I Giorni Che Scompaiono di Timothé Le Boucher | Recensione

Pubblicato il 7 Febbraio 2019 alle 17:00

Bao Publishing porta in Italia una delle migliori opere di un giovane talento francese

Lubin Maréchal ha una vita più o meno normale: è commesso di un supermercato di giorno e acrobata in una piccola compagnia teatrale la sera. Ma un giorno si rende conto di svegliarsi solamente un giorno ogni due. Solo poco a poco il giovane capisce che un’altra personalità sta vivendo metà della sua vita, metà del suo tempo. Così cerca di comunicare con l’altro Lubin, di trovare un equilibrio, finché non inizia a svegliarsi ogni tre giorni, ogni quattro, una volta a settimana… mentre l’altro costruisce una vita di successo.

L’autore racconta la storia dal punto di vista soltanto del Lubin “artista”, trascurando quello che fa la sua controparte “di successo” (che anzi viene contrapposta al nostro dall’uso del colore giallo); questo consente al lettore di vivere la scoperta insieme al Lubin che ha conosciuto fin dall’inizio, riuscendo a immedesimarsi meglio nella sua vita e nel suo modo di vedere le cose; tuttavia successivamente, verso il finale, sarà proprio una rivelazione di un personaggio a modificare la percezione finora avuta, consentendo di non considerare più il nuovo Lubin un intruso in tutto e per tutto.

Il ritmo della storia parte molto lento, come del resto è il carattere di Lubin, un ragazzo indolente, che spreca molto del tempo che la vita gli concede; e questo lo si vede bene nei video che le due anime contrapposte si scambiano all’inizio della storia: Lubin è spesso ancora a letto, mentre la sua controparte di successo cambia sempre abbigliamento e massimizza le possibilità che la vita le offre.

Questo inizio lento consente a Le Boucher anche di mostrare con calma le conseguenze dell’insorgere di questa doppia personalità nella vita di tutti i giorni, in relazione alla vita sociale, lavorativa, amorosa, causando alcune volte momenti di vera ironia quando le personalità si svegliano alla mattina trovandosi a fianco la compagna dell’altra. Nonostante alcuni momenti divertenti, il senso di angoscia che prende il lettore nel leggere quanto accade a Lubin è reale e sono pochi i fumettisti (soprattutto se così giovani) che riescono a trasmettere una tale sensazione così realistica al lettore attraverso delle pagine disegnate.

L’aumento della velocità della storia man mano che aumentano le pagine la si vede bene rappresentata dalla struttura stessa di queste, che all’inizio presentano poche vignette, ma che con l’avanzare della storia ne presentano sempre di più: da un lato così si sottolinea l’avanzare del tempo, ma dall’altro anche la volontà di Lubin di poter sfruttare al massimo il poco tempo che ha a disposizione per stare con la sua famiglia ed i suoi amici. Il tratto invece è vicino al manga, con linee sottili e curate, che dimostrano una grande cura e attenzione nello studio dell’anatomia, soprattutto visibile nel passare del tempo e nella modificazione dei corpi.

Non può non pensarsi però che questa storia, che tratta di antitesi tra corpo e mente, abbia anche una vena biografica, nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un artista, che guadagna poco e investe molto del suo tempo nell’allenamento, in contrapposizione ad un ragazzo in carriera, inserito in un contesto sociale magari ordinario, ma solido, che gli garatisce alcune certezze che la vita dell’artista, così aleatoria soprattutto all’inizio, non riesce a dare, pur richiedendo una totale dedizione. Probabilmente nella storia che stiamo leggendo Timothé Le Boucher ha voluto riflettere anche una scelta che lui stesso ha dovuto fare finiti gli studi.

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