Batman: Gotham by Gaslight – Recensione

Pubblicato il 24 Febbraio 2018 alle 10:05

Gotham City, epoca vittoriana. La città è sconvolta dalle imprese sanguinarie del misterioso Jack lo Squartatore, un serial killer di prostitute, e la polizia guidata dal commissario Gordon brancola nel buio. Il facoltoso Bruce Wayne cerca di proteggere la città nei panni dell’oscuro vigilante Batman ma in molti pensano che lui e Jack lo Squartatore siano la stessa persona. La coraggiosa attrice Selina Kyle lo aiuterà a dare la caccia al verso assassino.

Non fosse per i disegni di Mike Mignola, Gotham by Gaslight sarebbe una delle graphic novel, in generale, e uno degli elseworld, nello specifico, più irrilevanti di sempre. La storia di Brian Augustyn, che ipotizza un Cavaliere Oscuro in salsa steampunk, è noiosa, verbosa, quasi completamente priva di action e, dopo cinque pagine, la vera identità di Jack lo Squartatore risulterebbe evidente anche ad un bonobo lobotomizzato. Ma la storia s’intitola “Gotham alle luci a gas” ed è anzitutto l’atmosfera a dover essere protagonista, la suggestione di un Cavaliere Oscuro estensione della crasi tra Gotham e la Londra fine diciannovesimo secolo. Quando si tratta di mettere in scena ambientazioni gotiche, scorci macabri e strade nebbiose popolate da terrificanti creature della notte, il papà di Hellboy è sempre una garanzia e riuscirebbe a nobilitare col suo stile anche un opuscolo odontoiatrico.

La trasposizione animata, nuovo titolo della collana direct-to-video DC Universe, ha quindi di fronte due problemi. Deve sopperire allo stile di Mignola e rimaneggiare una storia con le gambe deboli e il fiato corto. Ne risulta uno dei peggiori adattamenti della serie ed è piuttosto chiaro il tentativo di dare il via ad una saga elseworld che mostra il fianco fin da questo primo episodio.

Il dipartimento artistico cerca di scimmiottare il design di Mignola, come già fatto con Mazzucchelli per Batman: Year One, con Miller per The Dark Knight Returns o Bolland per The Killing Joke, ma è evidente che lo stile alla base sia sempre lo stesso e finisce per omologare tutti i titoli della collana. C’è tutto quello che deve esserci per quanto riguarda la ricostruzione d’epoca eppure la luna piena sfumata dalla foschia e le luci lugubri dei lampioni non riescono a sortire l’effetto voluto. Non si avverte un autentico fervore artistico, è tutto freddo, distaccato, poco coinvolgente, gravato da elementi digitali che stonano col contesto. La studiata costruzione dell’inquadratura del fumetto originale lascia il posto a sequenze tutt’altro che memorabili. Non aiuta il fatto che i film della serie siano ormai affidati sempre agli stessi due registi, Sam Liu, colpevole di questo adattamento, e Jay Oliva. Manca, per intenderci, un approccio grafico originale, innovativo, anche controverso, com’è, ad esempio, il Devilman Netflix.

Rispetto al fumetto, l’identità di Jack lo Squartatore viene cambiata e vengono gettati nella mischia molti più personaggi della Bat-family. Dick, Jason e Tim, i primi tre Robin, sono orfanelli e ladruncoli di strada. Selina Kyle è un’attrice bad-girl alleata di Batman. Harvey Dent è l’ambiguo procuratore distrettuale, rivale sentimentale di Bruce Wayne. Eppure non vediamo il Ragazzo Meraviglia, né Catwoman, né Due Facce, evidentemente rimandati all’eventuale sequel.

Il divieto ai minori è ingiustificato. La scena di sesso tra Bruce e Selina è appena accennata, come quella con Talia ne Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno che non era nemmeno PG-13. Anche sul piano della violenza, non si sfocia mai nell’exploitation e i momenti più cruenti sono sempre fuori campo. Il combattimento sul dirigibile è tratto da Il padrone del futuro, trascurabile sequel della graphic novel, sempre scritto da Augustyn per i disegni di Eduardo Barreto.

A questo punto bisognerebbe suggerire di lasciar perdere il film e andare a leggere il fumetto o a riscoprire le storie brevi di Batman disegnate da Mignola ma sarebbe una banalità. La collana di lungometraggi animati era partita come un’opportunità per scoprire diverse interpretazioni dei personaggi DC Comics, si pensi ad uno dei primi titoli, Batman: Il Cavaliere di Gotham (2008), suddiviso in sei episodi, ciascuno col proprio stile distintivo da studi d’animazione giapponesi. Strada facendo, invece, tutto si è appiattito in uno stucchevole manierismo traspositivo perdendo per strada parecchie occasioni.

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