Pinocchio: il ritorno delle strambe derive spazio-temporali degli albi Bianconi [Recensione]

Pubblicato il 8 Giugno 2016 alle 11:25

In seguito ad una trionfante campagna crowdfunding, la casa editrice Cliquot raccoglie in un unico volume di 192 pagine il meglio del Pinocchio a fumetti edito da Bianconi negli anni ’70.

– C’era una volta…

– Un pezzo di legno! – diranno subito gli appassionati lettori di una celebre fiaba di Collodi.

– No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta il Pinocchio a fumetti della Edizioni Bianconi, la stessa casa editrice responsabile, tra gli anni ’60 e i primi anni del 2000, della realizzazione e distribuzione di numerosi fumetti da edicola destinati ad un giovane pubblico, tra i quali si segnalano Nonna Abelarda, Geppo, Soldino e Braccio di Ferro.

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La storia di come Renato Bianconi, fondatore della omonima casa editrice, diede il via alla creazione di albi a fumetti con protagonista un personaggio letterario così fortemente radicato nell’immaginario collettivo degli italiani è alquanto curiosa: nel 1973, dopo lo straordinario successo dello sceneggiato televisivo di Luigi Comencini “Le Avventure di Pinocchio”, il fumettista Alberico Motta, consultati gli altri collaboratori Bianconi, Sandro Dossi e Pierluigi Sangalli, propose al suo editore una serie ispirata alle avventure dell’iconico burattino raccontate nel romanzo scritto da Collodi nel 1881, di cui recentemente erano scaduti i diritti d’autore.

Allettato dall’idea di non dover sborsare nulla per poter sfruttare un potenziale narrativo enorme e con un’ampia base di lettori, l’editore Bianconi pubblicò a partire dal 1974 e fino alla fine degli anni ’80 centinaia di albi che trasportavano il personaggio di Pinocchio in avventure iperboliche, mirabolanti e surreali, nel pieno stile dei fumetti comici della propria linea autoriale.

Dopo alcune ristampe tra gli anni ’80 e ’90 e, soprattutto, dopo la chiusura della casa editrice, il ricordo del Pinocchio Bianconiano sembrava essersi quasi spento, essendo ormai tenuto in vita solo da alcuni vecchi collezionisti.

Una tavola da Pinocchio
Una tavola da Pinocchio

Ecco, sembrava, perché nel settembre del 2015 il ricordo e la passione dei lettori degli albi della Bianconi si sono risvegliati grazie all’iniziativa della Cliquot, casa editrice romana specializzata nella digitalizzazione di fumetti italiani d’epoca, la quale, dopo aver lanciato una fortunata campagna di crowdfunding, ha trovato i fondi necessari per pubblicare in un volume brossurato 9 storie, scritte da Alberico Motta (Topolino, Nonna Abelarda, Felix) e disegnate da Sandro Dossi (Braccio di ferro, Geppo, Tom e Jerry) rappresentative di questa interpretazione bizzarra della creatura di Collodi.

Di versioni a fumetti del “burattino che diventò bambino vero” ne abbiamo lette tante – in passato si sono cimentati autori come  Jacovitti, Galleppini e Tonna- ma quello edito da Bianconi  è stato soprattutto un Pinocchio anacronistico, a metà tra il moderno e il classico: da una parte la dimensione ottocentesca, la terminologia  e l’iconografia tradizionale del romanzo venivano ampiamanete rispettati; dall’altra, invece, le avventure raccontate non si inquadravano in un unico contesto temporale o letterario, ma svariavano tra viaggi epici o fantascientifici intorno al mondo o addirittura nello spazio.

In tali storie vigeva un’anarchia narrativa che, oltre a stimolare la sfrenata fantasia degli autori, ben si conciliava con il ribellismo giovanile del protagonista.

