Escape Plan 2 – Ritorno all’Inferno di Steven C. Miller | Recensione in anteprima

Pubblicato il 20 Agosto 2018 alle 20:00

Il film arriverà nelle sale italiane a partire dal 22 agosto.

Se state cercando un film idiota, becero, raffazzonato e messo in piedi mentre i suoi protagonisti erano impegnati in altre produzioni ben più importanti ma che soprattutto riesca ad essere così irrimediabilmente brutto da risultare divertente dall’inizio alla fine, quel film è Escape Plan 2 – Ritorno all’Inferno.

Quella mattacchione spensierato di Stephen C. Miller, regista di tutta una serie di super-b-movie tanto brutti quanto simpatici come Automaton Transfusion, Silent Night ed Extraction, con Bruce Willis, si lascia convincere dall’inarrestabile Sylvester Stallone a salire a bordo del franchise di Escape Plane, iniziato nel 2013 Escape Plane – Fuga dall’Inferno, per la regia di Mikael Håfström. Lì Sly era affiancato dall’altra icona del cinema action anni ’80, Arnold Schwarzenegger, col quale l’anno prima aveva collaborato ne I Mercenari 2.

E proprio mentre è impegnato su tantissimi altri fronti (Creed 2, Rambo 5, I Mercenari 4) il grande Rocky torna al prison movie coatto e splendidamente nonsense, riproponendo 50 Cent nel ruolo del fedele aiutate Hush, affidando a Jaime King il ruolo di Abigail che nel primo film fu di Amy Ryan, e soprattutto reclutando Dave Bautista nel ruolo di Trent DeRosa, l’immancabile amico di vecchia data di cui chiaramente nessuno ha mai sentito parlare nel film precedente.

Anni dopo essere riuscito a trovare la via di fuga dal carcere di massima sicurezza soprannominato “La Tomba”, Ray Breslin è alla guida di una nuova squadra di esperti di sicurezza di alto livello. Quando Shu, maestro di wing chun e membro della squadra, viene rapito e imprigionato all’interno di una labirintica prigione computerizzata dove gli uomini devono lottare come animali per sopravvivere, Breslin è costretto ad intervenire per salvare il suo amico.

Avendo perfettamente chiaro in mente che tipo di prodotto ci si aspetta da lui, Miller tira fuori un action artificiale come pochi, dove la violenza e le esplosioni in CGI lanciano il guanto di sfida agli squali di Sharknado.

È evidente fin dalla prima, lunghissima scena introduttiva che l’idea di cinema di Miller è tanto particolare quanto lontana anni luce da quella del resto del mondo, e Miles Chapman (già autore della sceneggiatura del primo film) lo segue a ruota, mescolando l’enfasi da melodramma ad elementi sci-fi (ci sono supercomputer e luci al neon e combattimenti in gabbia), il tutto mentre Stallone e Bautista si giostrano il campo lasciando parecchio spazio ad un’intera squadra di nuovi eroi action in erba; in vista del terzo capitolo della saga, largamente anticipato nel finale e giù confermato nonostante il disastro economico di questo secondo episodio (che ha incassato solo $14 a fronte di un budget di $20), avremo un superteam di … non ho ancora ben capito quale sia il loro lavoro, ma di certo in Escape Plan 3 saranno in tanti a farlo.

Regia, sceneggiatura e cast si muovono con l’autopilota, e quindi tutto il film prosegue da a verso b senza alcuno sforzo, inconveniente né soprattutto alcuna ambizione. Escape Plan ha così ben in mente ciò che deve essere che lo mostra al mondo con una fierezza tanto pacchiana quanto spassosa. Addirittura nel finale Stallone conierà una mossa da combattimento corpo a corpo da una celebre posa cristologica, e quando un tipo di prodotto come questo si inventa una cosa simile, c’è solo da togliersi il cappello.

Il voto farà bene alla fama del franchise, fiera della sua anima da serie z.

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