Doom Patrol 1×07 – Therapy Patrol | Recensione

Pubblicato il 30 Marzo 2019 alle 18:00

I “mostri” dietro i “personaggi”…

Nell’ottimo episodio della scorsa settimana – la nostra recensione QUI – la Doom Patrol aveva scoperto un altro incredibile segreto su Niles Caulder. Prima di loro c’era stata un’altra squadra che aveva affrontato Mr Nobody e che era stata non solo annientata dal pericoloso villain ma anche abbandonata dallo stesso Chief.

Mr Nobody era riuscito nell’intento di instillare il dubbio nei nostri che più che un gruppo di eroi, fossero solo un gruppo di reietti “danneggiati” raccolti da Caulder con l’unico scopo di studiarli e soddisfare la sua curiosità.

Dopo questo colpo basso inferto loro, la ricerca di Chief passa nell’episodio di questa settimana, intitolato Therapy Patrol, per una vera e propria seduta di terapia di gruppo. In maniera separata vediamo la Doom Patrol affrontare i propri “mostri”: Larry il difficile rapporto con lo Spirito e la sua sessualità repressa, Rita il tenere insieme – lettaralmente – il suo corpo, Victor nel convivere con la sua parte cibernetica, Jane dover tenere a bada oltre 60 personalità spesso in contrasto fra loro e infine Cliff che dopo aver scoperto che il suo capo meccanico ha cresciuto sua figlia ha un vero e proprio esaurimento nervoso.

Sarà proprio lui a proporre la seduta di gruppo i cui i membri della squadra, con estrema fatica, si sottoporranno e che avrà ovviamente conseguenze drammatiche con Jane che rivelerà la visione apocalittica mostratale da Mr Nobody nella dimensione all’interno dell’asino.

Lo strano comportamento di Cliff intanto peggiorerà rivelando la vera causa del suo “esaurimento”.

Therapy Patrol era un episodio dovuto, e più volte rimandato, tenuto conto delle premesse stesse del folkloristico gruppo di “macchiette” che è la Doom Patrol.

Showrunner e sceneggiatore tentano così un approccio interessante, difficile e se vogliono anche sperimentale: scavare a fondo nella psicologia dei singoli personaggi prima quando questi si trovano da soli e poi quando si trovano a doversi rapportare con gli altri.

Il risultano purtroppo non è così incisivo come lo si era evidentemente pensato. Seppur è interessante veder affiorare la parte “mostruosa” di ognuno dei componente della squadra, soprattutto se rapportato al personaggio che poi “interpretano”, la scelta di utilizzare sequenze stagne e separate per ognuno di loro zavorra un po’ la prima parte dell’episodio che risulta lenta non riuscendo poi a trovare una degna conclusione con la sola parte centrale che brilla per ritmo e concretezza di intenti.

La ricerca di Niles Caulder quindi passa da questa “crisi d’identità” che però si cerca di ridurre a mero ennesimo prova da superare con l’introduzione del solito deus ex-machina francamente fuori contesto e superfluo visto anche il percorso, estremamente proficuo, intrapreso nei precedenti episodi.

Sicuramente più interessante è l’idea di aver messo a nudo le contraddizioni della collaborazione fra i vari membri della squadra modificandone, forse drasticamente, l’equilibrio e la tenuta. Se finora infatti la Doom Patrol se l’era sempre cavata per il rotto della cuffia questa volta sembra non esserci modo di tornare indietro.

Questo settimo episodio può quindi ascriversi senz’altro nel novero dei più classici episodi di passaggio ed è forse il primo vero episodio sottotono della serie che finora ha viaggiato su livelli altissimi

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