RoboCop: Recensione in anteprima

Pubblicato il 5 Febbraio 2014 alle 19:30

Anno 2028, la OCP è la multinazionale americana leader in tecnologia robotica. I droni della compagnia vengono impiegati oltreoceano dalle forze armate ma il Dreyfuss Act ne vieta l’utilizzo in patria. L’amministratore delegato della OCP decide allora di combinare tecnologia ed elemento umano per aggirare la legge. Mortalmente ferito in un attentato, Alex Murphy, agente di polizia di Detroit, viene così trasformato in un cyborg che dovrà riportare l’ordine in città.

RoboCopRoboCop

Titolo originale: RoboCop
Genere: Fantascienza, azione
Regia: José Padilha
Interpreti: Joel Kinnaman, Michael Keaton, Gary Oldman, Samuel L. Jackson, Abbie Cornish
Provenienza: USA
Durata: 118 min.
Casa di produzione: MGM, Columbia Pictures, Strike Entertainment
Distribuzione (Italia): Sony Pictures
Data di uscita: 6 febbraio 2014 (Italia); 12 febbraio 2014 (USA)

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Pietra miliare del cinema di fantascienza anni ’80, capace di coniugare contaminazioni fumettistiche con buone dosi di iperviolenza e satira surreale attraverso un’estetica tangibile, RoboCop di Paul Verhoeven è diventato un fenomeno multimediale generando due sequel, una serie tv, una serie animata e diverse miniserie a fumetti. L’arduo compito di portare sullo schermo questo remake tocca al brasiliano Josè Padilha, già autore, tra l’altro, dei due pregevoli Tropa de Elite che raccontano in chiave cruda e realistica le faide tra polizia e narcos nelle favelas di Rio.

Un curriculum che lasciava ben sperare e lo stile quasi documentaristico del regista si ritrova pienamente nel prologo di questo nuovo RoboCop nel quale troviamo i droni della OCP in azione in medioriente. Quando la storia si sposta a Detroit, però, tutto diventa tragicamente finto e inconsistente. Una metropoli che dovrebbe presentare il massimo del degrado ma dove nessuno dice parolacce, nessuno sniffa cocaina, non si vedono prostitute né una goccia di sangue in tutto il film.

Alex Murphy, interpretato dallo svedese Joel Kinnaman, viene trasformato in RoboCop dopo aver subito un attentato. A differenza del film originale, il protagonista è pienamente consapevole della sua trasformazione e ricorda perfettamente il suo passato. Stavolta il conflitto non è tra l’uomo e la macchina bensì tra libero arbitrio e programmazione ma tutto viene sviluppato senza grosse idee. Padilha commette l’errore di dilatare troppo le dinamiche intimiste di Murphy con la moglie, la deliziosa Abbie Cornish, e il figlioletto David in una serie di stucchevoli e patetici piagnistei.

I comprimari sono tutti monodimensionali e non sembrano avere una propria vita oltre alla figura professionale che rappresentano. Michael Keaton gigioneggia nel ruolo di Raymond Sellars, viscido leader della OCP. Gary Oldman è Norton, lo scienziato che deve fare i conti con la propria etica a fronte delle necessità della corporazione. La componente satirica, piuttosto scialba ed inefficace, è scaricata sulle spalle di Samuel L. Jackson, immorale re dei media mentre Jackie Earle Haley (il Rorschach di Watchmen) è un esperto di tattiche militari che deve addestrare RoboCop. Lewis, la coraggiosa partner dell’eroe nel film di Verhoeven, è qui trasformata e banalizzata in un personaggio maschile che non ha alcun autentico peso nella trama.

Le dinamiche action e investigative sono irrisorie. La gang criminale sembra uscita da una serie tv per ragazzini e le scene di combattimento sono edulcorate per adattarsi ad un pubblico di teenagers e sfuggire al divieto ai minori. RoboCop fa uso perlopiù di una pistola taser per stordire i criminali anziché ucciderli e si trova a lottare spesso contro altri droni, chiaro pretesto per ammorbidire il tasso di violenza del film.

Anche le scelte registiche di Padilha lasciano a desiderare. Inizialmente pare voler far ricorso alla handycam per rendere più coinvolgenti le scene d’azione, in stile mockumentary, e usare la camera fissa per le altre sequenze. Tuttavia, con il prosieguo del film anche alcuni normalissimi dialoghi con i protagonisti seduti uno di fronte all’altro vengono riprese con la handycam creando un effetto piuttosto fastidioso ed inutile.

Gli effetti digitali sono dignitosi ma niente di sbalorditivo. RoboCop sembra più che altro un cyborg di un qualche videogame giapponese ed è imbarazzante l’idea di cambiargli il colore della corazza per renderlo più minaccioso. L’iconico tema musicale originale viene qui riarrangiato in una sigletta televisiva per lasciare poi il posto all’anonima colonna sonora di Pedro Bromfman. Anche la celebre battuta “Vivo o morto, tu verrai con me” è buttata lì nel finale senza una ragione.

Un film noioso, troppo lungo, poco divertente e privo di spunti che denota la volontà della produzione di rinverdire un franchise per il grande pubblico piuttosto che rendere omaggio o dare rilettura autoriale al capolavoro di Verhoeven. Era, a onor del vero, un remake difficile ma il risultato è un disastro totale. Questo RoboCop è metà uomo, metà macchina e tutto sbagliato.

Voto: 4

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