Dylan Dog n. 355: L’uomo dei tuoi sogni – Recensione

Pubblicato il 30 Marzo 2016 alle 20:05

I sogni di Sandy sono tormentati dalla presenza di un inquietante individuo. Dylan scopre che si tratta di un sogno condiviso da più persone che scivolano nel baratro della follia scatenando un’ondata di omicidi e suicidi. Coadiuvato dalla dottoressa Billingham, psichiatra in pensione, Dylan dovrà affrontare il nuovo avversario sul piano onirico trovandosi di fronte ad una delle più temibili minacce nella sua carriera di indagatore dell’incubo.

Brilla al buio la copertina di Angelo Stano, a tenere sveglio Dylan Dog mentre la chiave che simboleggia il suo nuovo avversario minaccia di penetrare nella sua mente. Un villain che si palesa nel mondo onirico, nelle sembianze di un incubo, può essere davvero la sfida definitiva per l’indagatore del medesimo. Il misterioso personaggio nasce dalla mente di Paola Barbato, tornata prepotentemente alla ribalta in casa Bonelli non solo sulle pagine di Dylan Dog ma anche come co-autrice di Ut insieme a Corrado Roi.

In una storia nella quale realtà e sogno tendono a confondersi è fondamentale la resa estetica fortemente realistica e tangibile di Paolo Martinello, al suo esordio sulla serie regolare. Già nella seconda tavola dell’albo, il disegnatore imprime nella mente del lettore il volto del nuovo cattivo con un primo piano studiato fin nei minimi dettagli. La fisionomia denota tratti accentuati: i capelli lunghi, gli occhi spalancati, le occhiaie e gli zigomi marcati dalle chine, le orecchie a sventola, le labbra scure, la fronte corrugata, i tendini del collo tesi. Non basterà chiudere l’albo per togliersi questo volto dalla testa.

La Barbato gioca sul piano metanarrativo. Infatti, la nuova cliente e (ovviamente) fidanzata di Dylan è un’illustratrice di identikit per Scotland Yard e basta un disegno dell’innominato uomo dei sogni per far esplodere un’ondata di follia omicida. Un disegno. Esattamente la stessa immagine bidimensionale che il lettore si trova davanti agli occhi, né più né meno.

Naturalmente il riferimento più lampante è a Nightmare on Elm Street del compianto Wes Craven che aveva già ispirato storie della serie regolare come Quando la città dorme e Il buio. La Barbato riesce a barcamenarsi con una certa abilità tra i due attuali mondi di Dylan Dog, Londra e Wickedford, ed introduce la dottoressa Billingham, psichiatra in pensione, archetipica figura ricca di saggezza con tutte le risposte necessarie al protagonista.

Per due terzi la vicenda non denota dinamiche davvero nuove ma si lascia leggere grazie alla buon lavoro di scrittura della sceneggiatrice e ad alcune divertenti sequenze splatter rese in tutta la loro efficacia da Martinello. Come di consueto, la Barbato dà il meglio nell’approfondimento psicologico e la parte più interessante della storia è lo scontro tra Dylan e l’uomo degli incubi nell’allucinante dimensione onirica.

Scopriamo così che i sogni sono solo l’anticamera per accedere a qualcosa di più profondo, nascosto nella psiche dell’individuo. In tal senso, Dylan diventa la quintessenza dell’indagatore dell’incubo e Sandy si dimostra la vera eroina della storia. Ma il vero colpo di scena lascia un quesito senza risposta, un mistero che riguarda lo stesso Dylan, aprendo a nuovi scenari e ad un inevitabile sequel. La storia serviva per introdurre il nuovo cattivo e ci riesce bene, un personaggio che entrerà di diritto nel pantheon dei villain della serie insieme a Xabaras, Hicks, Hamlin e quant’altri. Leggete l’albo e poi chiudete gli occhi. Vedrete il suo volto che vi fissa.

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