Spectre – Recensione

Pubblicato il 9 Novembre 2015 alle 22:24

James Bond, l’agente segreto 007, affronta un pericoloso criminale a Città del Messico durante il Giorno dei Morti. Sospeso per aver agito senz’autorizzazione, Bond prosegue la sua indagine da solo arrivando a scontrarsi con la Spectre, una misteriosa organizzazione criminale guidata dal pericoloso Blofeld, e deve proteggere la psicologa Madeleine Swann. Nel frattempo la sezione 00 della MI6 rischia di essere smantellata.

Spectre

Chiedere a Sam Mendes di dirigere il nuovo film di 007 dopo l’apice raggiunto con Skyfall era un grosso rischio e si è rivelato, a conti fatti, un mezzo errore. Nel capolavoro del 2012, infatti, Mendes aveva portato a compimento l’arco narrativo del James Bond interpretato da Daniel Craig e si aveva la sensazione che non fosse rimasto molto altro da dire. Tuttavia alcuni punti della storia iniziata con Casino Royale e proseguita con Quantum of Solace erano rimasti in sospeso e Mendes si limita con questo nuovo episodio a tappare tutti i buchi con un compitino senza infamia e senza lode che si siede sui cliché della saga.

La sequenza iniziale è la fotografia di tutto il film. Si parte con un virtuoso piano sequenza che sembra preludere a chissà cosa ma la successiva scena d’azione non può reggere l’impietoso, inevitabile confronto con quella che apriva Skyfall. Anche i titoli di testa non riescono ad avere la giusta potenza iconica e la canzone Writing’s on the wall di Sam Smith, seppure orecchiabile, non è esaltante come dovrebbe.

Il film si articola nel consueto giro del mondo punteggiato di scene d’azione, passando da un veicolo all’altro. Si parte dallo scontro sull’elicottero a Città del Messico, passando all’inseguimento con la Aston Martin tra le strade di Roma fino allo scontro aereo tra le innevate alpi austriache, prima di arrivare in Marocco e all’immancabile finale a Londra. Le scenografie sono suggestive, tutto è ben diretto ma congegnato senza grande inventiva.

La caratterizzazione di Bond, intrappolato nel suo zelo, finisce per essere banalizzata. L’emancipata Maedeleine Swann, interpretata dalla fascinosa francese Léa Seydoux, non è né carne né pesce, né dark lady né donzella in pericolo. Christoph Waltz, abbonato ai ruoli da villain, è qui monodimensionale e non viene aiutato dalla sceneggiatura. Monica Bellucci è la Bond Girl più usa e getta che si sia mai vista in un film di 007. Il colossale Dave Bautista ha una poco memorabile scazzottata con il protagonista.

Il ruolo del programma 00, in procinto di essere smantellato, ricorda molto l’ultimo Mission: Impossible che pure si concludeva nella capitale inglese. Il simbolismo che permea tutto la parte finale del film diventa pleonastico e ripetitivo dopo quanto detto nell’episodio precedente.

C’è tutto quello che deve esserci in un film di 007, il problema è che non c’è niente di più, nessuna novità o guizzo autoriale. Il buon mestiere di Mendes tiene tutto unito in un prodotto che porterà il pubblico nelle sale ed è sufficiente a garantire più di due ore di buon intrattenimento. Ma quello di Daniel Craig è un James Bond stanco sulle soglie del pensionamento.

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