Nel paese dei Mullah, la recensione

Pubblicato il 6 Aprile 2014 alle 18:45

H.R. Hassaf ci guida nella vita di un soldato che attraversa gli ultimi anni di storia dell’Iran: un fumetto che ha già ottenuto paragoni importanti

Nel-paese-dei-Mullah-Vassaf-recensioneNel Paese dei Mullah

Autore: H.R. Vassaf

Editore: Eris edizioni

Genere: storico, graphic novel

Prezzo: 16 euro, 16,5×24 cm, 112 pp, b/n

Provenienza: Francia

Data di Pubblicazione italiana: 2013

H.R. Vassaf è stato costretto a trasferirsi in Francia, e ancora oggi le sue opere sono vietate in Iran. Già da questo si capisce come questo autore abbia un rapporto conflittuale con il regime islamico, e come questo fumetto non sia una semplice descrizione di una nazione a noi lontana.

Vassaf dipinge uno stato contemporaneamente unito e lacerato, ma lo fa senza parlare di eventi generali o di personaggi noti, scegliendo invece di tratteggiare varie storie drammatiche all’interno della Repubblica islamica.
La tragedia, vuole farci capire, è soprattutto la perdita di libertà degli uomini.

Il pretesto narrativo è il naufragio di un soldato iraniano su un isola quasi deserta, dopo lo scontro della sua nave contro una mina navale. Qui Hadji, questo il nome del soldato, conosce uno scrittore, isolatosi per completare il suo romanzo.

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Cominciano così una serie di confronti e flashback che dipingono degli affreschi drammatici sulla complessa situazione venutasi a creare in Iran. I personaggi che appaiono, come spiegato dall’autore, non sono reali ma ispirati a varie figure della recente storia politica e culturale iraniana.

Partiamo così a comprendere i primi dettagli della vita di Hadji: già dalle scuole elementari si nota come l’insegnamento non fosse propriamente libero dalle ingerenze esterne. Si passa poi al matrimonio, che da evento di felicità e festa diventa anche questo una tragedia personale, segnata dal peso delle tradizioni che incombe nel rapporto tra uomo e donna.

Ma forse la storia più interessante è quella di Chèrik, giovane regista ispirato a vari registi esistenti. Inizialmente Chèrik è entusiasta del connubio religione-cinema, e si prodiga per creare una nuova corrente che possa veicolare attraverso le immagini in movimento tutti i messaggi della repubblica islamica e dell’Islam in generale. Ma ben presto, leggendo e informandosi, rivaluterà la sua vita e il suo lavoro, rendendosi conto di essere stato sfruttato come strumento di controllo, non di comunicazione. E ben presto si accorgerà che la libertà d icritica ormai è da tempo scomparsa.

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L’ultima parte della storia è sicuramente la più drammatica, in quanto tratta il “massacro delle prigioni”: nell’agosto 1988, senza preavviso ma in maniera premeditata, vennero uccise 4500-5000 persone, prigionieri politici.
La vicenda ci viene mostrata dal punto di vista di quello, che in teoria, dovrebbe essere un carnefice: Hadji stesso, che però si troverà coinvolto direttamente nel tragico evento.

Il tratto grafico di Vassaf è rigido, cupo, pieno di ombre: i volti dei suoi personaggi sono scavati, talvolta deformati. Sicuramente si nota l’esperienza della composizione,soprattuto nelle tavole che spiegano e arrichiscono la parte finale del volume, visto che l’autore ha insegnato comunicazione visiva a Teheran.
In questa sua opera prima pubblicata in Europa, è riuscito a commuovere, comunicare, informare e denunciare, il tutto senza rinunciare all’originalità grafica.

Voto: 8

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