Rosario – L’Amore e la Morte, una storia di mafia in Argentina [Recensione]

Pubblicato il 5 Ottobre 2016 alle 11:25

Lo sceneggiatore argentino Carlos Sampayo e il disegnatore Claudio Stassi collaborano per creare un noir ambientato nell’Argentina degli anni ’30.

C’è chi considera l’amore e la morte due facce della stessa medaglia: si muore per amore e, a volte, si uccide per amore. Questo è il tema centrale di Rosario – L’Amore e la Morte, nato dalla collaborazione tra Sampayo e Stassi.

La “Rosario” del titolo è una città del Sud America che, negli anni ’30 del secolo scorso, viene definita la “Chicago dell’Argentina”: il corrispettivo di Al Capone è in questo caso Giovanni Galiffi, mafioso di origini italiane che, insieme alla figlia Agata, ha il controllo di quasi tutta la città. Rosario, però, è anche la città della Zwi Migdal (una società ebraica che sfruttava la prostituzione) e delle proteste di sindacalisti e anarchici.

Anche Rogelio Durán, un umile violinista, rientra nella categoria degli anarchici: si ritrova però a fare il doppio gioco con la famiglia Galiffi quando la ragazza di cui è innamorato, Raquelita, scompare improvvisamente e inizia a subire il fascino di Agata, una vera e propria femme-fatale che lo sfrutta come spia.

Una doppia pagina di Rosario
Una doppia pagina di Rosario

La storia personale di Rogelio si intreccia quindi con quella di personaggi storici realmente esistiti, diventando vittima non solo della criminalità organizzata ma soprattutto di una passione distruttiva che, alla fine, lo consumerà completamente.

Tuttavia, in questo quadro complicatissimo in cui lo Stato e la polizia si ritrovano a collaborare con la mafia argentina, la storia di Rogelio non è così ben inserita come avrebbe dovuto essere. La graphic novel, inoltre, è in realtà un lungo flashback: scelta narrativa che, però, non giova particolarmente alla trama.

In compenso i disegni di Stassi sono pregevoli e molto classici, in grado di soddisfare i gusti altrettanti classici di un certo tipo di pubblico: anche l’uso dei colori contribuisce ad immergere il lettore nell’Argentina degli anni ’30, nonostante una trama a tratti dispersiva.

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