Suicide Squad Vol. 6, recensione DC Galaxy RW Lion

Pubblicato il 2 Febbraio 2015 alle 16:00

Le vicende della Suicide Squad diventano sempre più drammatiche e deliranti, grazie al nuovo, straordinario autore della serie: il trasgressivo Matt Kindt! Cosa succederà ad Harley Quinn e agli altri schizoidi personaggi della Squadra Suicida nel contesto di Forever Evil? Scopritelo in questo tp!

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Ho scritto in precedenti recensioni che Suicide Squad va annoverata tra le serie più interessanti e intriganti del reboot DC, sia per le caratteristiche borderline dei personaggi sia per le trame avvincenti. Il team composto da criminali al soldo del governo americano gestito dalla subdola Amanda Waller è stato finora coinvolto in vicende a dir poco rischiose e le varie story-line sono state caratterizzate da complotti, intrighi, colpi di scena e misteri. Gli enigmi erano più che altro relativi alle decisioni di Amanda che, specialmente negli ultimi episodi, sembravano privi di logica.

Ma le spiegazioni arrivano in questo sesto tp che include i nn. 25-28 del comic-book originale e specifico che saranno devastanti. Non c’è da stupirsene dal momento che a scrivere le sceneggiature è Matt Kindt, uno degli autori più anti-convenzionali degli ultimi anni, che subito porta Suicide Squad a livelli qualitativi elevatissimi. La sequenza è inserita nell’ambito di Forever Evil, con il Sindacato del Crimine che ha momentaneamente eliminato i principali supereroi del DCU, e la situazione è senz’altro caotica. Può un gruppo che annovera tra le sue fila elementi discutibili come il figlio serial killer del commissario Gordon, Harley Quinn o Re Squalo cambiare le cose in meglio?

Ma c’è da chiedersi per quale ragione Amanda abbia deciso di inserire nel team individui talmente pessimi e perché le sue azioni abbiano provocato la nascita di due fazioni della Squad. Tutto ruota intorno all’inquietante figura del Pensatore. In ogni caso, Kindt si diverte a mettere le due squadre una contro l’altra. Da un lato, abbiamo quindi Power Girl, Warrant, Acciaio e il Soldato Fantasma; dall’altro, Harley Quinn, Deadshot e Capitan Boomerang. Come se non bastasse, a complicare tutto ci sono un incontrollabile O.M.A.C. e un ormai impazzito Re Squalo che scoprirà la verità su suo padre (e la sua identità costituirà un ulteriore shock per i lettori).

Kindt gioca con il DCU delineando una story-line d’azione ma con una scansione narrativa quasi sperimentale, impensabile per un comic-book tutto sommato mainstream come questo. L’autore usa infatti la tecnica del monologo interiore, facendo entrare il lettore direttamente nella psiche dei protagonisti. La lucida e agghiacciante razionalità del Pensatore dà quindi inizio alla trama; si passa poi alle riflessioni di Amanda e in seguito, in un’alternanza di stili narrativi sempre più esasperata, a Power Girl e dopo a Deadshot e così via. Il risultato è spiazzante ed esaltante. Kindt scrive testi intensi, maturi, introspettivi ma mai noiosi o pedanti. E in tal modo riesce ad analizzare nel profondo lo stato d’animo dei character, fornendo particolari impensabili su alcuni di loro (per esempio, su Warrant che si scopre essere agente dei servizi segreti israeliani o su Gordon Jr. che, a quanto pare, nasconde traumi collegati alla figura materna).

In pratica, questo è il volume migliore di Suicide Squad finora uscito e la serie, già di per sé pregevole, diventa imperdibile proprio grazie a Kindt. Dal punto di vista dei disegni, il livello è però discontinuo. Patrick Zircher fa un ottimo lavoro, coadiuvato da Roger Robinson alle chine, e il suo stile oscuro e aggressivo ben si adatta alla trame concepite da Kindt; ma altri due episodi sono illustrati da Rafa Sandoval e da Jason Masters che risultano funzionali ma meno efficaci. In ogni caso, lo ripeto: Suicide Squad è imperdibile e non può mancare nella libreria dei fan di Matt Kindt e in quella di coloro che intendono conoscere il lato più cupo, deviato e moralmente ambiguo del DCU. Da non perdere.

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