Vincent e Van Gogh di Gradimir Smudja | Recensione

Pubblicato il 18 Dicembre 2018 alle 17:00

Nuova originale opera dedicata al celebre pittore olandese, tra narrazione fiabesca e riflessione sulla personalità e creazione artistica.

La figura di Vincent Van Gogh ispira da sempre la narrazione in quanto complessa, indefinita e altamente miticizzata. Non è strano dunque vedere un fumetto basato su Vincent Van Gogh e sulla sua tormentata vita ma, quello che sorprende, è scoprire che in realtà tutto il suo talento risiedeva in un piccolo gatto trovato in strada.

Con fantasia, uno sdoppiamento ironico e un profondo collegamento con l’intimo della creazione artistica, Gradimir Smudja propone al lettore un opera divertente d’intrattenimento, capace però di suscitare, se analizzata a fondo superando il primo piano di lettura, interessanti spunti sul mondo dell’arte e la figura dell’artista.

  • UN GATTO PER AMICO

Il genio di Van Gogh e la sua personalità da artista “maledetto” sono note a tutti, o per lo meno a chi abbia un minimo di nozioni di storia dell’arte o, semplicemente, un orecchio attento a carpire informazioni di cultura generale, ma che le sue opere fossero in realtà realizzate da due zampe feline beh…è un dettaglio totalmente inedito!

I protagonisti del fumetto, come suggerisce il titolo, sono dunque due: Vincent, un talentuoso quanto scapestrato gatto salvato dalla strada e, appunto, il signor Van Gogh, alle prese con la sua vita piena di delusioni e la ricerca di uno stile artistico che non riesce a trovare. Nel corso delle pagine il duo, nonostante le differenze caratteriali e di temperamento che li separano (Van Gogh più mite e cauto, Vincent dedito all’avventura e alla sregolatezza) impareranno ad amarsi e supportarsi a vicenda durante la vita e anche dopo, col frutto più concreto di questo sodalizio rappresentato dalla grande quantità di quadri realizzati.

  • PROIEZIONI DI SE’

Tramite Vincent e Van Gogh, Smudja porta in vita davanti al lettore le due componenti “spirituali” dell’artista: quella umana, condizionata dai fallimenti, dalle regole sociali e dal pudore e quella artistica, libera da ogni gabbia e fatta solamente di pura energia.

Vincent è l’ispirazione artistica del pittore olandese, il suo collegamento col fluire eterno dell’arte, mentre Van Gogh risulta essere la sua più intima umanità, capace di soffrire sia fisicamente (come rappresenta la perdita dell’orecchio) sia a livello mentale e sentimentale, col suicidio come culmine di questo calvario. Anello di congiunzioni tra le due figure è, oltre ovviamente al quadro (unione concreta dell’ispirazione artistica e del gesto umano-materiale) il personaggio introdotto nella seconda parte della narrazione, Luna (che rimanda ovviamente alla più celebre delle opere vangoghiane, capace di esprime tutta la tensione tra materia e spirito, tra reale e divino in un contesto d’inquietudine) rappresentante lo “spettatore” dell’opera, colui il quale, se ben disposto, riesce a cogliere lo spirito artistico del creatore e al tempo stesso la più intima umanità di esso.

Tutto il fumetto, anche grazie a un disegno stilisticamente e cromaticamente evocante le opere del pittore (di cui viene riproposto, anche grazie alla narrazione, pienamente il tono) più che una semplice rivisitazione in chiave fantastica della biografia di Vincent Van Gogh, vuole essere un omaggio all’arte a tutto tondo e al mistico legame che essa crea col pubblico, enfatizzandolo attraverso l’uso di una figura così geniale e travagliata come il pittore di Zundert.

 

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