Punto di Fuga di Lucia Biagi, la recensione

Pubblicato il 3 Novembre 2014 alle 16:30

Diabolo edizioni presenta una nuova graphic novel italiana che parla di Sabrina, una ragazza costretta a fare scelte difficili in una situazione difficile

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Punto di Fuga non è fumetto leggero, di quelli che si leggono e lasciano indifferenti o divertiti, ma è piuttosto un’analisi cinica e amara, con qualche breve lampo di leggerezza, della situazione in cui migliaia di ragazzi e ragazze sulla ventina d’anni si trovano oggi in Italia. Precarietà, apatia, poche motivazioni, impossibilità di rendersi indipendenti: la storia di Sabrina è questa, quella di una ragazza che non riesce a trovare il suo posto.

L’autrice evita quindi di farci particolari spiegoni sulle difficoltà dei giovani, facendo parlare la vita e le vicende della protagonista, sicuramente abbastanza eloquenti. Sabrina lavora in un negozio di intimi, ma ben presto non le viene rinnovato il contratto: troppo poco competitiva, discute con i clienti invece di invogliare a comprare.

Il rapporto con la famiglia non è dei migliori, tanto da venir accusata di trattare casa sua “come una lavanderia”. Anche la relazione con il suo ragazzo Stefano procede tra alti e bassi. Relazione che rischia di precipitare quando Sabrina scopre di essere incinta, e dovrà decidere cosa fare del bambino.

La storia procede molto rapidamente, con continui episodi ed eventi tutti significativi delle difficoltà di Sabrina e del suo finire per detestare ed allontanare chiunque gli stia intorno.

Un viaggio a capodanno con il ragazzo invece di essere un piacevole svago, diventa un’occasione che fa aumentare le ansie e le paure di Sabrina, che si sente scombussolata internamente dalla sua gravidanza ed esternamente non riesce a trovare nessuno con cui veramente aprirsi. Solo l’alcol sembra essere, in tutta la storia, l’occasione per dimenticare i problemi ed essere felici. Ma l’autrice ci fa notare come, dopo ogni sbronza, la mattina dopo ci si senta peggio e la felicità raggiunta nella serata non può essere che fugace ed illusoria.

Ogni tanto alle tavole di dialoghi, sempre molto essenziali e semplici, si alternano delle tavole con sfondo bianco in cui vediamo la protagonista circondata da oggetti, vestiti, addirittura organi: tutto oggetti a cui non riesce a trovare un posto, metafora della sua stessa vita che non riesce ad incastrare in un modo preciso. Spesso Sabrina è aggressiva, e spesso scompare e non si fa sentire: l’unico modo che ha per sentirsi viva e per dare una scossa alle cose è litigare, ma questo la sta facendo precipitare in una spirale di isolamento crescente.
Le prospettive lavorative sono, realisticamente, molto desolanti, e da quel punto di vista la protagonista non riesce a trovare davvero stimoli.

La seconda parte del fumetto fa i conti con l’interruzione di gravidanza di Sabrina, tematica non facile e che, se possibile, rende ancora un po’ più angosciante la storia, sicuramente non ottimista fino ad allora. Tra ospedali, visite e l’operazione Sabrina viene scombussolata ancora di più, ma tutto sommato dimostra anche di essere, in fondo, una ragazza molto coraggiosa, non spaventandosi davanti al dolore e alla scelta, quanto piuttosto chiudendosi ancora di più in e stessa.

La ricerca di se stessa prosegue tra qualche atto vandalico e un nuovo lavoro: qui capirà come, nonostante le incomprensioni, il rapporto con il suo ragazzo Stefano è una delle poche cose sincere e stabili che aveva, e che la sua ricostruzione personale (di questo tratta in fondo il fumetto) non può che partire da lui.

Tutto sommato, nonostante il tono e gli argomenti trattati, Punto di Fuga scorre in maniera veloce e quasi appassiona, forse un po’ morbosamente il lettore si sentirà spinto a voler scoprire cosa accadrà alla protagonista.

La parte finale è più riflessiva e tranquilla, assumendo talvolta toni quasi onirici o comunque più pacati: tutto sommato le 160 pagine di storia sono state un percorso di crescita per Sabrina, che attraverso tante difficoltà ha finito per capire le effettive priorità nella sua vita.
Dal punto di vista grafico, il tratto di Lucia Biagi è molto semplice ed essenziale, si rifà ad uno stile minimalista più comune forse nel fumetto francese che in quello italiano, che tradizionalmente punta su un tratto più realistico.

Chi ha letto Asterios Polyp sicuramente avrà già familiare questa scelta stilistica, che pur non essendo una delle più originali viste negli ultimi anni rimane coerente a se stessa e permette forse di concentrarsi  sulle vicende ed i dialoghi, piuttosto che sulle fattezze dei personaggi e quello che gli sta intorno. Ben riuscite alcune sequenze originali, come già detto, dove vediamo la protagonista circondata da oggetti, o alcune sequenze senza dialoghi come quella a Barcellona.
Purtroppo oltre la protagonista i personaggi di contorno rimangono tali, non c’è una grande caratterizzazione da quel punto di vista e nessuno di essi rimane particolarmente nella memoria.

Punto di Fuga è un buon prodotto, particolare e che sarà sicuramente apprezzato da chi cerca un fumetto intimo e che abbia al suo interno un messaggio sociale.

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