Boy Erased – Vite Cancellate di Joel Edgerton | Recensione

Pubblicato il 17 Marzo 2019 alle 20:00

Arriva in Italia Boy Erased – Vite Cancellate, nuovo film scritto e diretto da Joel Edgerton.

Per il Joel Edgerton regista/sceneggiatore è un leggero passo indietro questo Boy Erased – Vite Cancellate rispetto al film d’esordio, il buonissimo thriller Regali Da Uno Sconosciuto, arrivato nel 2015 dopo le prove generali come sceneggiatore di The Square del fratello Nash, di Felony di Matthew Saville e soprattutto quella del bellissimo The Rover di David Michod: è un passo indietro perché, laddove il suo primo lungo centrava in pieno il proprio obiettivo, quello cioè di risultare serrato e incalzante nel montare la suspance, questo Boy Erased prova a fare lo stesso sul piano del dramma, mancando però nel momento culminante, quello più importante, quando i personaggi dei quali abbiamo seguito le vicende per tutto il film arrivano al punto che il film ha preparato, cioè quello del confronto.

Proprio lì, nell’atto finale, tutto sembra affrettato e improvviso, quasi che debba accadere per far finire il film nel minutaggio previsto e non come conseguenza alle azioni dei personaggi, il cui processo evolutivo, fino ad allora sviluppato egregiamente, raggiunge il proprio completamento con uno schiocco di dita: è un passaggio velocissimo, quasi da trigger videoludico, che stona del tutto con le atmosfere riflessive volute dal resto della narrazione.

Boy Erased – Vite cancellate racconta la vera storia della crescita, della presa di coscienza e della dichiarazione della propria omosessualità di Jared Eamons (Lucas Hedges), figlio di un pastore battista di una piccola città dell’America rurale: compiuti i 19 anni il ragazzo decide di aprirsi con i suoi propri genitori, Nancy e Marshall (rispettivamente Nicole Kidman e Russell Crowe), rivelando il proprio orientamento sessuale. Ma temendo di perdere l’affetto della famiglia (soprattutto del padre), gli amici e la chiesa cui appartiene, Jared accetta di partecipare ad un programma di terapia di conversione.

E’ proprio qui però, forse anche grazie ai numerosi conflitti con il suo terapeuta Victor Skyes (Edgerton), che il ragazzo inizierà un viaggio introspettivo alla ricerca della propria voce, che lo condurrà all’accettazione del suo vero io.

Questa versione al maschile del recente (e ridicolmente perbenista) La Diseducazione di Cameron Post di Desiree Akhavan riesce a distinguersi per l’intelligenza con cui affronta il tema della “conversione sessuale”, associata a quella spirituale: il protagonista, che inizialmente si vergogna dei suoi comportamenti e li teme (perché sa che, presto o tardi, lo porteranno inevitabilmente allo scontro con l’irreprensibile ma stimatissimo padre, che lui adora e dal quale non vuole separarsi), intraprenderà un doppio percorso di evoluzione, con la scoperta/avvicinamento alla propria natura che avanza nella direzione opposta rispetto a quello di allontanamento/ripudio della morale battista della sua comunità, che bandisce gli omosessuali e all’interno della quale per lui, evidentemente, non c’è più posto.

Un Hedges quasi ai livelli del capolavoro Manchester by the Sea accompagna lo spettatore lungo questa trasformazione, che Edgerton mette in scena con una regia classica, totalmente invisibile e assolutamente devota al racconto. E’ semmai il rapporto con i genitori, fondamentale per la risoluzione del film, ad essere quasi del tutto tralasciato: a scapito di due ottime interpretazioni, i personaggi della Kidman e di Crowe vengono quasi del tutto tralasciati, con la prima che completa il processo di trasformazione/accettazione grazie ad una semplice telefonata e il secondo, forse addirittura il più interessante del nucleo familiare, rilegato ad un confronto finale di pochi minuti che lascia solo intravedere le sue vere potenzialità.

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