quell’età, di quel pensiero ottimista, di quella forza interiore ma anche di quei timori, a fare la forza di un film meno riuscito rispetto all’opera di esordio, meno compatto e molto più imperfetto, ma di certo altrettanto interessante nell’ottica di una filmografia che, per quanto ancora acerba, inizia ad assumere tratti autoriali ben definiti.

Il Ragazzo Che Diventerà Re racconta la storia del giovane Alex (Louis Ashbourne Serkis, figlio di Andy Serkis), uno studente inglese di 12 anni che trova, in un cantiere abbandonato della sua cittadina, la mitologica spada di Excalibur. Le situazioni e le svolte del libro lasciatogli da suo padre e che lui ha letto e riletto centinaia di volte nel corso della sua vita, da quel momento sembrano prendere vita nel suo mondo: i problemi della quotidianità diventano improvvisamente insignificanti, dato che l’essersi dimostrato degno di impugnare la più potente spada della storia dell’uomo adesso fa di lui l’unico e vero erede del Regno di Artù, e quindi il nuovo re della Bretagna.

Ma con gli onori arrivano anche gli oneri, e subito Merlino (interpretato da Angus Imrie nella sua versione giovane e da Sir Patrick Stewart nella sua versione anziana) gli affiderà un’epica missione: sconfiggere, insieme ai suoi amici, la terribile maga Morgana (Rebecca Ferguson), decisa a distruggere il mondo.

Per iconografia e messa in scena Cornish non fa che rifarsi inevitabilmente ad Excalibur, il capolavoro fantasy del 1981 di John Boorman, con innesti scenici e visivi tratti qua e là da Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. Il voler ripercorrere quasi pedissequamente la sceneggiatura dell’opera degli anni ’80 però infiacchisce il ritmo, con 120 minuti che a volte sembrano annacquati, con alcuni alti notevoli ma anche tanti bassi: Cornish non sempre gestisce al meglio le sequenze più frenetiche, spesso e volentieri assemblate da confusionari stacchi al montaggio (segno inequivocabile di poca dimestichezza sul set), con una CGI che mostra tutti i limiti imposti dai $59 milioni di budget di produzione.

Ma chiunque abbia dai dodici anni in giù (e anche chi è in grado di riconnettersi a quell’età, a quella visione del mondo, a quella voglia di magia) rischierà di uscire dalla sala con la voglia di impugnare una spada e andarsene in giro a giocare a Re Artù e I Cavalieri della Tavola Rotonda del Ventunesimo Secolo.

 

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