Spaceman di Brian Azzarello ed Eduardo Risso – Recensione

Pubblicato il 14 Febbraio 2013 alle 13:50

Arriva una miniserie Vertigo dai toni fantascientifici realizzata dal celebrato duo di 100 Bullets: Brian Azzarello ed Eduardo Risso! Seguite le drammatiche vicende di Orson, un uomo creato dalla NASA capace di resistere allo stress dei viaggi spaziali!

Spaceman

Autori: Brian Azzarello (testi), Eduardo Risso (disegni)

Casa Editrice: RW-Lion

Provenienza: USA

Genere: Fantascienza

Prezzo: € 21,95, 16,8 x 25,6, pp. 224, col.

Data di pubblicazione: dicembre 2012


La migliore fantascienza ha spesso avuto finalità di critica sociale e molti autori impegnati nella realizzazione di opere di questo tipo hanno utilizzato ambientazioni immaginifiche e futuribili per condannare le contraddizioni e gli aspetti più negativi del mondo contemporaneo. E la critica sociale è uno degli elementi fondamentali di Spaceman, miniserie Vertigo proposta da Rw-Lion e realizzata dal celebrato duo di 100 Bullets: l’incisivo Brian Azzarello e il bravissimo Eduardo Risso.

Spaceman è certamente un fumetto sci-fi collocato in un’America del futuro degna di un romanzo distopico o cyberpunk. Ma si tratta dello sfondo dell’azione e molti particolari della story-line non sembrano tanto fantasiosi. Il protagonista, Orson, è un uomo creato dalla NASA, conseguenza di un complesso progetto di bioingegneria. Costui non è l’unico; esistono infatti altri esseri artificiali, identici a lui, che Orson considera alla stregua di fratelli. Ideati per resistere allo stress delle missioni spaziali, hanno quindi partecipato a un esperimento ormai concluso e ora Orson è un outsider malinconico che trova un po’ di relax solo con il sesso virtuale.

Si potrebbe pensare che tutto ciò non sia esattamente simile al mondo di tutti i giorni, benché il sesso virtuale già esista e di sicuro in qualche oscuro laboratorio del pianeta ci saranno pazzoidi impegnati a fare pasticci con clonazioni e bioingegneria, appunto. Però Orson, suo malgrado, rimane coinvolto in una serie di macchinazioni imperniate su una bambina rapita. Per una serie di circostanze, i genitori della piccola stanno facendo il giro di tutti i talk show, rendendo pubblica la situazione; i produttori televisivi sfruttano la tragedia, interessati all’audience; e i telespettatori seguono morbosamente la vicenda e, desiderosi di emozioni forti, sperano che tutto finisca in un’immane tragedia!

Qui allora non siamo più in ambito fantascientifico poiché la finta (e squallida) realtà dei talk show è sotto gli occhi di tutti, il cinismo dei canali televisivi è innegabile così come quello di coloro che perdono un figlio, un fratello, un parente, e sfruttano la perdita concedendo interviste ben pagate, ottenendo apparizioni televisive e così via, con la tacita e discutibile complicità del pubblico. Spaceman quindi è un’analisi spietata della tirannia mediatica dilagante, del successo e della fama perseguiti ad ogni costo, della mercificazione imperante: insomma, la fantascienza di Azzarello è di fatto la cronaca disperata del nostro quotidiano.

Azzarello scrive testi sperimentali con uno slang che fa pensare alla narrativa di Sterling e Gibson. A volte i dialoghi hanno la laconicità e la stringatezza di 100 Bullets e nel complesso Brian realizza un ottimo prodotto, delineando una story-line veloce e adrenalinica, con un gran senso del ritmo e numerosi colpi di scena. Tra ragazzi di strada, genitori snaturati, prostitute con un corpo da infarto, giornalisti insensibili, assassini e individui senza scrupoli, Spaceman è fantascienza con contaminazioni noir e hard-boiled e non lascia indifferenti.

E non si può comunque esserlo anche perché a disegnarlo c’è Eduardo Risso. Coloro che hanno letto 100 Bullets sanno cosa aspettarsi. Nel caso specifico della miniserie, il penciler valorizza lo script con il suo consueto stile dark, impostando la pagina con maestria e concedendosi i chiaroscuri e il taglio cinematografico delle vignette che i suoi fan apprezzano. In alcune sequenze, specie quelle di ambientazione spaziale, si colgono piacevoli riferimenti a Moebius e non mancano gli influssi di Frank Miller (e mi riferisco sì al Miller noir di Sin City, per esempio, ma pure a quello cyber e a mio avviso ingiustamente sottovalutato di Ronin, in particolare per ciò che concerne l’architettura dell’inquietante metropoli della storia, perfetta per un film di Carpenter). Il tratto è inoltre valorizzato dagli splendi colori di Patricia Mulvihill e Giulia Brusco. Insomma, Spaceman, secondo me, vale l’acquisto, specie se siete estimatori dei due autori e gradite la fantascienza impegnata.


Voto: 8

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