L’Ora Più Buia di Joe Wright | Recensione

Pubblicato il 16 Gennaio 2018 alle 20:00

Dopo la vittoria ai Golden Globes e le tuttora pendenti nove nomination ai BAFTA, arriva in Italia L’Ora Più Buia, il nuovo film di Joe Wright, con un Gary Oldman che veste i panni di Winston Churchill e regala alla storia del cinema una delle migliori interpretazioni maschili di sempre.

Le coincidenze del cinema sono buffe e interessanti tanto quanto lo sono quelle della vita, e allora può capitare che a pochi mesi dalla rievocazione storica dell’operazione Dynamo vista in Dunkirk di Christopher Nolan, arrivi nelle sale di tutto il mondo un film su come l’evacuazione delle truppe britanniche intrappolate sulla spiaggia di Dunkirk sia stata orchestrata negli uffici di Westminster, Londra, UK, fra cartine geografiche, dibattiti e cappe di fumo da sigaro.

Perché L’Ora più Buia di Joe Wright non è soltanto un film sulla leggendaria figura del primo ministro britannico Winston Churchill, né tanto meno un mero dietro le quinte per l’impressionante blockbuster del regista di Inception e Il Cavaliere Oscuro: L’Ora più Buia è un film su un popolo, sull’orgoglio di quel popolo, sulla sua caparbietà e sull’importanza di prendere decisioni impopolari, sull’importanza di dire no e di resistere quando l’unica cosa sensata da fare sembra alzare le mani e arrendersi di fronte alla brutale prepotenza del bullo di turno.

1940. Dopo le dimissioni di Neville Chamberlain per questioni di salute, Winston Churchill viene scelto da re Giorgio VI per diventare il nuovo primo ministro della Gran Bretagna. Con l’esercito nazista di Adolf Hitler che sta rapidamente e inesorabilmente avanzando lungo tutta l’Europa, Churchill dovrà affrontare lo scetticismo generale del governo (soprattutto del suo partito, quello Conservatore) e forse addirittura scendere a compromessi con se stesso quando l’invasione della Gran Bretagna da parte dei tedeschi sembra ormai inevitabile e l’unica soluzione possibile sembra arrendersi.

C’è una scena bellissima e commovente nell’ultimo atto del film che racchiude il senso del lavoro di Joe Wright: su consiglio del re, un mai così vulnerabile Winston fugge dalla sua automobile e dal suo autista per scendere nel sottosuolo e incontrare i cittadini comuni che stanno affrontando la giornata in metropolitana. Conversando con madri single, ragazzi di colore, arcigni fumatori, giovani sbarbati e perfino una bimba coraggiosa – tutti visibilmente emozionati nell’incontrare il carismatico politico – Churchill (e il pubblico, dato che Wright ci mette costantemente nei panni del protagonista) si troverà faccia a faccia con lo spirito della nazione e, sorprendendo tutti, si lascerà andare ad un pianto leggero, comprensibile e umano.

E’ un film di ticchettii, di lancette che battono, di accendini in metallo agitati nervosamente, di dita che schiacciano con fare compulsivo i tasti delle macchine da scrivere, un film dove i toni da commedia bilanciano in modo perfetto le atmosfere di oscurità che fanno da sfondo a tutta la vicenda – l’ora più buia di tempi estremamente bui – che risulta sempre scorrevole e mai pesante, avvincente e grintosa, energica e dolce.

La colonna sonora accompagna i passi pesanti di Winston facendolo sembrare più gigantesco di quanto già non facciano le immagini di Wright e la presenza stessa di Gary Oldman: al di là dell’ottimo cast, a spiccare è chiaramente il candidato al premio Oscar per La Talpa, che nei panni di Churchill regala alla storia del cinema una delle migliori interpretazioni maschili di sempre.

Raramente un attore ha potuto candidare se stesso alla vittoria di premi cinematografici così importanti solo attraverso le immagini del trailer. In questo caso, invece, che Gary Oldman sarebbe stato il protagonista assoluto della stagione dei premi lo si era capito addirittura fin dalla prima foto ufficiale del film, resa nota quest’estate.

I pochi ancora scettici non dovranno far altro che recuperare il bellissimo film di Joe Wright per cambiare idea.

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