Emblematica è la storia “Il tesoro degli avi“, nella quale Pinocchio è impegnato a recuperare un’eredità importante per conto di un facoltoso cliente di mastro Geppetto : qui l’atmosfera fiabesca dal tono naif  si mescola con gli elementi narrativi tipici del genere epico cavalleresco, che porteranno il povero burattino a confrontarsi, oltre che con gli immancabili gatto e la volpe, anche con draghi, esseri giganti e alberi parlanti.

A proposito della loro alternativa interpretazione dello spazio-tempo in cui collocare Pinocchio, gli autori Alberico Motta e Sandro Dossi  hanno espresso queste considerazioni:

– Abbiamo cambiato lo spirito, con l’impegno di fare un Pinocchio diverso. Che poi non è neanche tanto diverso, abbiamo cambiato il punto di vista.

– Era una formula comoda per poter avere mille spunti per storie sempre nuove.

Abbiamo fatto, quasi senza volerlo, un’operazione che permetteva al lettore di ritrovare Pinocchio in mondi diversi, con avventure completamente stravolte però originali e spesso con una lettura a più livelli.

Difatti, anche le storie raccolte nel volume risultano spassose nelle loro ingenua indisciplina, senza possedere però una necessario intento educatore ma esplicando un messaggio ironico verso costumi e società di quel tempo; ne è un esempio “La bistecca sacra”, in cui il tema della sacralità delle vacche in India viene trattato con  umorismo giocoso.

Storie come “La Battaglia di Napoleone” e “I nasi di cartone” si rivelano dei divertissement spensierati che giocano molto sull’incontro/scontro tra l’egoismo degli adulti e  la dolce ingenuità – e la non invidiabile capacità di fare la cosa sbagliata al momento sbagliato – di Pinocchio .

C’è spazio anche per alcune riuscite critiche sociali con oggetto gli ossessivi rincari dei prezzi attuati nelle principali mete turistiche italiane e, addirittura, la schiavitù della tecnologia, due temi affrontati rispettivamente in “Un’americana a Venezia” – rocambolesca gita di porta nella città lagunare con Arlecchino nelle vesti di guest star – e in “50 anni dopo”– in cui Pinocchio viaggia nel tempo per scoprire le terribili conseguenze innescate dalla creazione di un burattino robot.

Per profondità e spunti di riflessione la storia “Un mondo migliore” rimane la più suggestiva tra quelle raccolte: ricevuto dalla fata turchina una bacchetta magica capace di esaudire ogni desiderio, Pinocchio scoprirà, a discapito del suo egocentrismo,  che la libertà di soddisfare i propri bisogni trova un limite necessario nella tutela dei diritti e delle esigenze altrui.

Geppetto e Pinocchio
Geppetto e Pinocchio

Con un tratto molto più morbido e dettagliato rispetto a quello di Tiberio Colantuoni – uno dei primi disegnatori della testata – Sandro Dossi presenta, nella ristretta gabbia con tre file di vignette in bianco e nero, un’estetica ibrida: rispettosa dell’iconografia classica, ma allo stesso tempo a metà tra le rotondità cartoonesche dei fumetti Bianconiani ed una caratterizzazione semi-realistica dell’ambiente circostante.

L’artista mantiene il design tradizionale del protagonista – cappellino a punta, giubba e pantaloncini corti – e dei suoi comprimari, riuscendo anche a rappresentare sfondi minuziosi di particolari, soprattutto per gli edifici e i monumenti.

Ad accompagnare le 9 storie del volume c’è un ricchissimo apparato redazionale, composto da numerosi approfondimenti ed analisi sull’evoluzione fumettistica di Pinocchio e sulla serie della Bianconi.

Offrendo anche un quadro completo ed esaustivo sul processo creativo dell’opera, quest’interessante riedizione rappresenta un’occasione da non lasciarsi scappare per gli appassionati di vecchia data e per una nuova generazione di lettori che intende scoprire una declinazione narrativa irriverente e fuori dagli schemi del burattino più famoso della letteratura italiana.

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