Angoscia di Sonny Mallhi | Recensione

Pubblicato il 4 Agosto 2017 alle 20:00

Con Angoscia, il regista di Chicago realizza un horror estremamente umano e caldo aggirando i cliché tipici del genere.

Le possessioni demoniache, i fantasmi e le malattie mentali non sono che oscuri dettagli che accrescono la potenza dell’atmosfera nell’elegante affresco dipinto dallo sceneggiatore e regista Sonny Mallhi, all’esordio alla regia dopo tanti anni di esperienza come produttore (nel cinema horror, neanche a dirlo). L’obiettivo di Mallhi sembra chiarissimo: evitare i cliché di un genere che conosce alla perfezione tanto nei tempi quanto nella forma, raccontando una storia estremamente umana sul rapporto conflittuale fra madri e figlie.

La problematica Tess (Ryan Simpkins) e sua madre Jessica (Annika Marks), abbandonate dall’uomo di casa (che di mestiere fa il soldato, ed è dispiegato dall’altra parte del mondo) si trasferiscono in una nuova città, nella speranza che cambiare aria possa aiutare la giovane, da anni vittima di depressione e attacchi di ansia.

Quando assiste alla morte di una donna, Lucy (Amberley Gridley), le turbe psicologiche di Tess si fanno più drammatiche e la ragazza inizia a percepire il fantasma della defunta. Insieme alla propria madre e alla madre di Lucy, Sarah (Karina Logue), le tre donne dovranno trovare un modo per permettere allo spirito di Lucy di andare avanti e lasciare libera Tess.

E’ un film estremamente delicato su una delle fasi più delicate della vita di una ragazza, la fase adolescenziale, quella stessa età che veniva messa sotto la lente di ingrandimento della psicanalisi nel capolavoro di David Robert Mitchell, It Follows.  Proprio come It Follows, anche Angoscia è un film di quartieri silenziosi, di cortili, di skateboard, di musica folk, di passeggiate nei boschi, di sentimenti e di paure (più interiori che esteriori, più incorporee che concrete).

Ma mentre il primo si concentrava sul risveglio sessuale e sul senso di persecuzione (due elementi vitali nei vari sottogeneri del teen movie, in tutte le sue diverse declinazioni) , qui quello che davvero interessa a Mallhi è esaminare la relazione interpersonale per eccellenza: quella fra una madre e sua figlia. Se in It Follows i genitori erano figure assenti e i protagonisti restavano abbandonati a se stessi in questa Detroit rurale decadente e grigia-blu, in Angoscia i genitori diventano l’unico legame con la vita, un filo conduttore che tiene insieme la realtà terrena a quella dell’aldilà.

La fotografia bluastra del dop Amanda Tyrez travalica il mero senso estetico, divenendo una vera e propria finestra sul carattere dell’introversa protagonista (splendida una delle immagini iniziali, che vede Tess seduta sulla sponda di un lago).

I 90 minuti di durata vengono sfruttati alla perfezione per alternare forti emozioni (una rarità nel cinema horror) ad atmosfere oscure ed inquietanti, dove la tensione opprimente sembra comprimere lo scorrere del tempo. Che poi, finalmente, si distende nell’empatico e splendido finale.

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