Mia e il Leone Bianco di Gilles de Maistre | Recensione

Pubblicato il 16 Gennaio 2019 alle 18:30

Arriva in Italia Mia e il Leone Bianco, favola ambientalista diretta da Gilles de Maistre.

C’è un’idea davvero incredibile alla base di Mia e Il Leone Bianco di Gilles de Maistre, che non è solo quella alla Richard Linklater, e cioè di filmare i segni del passaggio del tempo sui corpi degli attori, ma anche quella di fissare nel medium cinema lo sviluppo della relazione d’amicizia fra la giovane Daniah De Villiers (che interpreta la protagonista Mia Owen) e il leone Thor (che nel film si chiama Charlie), un raro esemplare albino.

Durata oltre tre anni, la produzione del film ha seguito passo passo la crescita sia della De Villiers (e ovviamente degli altri attori coinvolti, come la Mélanie Laurent di Bastardi Senza Gloria), ma anche il rapporto fra la ragazza e il leone, che insieme hanno iniziato le riprese del film da cuccioli e insieme le hanno completate da adolescenti (o il corrispettivo adolescente per un leone). Come la trilogia dell’amore di Before Sunrise, Before Sunset e Before Midnight con Ethan Hawke e Julie Delphy, o come il più recente Boyhood (anche più calzante, in questo caso, dato che si segue la crescita di una bimba), Mia e il Leone Bianco si impone un realismo documentaristico inedito e super ambizioso, che ironicamente ne designa anche la capitolazione, evidenziandone tutti i limiti del caso.

Da Londra, la piccola Mia va a vivere con la sua famiglia in Sudafrica, dove i genitori (Mélanie Laurent è Alice, Langley Kirkwood è John Owen) hanno preso in gestione un allevamento di felini. Quell’ambiente sta particolarmente stretto alla piccola Mia, che già a dieci anni di età desidererebbe andarsene, ma un giorno stringe amicizia con Charlie, un cucciolo di leone bianco.

Passano gli anni e il felino cresce in uno splendido esemplare adulto, che date le sue dimensioni e la sua imprevedibilità dovuta al suo istinto selvatico, causa non poche preoccupazioni ai genitori di Charlie. John decide quindi di venderlo al miglior offerente, che però si rivela essere un gruppo di spietati bracconieri. Mia, che ovviamente non ne vuole sapere, fugge dalla fattoria insieme a Charlie: il suo obiettivo è quello di condurlo fino alla riserva naturale di Timbavati, nei pressi del Parco Nazionale Kruger, così da garantirgli la totale protezione.

Il monumentale impianto filmico su cui il film si poggia, purtroppo, viene spazzato via da una resa scenica totalmente inconcludente, basata su personaggi macchiettistici che si scontrano irrimediabilmente con il senso di reale che la crescita dei due protagonisti vorrebbe comunicare: quando parlano, quando si muovono, quando reagiscono, quelli davanti a noi sono sempre e comunque dei personaggi e mai delle persone, e il cinema verità viene annacquato dalle atmosfere favolistiche del cinema per ragazzi, del quale esistono da sempre esempi grandiosi ma che qui non è altro che un’accozzaglia di banalità mielose.

Sarà ovviamente la ragazzina ad insegnare la propria morale giusta e inscalfibile ai genitori, totalmente ebeti, e il malvagio da fumetto vedrà i suoi piani fallire. Così preso dall’idea di raccontarci la vita reale, insomma, De Maistre se ne scorda completamente strada facendo e realizza un film che più irreale non si può.

Eppure l’interazione fra attrice e leone risulta comunque affascinante, ed è sicuramente la cosa più riuscita dell’opera.

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